Dopo l’università piemontese che da quest’anno ha introdotto la gentilezza clinica tra gli argomenti di esame per gli aspiranti infermieri ed il master universitario per insegnare la gentilezza ai professionisti della salute organizzato dall’Università di Firenze, anche un ateneo pugliese allarga gli orizzonti delle materie insegnate nel loro corso di laurea.
Stiamo parlando della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Bari, e nello specifico del corso di laurea in Infermieristica che si svolge presso il Polo formativo Tricase (Lecce).
Nel programma di Scienze Infermieristiche specialistiche in medicina vengono introdotti nuovi insegnamenti quali l’umiltà intellettuale, il coraggio intellettuale e la curiosità intellettuale.
Ad insegnare tali materie sarà Suor Antonella Guarini, animatrice liturgica missionaria e vocazionale
“L’umiltà intellettuale ci lascia aperti al pensiero riflessivo, all’impegno intellettuale, alla curiosità e all’apertura mentale. L’arroganza intellettuale induce errori e ostacola l’apprendimento”, racconta Paolo Mai commentando una ricerca pubblicata sul Journal of Positive Psychology e diretta da Elizabeth Krumrei-Mancuso, professore alla Pepperdine University in California. Take studio è stato sviluppato con 1.200 volontari, principalmente studenti universitari.
L’umiltà intellettuale è considerata in psicologia come una virtù equivalente ad avere una mente aperta, audacia e integrità intellettuale. Si oppone all’orgoglio e all’arroganza intellettuale.
Si potrebbe interpretare che l’HI è un’indicazione di saggezza, poiché è anche associata alla comprensione dei limiti della conoscenza di sé, che incoraggia l’apertura a nuove idee e rafforza il desiderio di apprendere.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Positive Psychology e diretta da Elizabeth Krumrei-Mancuso, professore alla Pepperdine University in California, è stata sviluppata con 1.200 volontari, principalmente studenti universitari.
“Io ho studiato con lei… posso dire che l’umiltà proposta da suor Antonella credo che debba essere intesa come il non sentirsi superiore al collega o al personale di supporto ne tantomeno inferiore al medico. Mi è stato insegnato infatti che il mio superiore è la mia caposala non il mio primario. Quindi era lei a dover fare osservazioni sul mio operato, non lui.
Era un ospedale piccolino e ci sentivamo come una piccola famiglia allargata, che nostalgia. Girando poi di ospedale in ospedale ne ho trovati di colleghi arroganti, chiusi al dialogo e convinti di aver in testa la scienza infusa, di saper tutto loro, i supereroi, tanto che finalmente ho capito il significato di “bagno di umiltà”.
Ben vengano pertanto nuove tematiche in un corso di laurea che, nella maggior parte delle realtà italiane, sembra ancora essere ancorato ad insegnamenti che risultavano essere già obsoleti quarant’anni fa. La speranza è che tutto ciò non si trasformi nelle solite grottesche scuse per indottrinare le giovani menti di centinaia di studenti universitari al demansionamento selvaggio che da sempre mantiene in piedi le traballanti economie degli ospedali pubblici italiani.
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