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Kherson, due membri della Croce Rossa ucraina uccisi durante i bombardamenti

In Italia si usa l’espressione “sparare sulla Croce Rossa” come sinonimo di codardia, di azioni inutilmente crudeli. E’ ciò che l’esercito russo sta davvero facendo in una delle città più martoriate dalla guerra. Le vittime sono una volontaria e un paramedico.

Nei giorni scorsi due membri della Croce Rossa ucraina sono rimasti uccisi durante i bombardamenti russi su Kherson, città letteralmente martoriata dalla guerra. Si tratta di una giovane volontaria e di un paramedico 39enne. “Un giorno tragico per tutto il movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa – commenta il presidente nazionale Francesco Rocca. Ci uniamo al dolore della famiglia, degli amici e dei colleghi della Croce Rossa ucraina, ai quali porgiamo le nostre più sentite condoglianze”.

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Quanto accaduto, purtoppo, non può essere considerato un caso sfortunato, né un effetto collaterale del conflitto. Da sei mesi, infatti, i soccorritori di Kherson convivono con i soldati dell’esercito russo, che li minaccia, li costringe a rimuovere bandiere, saccheggia mezzi e presidi di intervento, tralasciando solo quelli non trasportabili o desueti. Hanno portato via tutto, dalle schede Ram dei computer alle manichette antincendio. Ciononostante, gli operatori dei servizi di emergenza sono rimasti in città per spegnere gli incendi e aiutare le persone ferite.

“Stiamo spegnendo un incendio e un proiettile ci sta volando addosso

– dichiara Anton Alekseenko, capo della seconda Unità antincendio e di soccorso del Servizio di emergenza statale della regione di Kherson –. Non è così importante quale sia l’area dell’incendio. È solo che, se si verificano ripetuti bombardamenti, i ragazzi che stanno già lavorando sotto questo bombardamento potrebbero comunque morire per una raffica di mitragliatrice”.

E Kostiantyn Kozak, capo della prima Unità antincendio e di soccorso del Servizio di emergenza statale dell’Oblast di Kherson, conferma anche la notizia dei ripetuti saccheggi: “Se i computer sono rimasti, in nessuno di loro c’è un disco rigido o una Ram. Hanno portato via monitor, custodie, dispositivi per la protezione da gas e fumo. Insomma, quasi tutto. Hanno lasciato solo ciò che è molto difficile da usare, oppure i vecchi modelli”.

Redazione Nurse Times

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