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La violenza contro gli operatori sanitari: inchiesta

Inchiesta tra gli esperti del settore

Dopo il dilagare di atti di violenza contro gli Operatori sanitari, finalmente il 5 agosto scorso è stato approvato il DdL “anti-violenza” contro gli operatori sanitari e socio-sanitari.

La violenza contro la salute

Un fiume di violenza è sempre in piena contro gli operatori sanitari che soccorrono, che svolgono il proprio lavoro di assistenza con abnegazione ogni giorno.

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Tutto si era attenuato fino a scomparire con l’emergenza Covid in atto, forse perchè la mente di ognuno era occupata altrove. Ma ora si ricomincia. Da più parti si richiedono azioni concrete.

Dalle telecamere a bordo ambulanza partite a gennaio a Napoli, ad una massiccia richiesta di presenza di Forze dell’Ordine, dai corsi di autodifesa ai giubotti antiproiettile, dalle body-cam alla prova video nel processo, dallo spray al peperoncino all’inasprimento delle pene ad una educazione sociale di rispetto e stima verso gli operatori sanitari. Di tutto e di più viene tirato in ballo per cercare di arginare il fenomeno.

Ci si è chiesti anche se prima o poi una prova video incriminante per il “violento” potrebbe colpire il sanitario a causa di manovre errate fatte durante il soccorso in emergenza.

Abbiamo cercato di analizzare i diversi approcci, capirne il significato, i pro e i contro grazie alle parole di alcuni esperti del settore.

Il pensiero degli esperti

Affrontare e tenersi pronti in vista di un accadimento già provato e messo in campo da altri, serve ad approntare misure di difesa su ciò che si ignora.

Ci si accorge sempre che in Italia si è un passo indietro in diversi campi ed applicativi; fino a quando qualcosa cambia e si mettono in atto delle misure adeguate, anche se in ritardo.

Grazie alla cortese collaborazione di intermediazione di Jeff Frankel, Managing Editor di JEMS (Journal of Emergency Medical Services) abbiamo rivolto delle domande ad alcuni esperti nel campo:
  • Dott. Brian Maguire epidemiologo Leidos (Società americana di difesa, aviazione, informatica e ricerca biomedica) presso il laboratorio di ricerca medica sottomarina degli Stati Uniti (NSMRL) a Groton (Connecticut), e Professore a contratto presso la Central Queensland University in Australia e il Mitchell College di New London, nel Connecticut.
  • Jay Barkdull, FF, EMT-P, vicedirettore dell’ Ente privato di soccorso North Channel EMS in Texas (oltre 36 anni di esperienza in EMS, come paramedico e vigile del fuoco).
Dott. Brian Maguire epidemiologo Leidos

Professor Maguire cosa ne pensa delle misure adottate in Italia contro la violenza sugli Operatori sanitari?

Vi è un crescente riconoscimento del problema in Italia. L’anno scorso ho tenuto una lezione sull’argomento al Policlinico Gemelli, Dipartimento di Chirurgia d’Emergenza, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

E’ molto improbabile che la soluzione sia un singolo intervento.

Sulla base della mia esperienza di realizzazione di uno dei primi progetti al mondo che ha documentato un intervento di riduzione del rischio per il personale dedicato alle emergenze (EMS), credo che la soluzione più probabile sia un approccio di intervento multiplo.

Ciò probabilmente includerà:
  • l’educazione della comunità (ad esempio, il concetto di “non colpire il paramedico”);
  • istruzione del fornitore, cioè di chi è deputato a gestire l’organizzazione come Aziende e Società private; includendo l’autodifesa e la formazione relativa alla gestione e alla riduzione degli eventi critici;
  • una combinazione di abbigliamento difensivo (ad es. giubbotto antiproiettile) e un’opzione offensiva come spray al peperoncino;
  • un certo livello di supporto legale / legislativo (ad esempio, classificare un assalto come un crimine);
  • e in molti casi, un cambiamento significativo nella cultura delle agenzie (Stato, Regioni, Aziende e privati che lavorano nelle emergenze, n.d.r.) in relazione alla preparazione dei suoi manager e al supporto al proprio personale.
Cosa è più importante per garantire la sicurezza degli Operatori?
In Italia sono state attivate le telecamere per ambulanze, apparecchiature GPS e telecamere applicate alla divisa; ma in altre parti del mondo il personale è anche dotato di giubbotto antiproiettile.
Qual è il presidio più importante per arginare la violenza?

E’ possibile che le body-cam abbiano un certo valore; ma il dubbio che si potrebbe instaurare è quello della perdita della capacità di stabilire una relazione confidenziale tra paziente ed Operatore.

Infatti è possibile che la perdita di tale relazione possa avere un impatto serio sulla cura del paziente e potrebbe avere esiti negativi per alcuni di essi.

Anche i giubbotti antiproiettile possono fornire una protezione limitata.

I problemi che devono essere evidenziati riguardano conseguenze indesiderate, come l’elevato aumento della temperatura corporea in ambienti chiusi e abbastanza caldi, e durante lungo tempo di esposizione sotto il sole per espletare le manovre.

Purtroppo non possiamo risolvere del tutto il problema, perché nessun agenzia al mondo ha investito le risorse necessarie per rispondere a questi dubbi.

D’altro canto, alcune lo hanno fatto spendendo ingenti somme di denaro, ad esempio per acquistare giubbotti o body-cam o creare nuove leggi, ma si sono mosse senza criterio; cioè senza in alcun modo misurare l’efficacia degli interventi.

Ad un certo punto ti rendi conto che tutto è già stato provato, ma nessuno ha trovato un modo per misurare l’efficacia di un intervento. Quindi ci si ritrova a fare le stesse cose con perdita di tempo e denaro.

L’unico modo in cui possiamo fare progressi in modo affidabile è che le Aziende collaborino con i ricercatori per sviluppare programmi che analizzino i rischi e documentino i metodi; in modo da dimostrare l’efficacia del programma ed escludere eventuali conseguenze indesiderate.

Deputy Director Jay Barkdull North Channel EMS

 

Negli Stati Uniti il servizio di emergenza-urgenza territoriale è affidato ad agenzie private. Anche lo Stato contribuisce in parte, con personale volontario.

Vice Direttore Barkdull, cosa ne pensa a proposito? Prevenzione, azioni mirate, cosa fare per contrastare la violenza contro gli operatori sanitari?

La zona lavorativa di North Channel EMS si trova a nord-est di Houston. La maggior parte dei nostri interventi coinvolge individui con uno o più problemi di salute, inclusi i “senzatetto”.

Utilizziamo telecamere corporee su tutti i membri dell’equipaggio, una dash-cam (telecamera da cruscotto) e telecamere DVR installate nel compartimento del paziente. Così viene registrato l’intero incontro con la persona da soccorrere.

Quello che abbiamo scoperto durante i nostri 4 anni usando le fotocamere corporee e 12 anni con il video del compartimento paziente, è che ciò contribuisce a una riduzione enorme del comportamento aggressivo e delle lamentele di ingiustizia in genere.

Tutte le unità sono monitorate dal GPS ma non utilizziamo giubbotti antiproiettile. Tuttavia, li trasportiamo sul nostro veicolo principale se necessario, per una risposta tattica con le forze dell’ordine.

Riteniamo che il video sia uno strumento prezioso che aiuta a ridurre il comportamento aggressivo contro i paramedici e il team di soccorso .

La bilancia non pende tutta dalla parte del paziente, il video aiuta anche i nostri equipaggi a mantenere un atteggiamento di “servizio-clienti” ottimale che può aiutare a evitare l’escalation di un piccolo incidente.

Abbiamo appreso infatti, che la predisposizione o il comportamento del personale sanitario può influenzare notevolmente l’esito dell’incidente.

Al momento non abbiamo in programma di armare paramedici / EMT nel nostro dipartimento. Come accennato in precedenza, abbiamo un’attività significativa di gruppo ma non abbiamo avuto alcuna seria minaccia che richiederebbe quel tipo di risposta.

La sicurezza e il benessere del personale EMS è la priorità numero uno.

Le telecamere indossate dal corpo e il video dell’unità aiutano a ridurre la probabilità di violenza contro i nostri equipaggi, mantenendo in entrambi gli attori (operatore e paziente) la consapevolezza che tutto ciò che dicono e fanno è registrato.

Detto questo, l’uso del video non è uno scudo che può proteggerti dai danni. È solo uno storico elettronico che può aiutare a identificare la possibile causa o intenzione dell’incidente.

Mr. Joe Flores JD APRN FNP-BC CCRN
Negli Stati Uniti, come viene affrontato il problema legale della violenza contro gli operatori sanitari?

Sono stato nel settore sanitario per più di 30 anni, e per 22 di questi ho lavorato come infermiere “professionista”, riuscendo ad acquisire un’esperienza di pratica avanzata, che qui negli USA consente di poter diagnosticare, prescrivere e “curare”.

Ho lavorato in Pronto Soccorso e Unità di Terapia Intensiva, quindi ho avuto a che fare con la violenza contro gli operatori sanitari.

Negli ultimi 19 anni, sono rimasto nel settore sanitario, ma sono divenuto anche un avvocato specializzato in sanità. Posso dirti che ci sono diversi distretti (per es. in Texas) dove può essere una crimine federale assalire un operatore sanitario: aggressione aggravata. In altri può essere diversamente incriminante la tipologia dell’evento.

Comunque rimane il fatto che negli USA i paramedici ed i soccorritori non entrano in un’area pericolosa (con violenza in atto o sparatoria in corso), se la polizia non è prima intervenuta a protezione dei sanitari.

Con un’intervista più di 250.000 infermieri negli Stati Uniti si sono espressi in merito: il 20% hanno riferito di essere stati aggrediti nell’ultimo anno. Io stesso ho subito aggressione, quando lavoravo nel Pronto Soccorso e Terapia Intensiva. Ma sono stato in pericolo anche affrontando tossicodipendenti, nell’ambito di violenza domestica, nei problemi con le gang.

Ho potuto vedere quindi numerosi tipi di trauma. Penso che molti operatori della sanità soffrano di disturbo post-traumatico da stress a causa delle violenza subita.

E’ evidente che c’è una questione complessa che riguarda i problemi legali e il modo in cui vengono applicati. Non ci sono risposte semplici, ma stiamo cercando di trovarle. Quindi abbiamo bisogno di una legge adeguata negli Stati Uniti, cosa che al momento non esiste. Abbiamo bisogno di una legge federale per cui se aggredisci un operatore sanitario puoi essere ritenuto penalmente responsabile.

Purtroppo come vedi e credo tu abbia avuto modo di constatare di persona, c’è un particolare problema legato alla condizione di salute di chi si assiste, come per esempio trovarsi a gestire le persone con disabilità mentale, ed altre patologie legate alle funzioni neurologiche.

Cosa possiamo fare con qualcuno di questi che è violento? Cosa facciamo con l’ottantenne con Alzheimer che è violento, con i ragazzi ed i bambini con problematiche mentali? Possiamo mettere le manette a tutti?

Personalmente, io e mio fratello lavorando in pronto soccorso e terapia intensiva come infermieri specializzati, abbiamo imparato a difenderci dalla violenza; imparando ad usare il sistema di bloccaggio del polso Aikido per trattenere una persona se sta cercando di prenderci a pugni.

Inoltre a lavorare in team per posizionare una flebo o un sondino naso-gastrico, o qualsiasi procedura, in modo da avere sempre qualcuno accanto che possa tenere d’occhio le mani del paziente.

Ero solito, infatti, sollevare una mano come protezione, mentre auscultavo i polmoni di qualcuno, perchè non sapevo mai come sarebbero cambiate le cose, o se mi avrebbero colpito.

A volte lo fai solo per istinto di sopravvivenza.

Molti infermieri che iniziano da poco la professione non percepiscono a dovere il pericolo. Devono essere prudenti e non possono mai sottovalutare qualcuno che stanno valutando!

Le prove video possono essere utilizzate per contrastare la violenza contro gli operatori sanitari, ma possono anche essere utilizzate contro chi soccorre.

Penso che sia problematico utilizzare prove video da ambulanze o bodycam. Ma, per esempio, possono essere utilizzate dalle forze dell’ordine.

Per i servizi di soccorso in ambulanza, penso potrebbero nascere problemi morali ed etici, sopratutto perche negli Stati Uniti abbiamo la Legge detta “Health Insurance Portability and Accountability Act” stabilita nel 1996 per proteggere la privacy della salute di una persona.

Se usassimo queste bodycam, dovremmo stare attenti perchè stiamo esponendo qualcuno, sopratutto ora con la divulgazione in rete.

Per esempio, se ci servissimo di una prova video di una bodycam in Tribunale, probabilmente verrebbe usata e visionata dal Giudice in una stanza appartata dall’aula, senza cioè la presenza della giuria; oppure si sfocherebbe il volto della persona esposta.

A un certo punto, penso che si possano usare le telecamere, ma con dei limiti.

Devono proteggere la privacy della persona anche se si tratta di un trasgressore che ha commesso un crimine, tenendo sempre conto che il Giudice potrebbe dover tralasciare alcune prove.

Quindi Avvocati e Giudici utilizzano prove video?

Ho assistito a procedimenti penali ed ho seguito casi, ad esempio di guida in stato di ebbrezza o violenza criminale, in Pronto Soccorso e sul territorio, in cui i video delle bodycams sono stati utilizzati e mostrati alla giuria.

Ma comunque i giurati venivano avvisati che le cose che avrebbero visto sarebbero potute essere molto schematiche. Il video poteva non esprimere abbastanza chiarezza.

Vengono sempre utilizzate prove video per la guida in stato di ebbrezza (DWI negli Stati Uniti) o in casi di intossicazione da droghe. La violenza domestica è un altro ambito in cui viene usata sempre di più la prova video grazie alle bodycam degli agenti.

Come avete visto negli ultimi mesi con il caso della morte di George Floyd e altri, le bodycams possono essere utilizzate, ma devono essere completamente rivelate le immagini.

Si deve assicurare la piena trasparenza.

Penso che le body cam dovrebbero essere usate di più.
Secondo me, in base alla mia esperienza ventennale come avvocato, non credo che molta polizia negli Stati Uniti sia violenta o che abusi della propria posizione.

La stragrande maggioranza fa un buon lavoro. Ogni giorno, indossano il distintivo e la pistola e vanno al lavoro non sapendo se torneranno a casa la sera. Ma in giro ci sono molte “mele marce”.

Ci sono alcuni che fomentano una cultura della violenza, per cui sono portate a servirsi di metodi violenti se si trovano in un’area a maggiore presenza di persone di colore. C’è il razzismo, non posso negarlo. C’è disparità nel trattamento anche verso i latini rispetto ai bianchi. Infatti, incarceriamo più neri e latini per esempio.

Se usassimo di più le prove video, forse verrebbe fuori più verità e ci sarebbe più uguaglianza nel trattamento di persone che sono detenute o stanno per essere arrestate.

Per tutto questo, posso dire che l’uso delle videocamere come prova, secondo la mia esperienza sia di legge che nella medicina, cioè come avvocato ed infermiere, è utile in molti situazioni.

Tuttavia, non è la soluzione definitiva perché a volte il video è difettoso, sfocato, incompleto, alterato o distrutto. Quindi credo che più registriamo video, più possiamo dare una soluzione a controversie, come nei casi George Floyd e Black Lives Matter.

Abbiamo bisogno di più sicurezza nei Pronto Soccorso, dobbiamo proteggere i nostri medici e infermieri.

L’esempio del COVID-19 è solo uno in cui medici, paramedici, infermieri e soccorritori in prima linea, inoltre agenti di polizia e vigili del fuoco, mettono in pericolo le loro vite.

Una prova video è un modo per catturare le cose e cercare di spiegarle, ma non è un modo per cercare di aiutare le persone a comprendere la violenza, per cercare di comprendere l’ingiustizia e per cercare di capire ciò che sta accadendo esattamente. Ma è il miglior mezzo che abbiamo.

Apprezzo che tu stia cercando di far luce su questo argomento nel tuo Paese. Vorrei che il mio affetto andasse agli italiani.

Ho visto la loro sofferenza quando il COVID-19 ha colpito l’Italia, specialmente nell’area come Milano e tutte quelle zone, e come abbia ferito medici e infermieri.

Ho visto le immagini di terapia intensiva e penso che abbia avuto un impatto sulle persone e ci abbia davvero aiutato a capire cosa stavate passando laggiù.

Abbiamo visto che i corpi non potevano essere seppelliti, le persone non potevano piangere i loro cari nè avere un funerale adeguato. Ricordo l’intervista sul New York Times di un medico italiano nella quale disse che “niente può prepararti per questo” e aveva ragione.

Quindi ammiro il tuo coraggio, ammiro quello che stai cercando di fare e apprezzo che tu mi abbia contattato. È un grande onore rilasciare un’intervista a qualcuno dall’Italia, in particolare per l’informazione infermieristica.

Spero che il tuo articolo su NurseTimes venga pubblicato al più presto e che le mie parole vengano ascoltate da molte persone.

Infine penso che tutti siamo coinvolti in questa problematica della violenza. Gli infermieri di tutto il mondo non si preoccupano di che colore sia la persona che ha di fronte.

Non ci interessa qual è la religione, facciamo il nostro lavoro e ci prendiamo cura di tutti. Ecco perché siamo una delle professioni più fidate del pianeta.

Avv. Laura Lecchi Senior Innovation Lawyer

Abbiamo chiesto un parere ad un’esperta italiana l’Avv. Laura Lecchi, Senior Innovation Lawyer, esperta in IT Law, Privacy, Diritto sanitario, e E-health, Legale di Fiducia dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bologna.

La Cassazione ha avuto modo di ribadire in più occasioni l’importanza delle prove video. Quando e in che modo l’Operatore Sanitario che ha subito una violenza può servirsi di una prova del genere?

Per rispondere a questa importante domanda occorre fare un passo indietro. La legittimazione dell’uso delle immagini in ambito difensivo è un tema altamente tecnico e dibattuto in ambito giuridico. Le norme vigenti e le più recenti sentenze ammettono l’impiego di queste “nuove” prove.

La Suprema Corte di Cassazione muove infatti da questa considerazione:

Le registrazioni, video e/o sonore, tra presenti, o anche di una conversazione telefonica, effettuata da uno dei partecipi al colloquio, o da persona autorizzata ad assistervi – che non commette il reato di cui agli art. 617 e 623 cod. pen., perché autorizzato ( Sez. 6, n. 15003 del 27/02/13) costituisce prova documentale valida e particolarmente attendibile, perché cristallizza in via definitiva ed oggettiva un fatto storico – il colloquio tra presenti.

Ma questo è il caso di registrazioni audio/video fra presenti……..e in caso contrario? Se si volessero acquisire registrazioni, magari previste dal sistema o dalla videosorveglianza, per usarle come prove?
In tale ipotesi gli elementi da tenere presenti sono i seguenti:
  • Ci si trova nell’area di ricerca propria della c.d. computer forensic, scienza applicata al valore del dato in relazione ad un sistema informativo;
  • la fase di acquisizione delle prove digitali a valore legale è strategica nell’ambito di una perizia informatica perché garantisce che l’oggetto, sul quale si compiranno le analisi o le valutazioni, sarà stato acquisito secondo le best practice della computer forensics.

Queste sono le considerazioni generiche di carattere processuale, e in materia di digital evidence, ossia di quella nicchia del diritto che si preoccupa di disciplinare il valore e i requisiti della prova digitale nel processo.

Tuttavia ci sono aspetti importanti dell’ordinamento che non possono essere trascurati e provvedono a salvaguardare i diritti del singolo e dunque non solo la protezione delle informazioni dell’individuo, ma la propria professionalità.

Un infermiere, dunque un professionista, che oggigiorno è esposto a gesti violenti del paziente o dei congiunti potrebbe essere salvaguardato dalla presenza di telecamere attive.

La tecnologia può essere la soluzione ai pericoli delle aggressioni?

A Napoli è stata presentata la prima ambulanza con telecamere a bordo. Contro il fenomeno delle aggressioni ai danni di medici e infermieri, l’Asl Napoli 1 ha deciso infatti di ricorrere alla videosorveglianza a bordo. Ma come funziona davvero?

Le telecamere registrano su un sistema locale e trasmettono le immagini live sia alla centrale operativa sia in cloud per lo storage (deposito) delle riprese video.

Le immagini live possono essere viste da una o più centrali operative, per esempio la Centrale del 118 o la Questura.

Le tecnologie usate consistono nelle dash cam a bordo delle ambulanze, dunque telecamere a bordo; ma l’aspetto più rilevante è la previsione anche delle body cam da assegnare al capo squadra (personale medico o infermieristico a seconda della tipologia di ambulanza).

Con le Body Cameras è infatti possibile registrare i momenti di un intervento o anche la sola fase di contestazione di soccorso.

In realtà le potenzialità di queste tecnologie sono innumerevoli, alcune di immediata intuizione altre rilevabili solo grazie ad approfondite ricerche sul campo che hanno messo in luce interessanti aspetti di tipo procedurale, operativo e in alcuni casi anche comportamentale.

Inoltre, a bordo ambulanza è installato un pulsante di emergenza SOS – tipo “panic button” – per allertare la centrale operativa di un possibile evento minaccioso in corso.

La questione della sicurezza personale trova sempre più spazio nei dibattiti politici ed etici, e l’opinione pubblica è divisa in merito.

In un episodio di violenza perpetrato ai danni degli Operatori sanitari, fino a che punto la prova video potrebbe essere utilizzata in un procedimento giudiziario? Ci sono delle limitazioni?

Un video, come uno screenshoot o una foto, una chat sono diventate prove sempre più frequenti nel panorama processuale.

I processi vengono celebrati con la possibilità di essere istruiti anche da prove informatiche a corredo, per la dimostrazione dei fatti che sono oggetto del giudizio sottoposto al vaglio della Autorità Giudiziaria.

Le limitazioni per l’impiego di un video come valida prova in un giudizio sono costituite dalla “modalità” di acquisizione, che deve avvenire secondo i rigori della scienza di computer forensic.

Le registrazioni video potrebbero rivelarsi al contrario un’arma “a doppio taglio” per chi opera in emergenza? Dal momento che riprendono la scena, chi fa cosa, dove, come, perchè e per quanto tempo, potrebbero ritorcersi contro i sanitari stessi in caso di malpractice?

L’uso di una prova per contestare una condotta diversa da quella oggetto di una processo non è ammissibile.

Tuttavia non si può escludere che un elemento possa emergere dall’evidenza probatoria e spingere chiunque vi abbia legittimazione a richiedere un risarcimento o una diversa azione giudiziale che miri a soddisfare una domanda differente.

Una digital evidence, una prova digitale può essere impiegata, in altre parole anche per rivendicazioni legali diverse da quelle per cui è impiegata; con forti limitazioni nel caso della verifica dell’adempimento della condotta di un dipendente.

La giurisprudenza da oramai vent’anni a questa parte (e in modo sempre più attento) ha consentito alle digital evidence di ricevere il riconoscimento di prova, considerando ammissibili le prove informatiche e digitali, se pure con le debite considerazioni in ordine alla sussistenza, da un punto di vista giuridico, dei requisiti che permettono di giudicarle prove valide ai fini di una istruttoria.

Ogni ambito, penale, civile, aziendale, ma anche divorzile, lavoristico e sanitario possono essere assistiti da prova informatica che fa piena prova se acquisita secondo i rigori predetti.

Il diritto dell’informatica e dell’innovazione sono una materia trasversale che abbraccia ogni area e dunque anche quello sanitario.

Del resto come la telemedicina si sta diffondendo, oggi la sicurezza dell’operatore sanitario trova la sua soluzione nella tecnologia. Una tecnologia che traccia, che monitora e che tuttavia tutela dai soprusi.

Questa tendenza è irreversibile e sempre di più nei tribunali nazionali ed internazionali la prova informatica è considerata più che valida.

Occorrerà semmai confrontare gli aspetti empirici al rilievo digitale della prova: la dimostrazione di una manovra corretta sarà messa a confronto con una rappresentazione informatica o elettronica di quell’attività.

Ciò che è stato eseguito e ciò che può essere capace di mostrare una immagine.

Il confronto rappresenterà certamente una sfida nuova, che cambia i metodi di analisi del mezzo istruttorio.

Da più fronti arriva la consapevolezza o il dubbio che maggiore protezione vuol dire ampliare un controllo sociale mirato.

Le città e gli ambienti nei quali viviamo sono infarciti di migliaia di occhi puntati su di noi, che scrutano la nostra vita e vigilano sulla libertà personale. Fino a che punto è vero? La perdita di tale privilegio in qualche modo equivale ad attenuare la paura della persona?

Oggigiorno l’uso degli strumenti digitali, se da un lato ha offerto nuove opportunità alla persona ed alla società attuale, le stesse hanno di fatto sancito una forma di “baratto” del tutto innovativo.

Dati in cambio di sicurezza: questo il baratto del nuovo millennio.

Un occhio attento non può evitare di osservare come da un lato esista il diritto alla protezione dei dati personali della persona fisica, comunemente definita privacy, il diritto a non essere monitorato, il diritto alla disconnessione.

Dall’altro, in un bilanciamento di interessi che pongono la persona al centro, la tecnologia pare essere sempre più diffusamente, la soluzione migliore e più efficace, per attuare il controllo dell’ordine pubblico in una società sempre più complessa ed evoluta.

Alle nostre strade già piene di telecamere, il Covid-19 ha aggiunto ed introdotto le termocamere per controllare la temperatura e dunque prevenire il contagio, tutto è dunque oggetto di sorveglianza tecnologica per la prevenzione.

Prevenzione dal contagio, prevenzione dalla violenza, prevenzione dai pericoli. Il tema della sicurezza dunque coincide oggi con l’uso della tecnologia, per elevare gli standard di prevenzione. L’equazione pertanto che si è venuta affermando è:

sicurezza = tecnologia di sorveglianza.

L’incrocio giuridico fra privacy e diritto del lavoratore, diritto del singolo a non essere controllato, deve fare i conti con il diritto del medesimo lavoratore ad essere tutelato e protetto!

Le considerazioni finali dell’esperto italiano Avv. Laura Lecchi

Una ultima riflessione vorrei rivolgerla infine al lettore, operatore sanitario, che a questo punto si starà preoccupando di non essere videoregistrato da una telecamera digitale. Se questo ci preoccupa allora liberiamoci ora e subito del nostro cellulare, che, avendo a bordo una chatbot, ossia quella tecnologia che ci permette di avere un assistente vocale sempre a disposizione, per avere informazioni impartite a voce……ci “ascolta” attimo per attimo.

Il futuro, anzi il presente è già così. Forse manca la consapevolezza.

Il digital divide (divario digitale) è ancora ampio, ma l’evoluzione rapida e costante dell’innovazione sta cambiando non solo i comportamenti, ma anche gli strumenti di tutela e di dimostrazione di una antica professione qual è quella dell’operatore sanitario che somministra le cure alla collettività.

Una categoria quella delle professioni sanitarie, sempre più incline a impiegare le tecnologie, con una consapevolezza forse ancora acerba rispetto al loro volto bifronte: strumento innovativo e mezzo di controllo pronto a catturare gesti e parole, suscettibili di immortalare una prova.

A favore o a carico.

Per questo motivo è opportuno che tutte le strutture sanitarie, ad ogni livello, si dotino di regolamenti interni che sottolineino l’importanza di questi dispositivi. È, infine, indispensabile, che a queste regole scritte si abbinino dei mirati percorsi di formazione del personale sanitario.

Si ringraziano vivamente tutti gli esperti intervenuti.

Giovanni Trianni infermiere legale forense

Si ringrazia Jeff Frankel, Managing Editor di Journal of Emergency Medical Services (JEMS) che ha accolto la mia stimolante proposta ed ha permesso il contatto con gli esperti Brian J Maguire e Jay Barkdull.

Un ringraziamento particolare alla collega statunitense Rae Hulmenich RN, BSN, Legal Nurse, per la consulenza alla traduzione e alla comprensione del sistema sanitario statunitense.

Hanno partecipato a questa intervista:
  • Brian J Maguire, Dr.PH, MSA, EMT-P epidemiologo Leidos (Società americana di difesa, aviazione, informatica e ricerca biomedica) presso il laboratorio di ricerca medica sottomarina degli Stati Uniti (NSMRL) a Groton (Connecticut), e Professore a contratto presso la Central Queensland University in Australia e il Mitchell College di New London, nel Connecticut
  • Joe Flores JD APRN FNP-BC CCRN, Trial Lawyer and Nurse Practitioner, Avvocato ed infermiere professionist. Past ICU/ER training and legal journalism coverage of healthcare)

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Giovanni Trianni

Infermiere presso DSM ASL Lecce. Docente, Formatore e Tutor. Master in infermieristica legale forense, Master in Management per Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie, Master in Psicologia Investigativa e Scienze Criminali. Membro APSILEF. I suoi lavori spaziano nella sfera dell'infermieristica legale forense con uno sguardo attento alla responsabilità professionale, al diritto del lavoro, al rischio clinico, alla malpractice fino alla cronaca sanitaria.

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Giovanni Trianni

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