Intervista a Thomas Tori, l’infermiere del 118 che ha aiutato a far partorire una donna in auto

Intervista a Thomas Tori, infermiere del 118, il quale ha aiutato, dimostrando grande professionalità e competenza, a far partorire, telefonicamente, una donna nella sua auto.

Thomas Tori, infermiere del 118 di Arezzo, qualche giorno fa, durante il suo orario di servizio, ha aiutato telefonicamente a far partorire una donna in auto (Vedi Articolo, Gianluca Pucciarelli-Nurse Times).

Noi della Redazione di Nurse Times, abbiamo avuto la fortuna di intervistarlo.

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Ciao Thomas, come si sente dopo che alcuni giornali hanno pubblicato il suo nome a seguito di un episodio che possiamo definire di “buona sanità”, dove gli infermieri, grazie a te, sono stati descritti come professionisti di grande professionalità e competenza?

Beh, indubbiamente un immenso piacere, personale ovviamente, ma soprattutto professionale, che vorrei attribuire alla visibilità che la nostra professione può aver avuto a seguito di questo felice evento. Credo che in tempi come questi ce ne sia davvero bisogno. Vedere il proprio nome e la propria foto sul giornale in prima pagina fa di certo piacere, specie se associata ad una bella notizia come questa, ma ho solo svolto il mio lavoro.

Mi puoi dire esattamente cosa è successo quel giorno?

Quella sera avevamo appena preso servizio nel turno di notte quando la mia collega risponde alla prima richiesta di soccorso del padre della bimba. La coppia, residente a Camucia, si stava recando presso l’ospedale di Perugia, dove la mamma era seguita e dove avevano deciso di far nascere la piccola.

Arrivati all’altezza di Terontola però la testa della bimba si inizia già ad intravedere ed il padre, preoccupato, decide di chiamare il 118. La mia collega fa fermare l’auto presso una stazione di servizio ed invia prontamente l’ambulanza medicalizzata di zona, invitando a richiamare qualora qualcosa fosse cambiato. Poco dopo, prima ancora che il mezzo di soccorso sia giunto sul luogo, il padre richiama e questa volta rispondo io personalmente alla chiamata: la bimba sta uscendo.

La madre, alla seconda gravidanza, stava dando alla luce la piccola Carlotta. Lucidamente, ma non senza un po’ di preoccupazione, ho dato al padre le istruzioni di emergenza per il parto, presenti nei nostri protocolli. Inizialmente la bimba non piangeva e faticava a respirare.

Senza perdersi d’animo ho istruito il padre con le manovre post parto per far svuotare i polmoni dal liquido amniotico e per stimolarla a piangere e quindi anche a respirare, facendogli pulire le vie respiratorie e facendogli coprire la bimba con quello che avevano a disposizione per evitare l’ipotermia. Inutile cercare di descrivere l’emozione che ho provato non appena sentiti i primi vagiti.

Tutto questo non sarebbe stato possibile se il padre non avesse reagito con freddezza e lucidità seguendo passo dopo passo tutte le mie istruzioni. Il vero eroe è lui!

Cosa hai pensato non appena hai ricevuto quella telefonata?

Ho pensato che c’era poco tempo da perdere, la bimba stava nascendo, non piangeva e faticava a respirare, dovevo fare qualcosa per aiutarla e l’unico modo era di istruire il padre nelle manovre da compiere nell’attesa dell’arrivo del medico. Per fortuna il babbo non si è lasciato prendere dal panico ed ha reagito bene all’evento, eseguendo tutte le mie istruzioni.

È bello vedere che ogni tanto nei media vengano pubblicate anche notizie, non riconducibili unicamente ad eventi di mala sanità. Spesso, soprattutto negli ultimi tempi, quando si sente parlare di “infermiere” i media evidenziano solo aspetti negativi della nostra professione. “L’infermiera ha ucciso …” “L’infermiere ha rubato…” Anche quando infermieri non sono. Nella Sanità basta non avere un camice per essere definito “infermiere”, cosa ne pensi di questo?

Sinceramente penso che molto della reputazione che ci siamo fatti nel tempo, derivi anche dalla mala informazione e non solo dalla mala sanità. È giusto che chi sbaglia paghi per i propri errori e si assuma le responsabilità delle proprie azioni, ma dovrebbe essere posta anche un po’ più di attenzione e cura nel redigere le notizie: non sempre chi non indossa un camice è un infermiere e si sa che l’opinione pubblica si basa essenzialmente su ciò che legge nei quotidiani o su ciò che vede nei media. Una volta data la notizia, è difficile poi far cambiare idea alle persone, specie se sistematicamente viene passato il concetto sbagliato.

Recentemente ho letto di quella ragazza candidata a miss Italia, definita infermiera solo perché indossava una divisa bianca, ma che in realtà era assistente alla poltrona in uno studio dentistico. Inaccettabile. Ovviamente non per sminuire la figura dell’assistente alla poltrona, solo per correttezza. E questa almeno era una notizia “buona”, in fondo non aveva fatto del male a nessuno. Ma pensiamo a quante volte sono stati definiti infermieri coloro che avevano maltrattato, rubato, o recato danno a cose o persone, ma che in realtà erano ausiliari, addetti alle pulizie, personale non sanitario etc. Si fa prima, forse, a fare di tutta l’erba un fascio?

Thomas, tu lavori al 118. Hai avuto modo di conoscere quello che è successo nella Regione Emilia Romagna, dove dei medici sono stati sospesi dallo stesso Ordine, e poi reintegrati dalla Regione, per avere acconsentito al personale infermieristico di attuare protocolli in piena autonomia? Cosa ne pensi a riguardo?

Si conosco la questione. Anche il nostro sistema si basa su protocolli, che trattano l’acuto anche mediante l’utilizzo di alcuni farmaci. Mi pare di ricordare che veniva riscontrato il reato di abuso di professione medica, in quanto per somministrare il farmaco ci deve essere una diagnosi e l’infermiere non può fare diagnosi. Nella nostra realtà la preparazione degli infermieri del 118 si basa anche sul riconoscimento di segni e sintomi, ne consegue il trattamento della fase acuta mediante la somministrazione protocollata e validata dal dirigente medico, del farmaco. Abbiamo inoltre la possibilità di effettuare rendez-vous con l’automedica qualora le condizioni non siano stabili e siamo in contatto diretto telefonico con il medico di Centrale Operativa per qualsiasi problema. Nel nostro quotidiano non abbiamo mai avuto grandi problemi. Ritengo quindi l’utilizzo dei protocolli infermieristici, anche con l’uso del farmaco, previa idonea preparazione del personale, totalmente sicura ed efficace.

Anche nella tua Regione ci si trova a dover combattere contro le resistenze imposte dall’ordine dei medici, i quali non vogliono proprio lasciarci quella “autonomia” che tanto chiediamo e tanto meritiamo?

Inutile nascondere che ancora un po’ di reticenza si avverte. Non aggiungo altro, ma qualcosa si sta lentamente muovendo. Finalmente.

Nella tua postazione, voi infermieri riuscite a lavorare in autonomia o seguite sempre protocolli prestabiliti?

In autonomia facciamo ben poco: ci atteniamo al Dispatch Regionale per il triage telefonico, dobbiamo attenerci ai protocolli prestabiliti per quanto concerne il trattamento del malato in acuto ed in cronico.  Abbiamo anche protocolli generici per la gestione della Centrale, del territorio, dei mezzi di soccorso e dell’elisoccorso regionale. Forse, in questo contesto, i protocolli sono anche utili, evitano infatti che ognuno dia risposte diverse allo stesso evento, mantenendo di fatto alto lo standard di risposta all’utente. Sono però bene accette e valorizzate proposte personali volte al miglioramento dei servizi offerti all’utenza, prese in esame ed anche attuate.

Nell’episodio di cui tu ti sei reso protagonista, sei stato professionale, chiaro e incisivo. Grazie a questa professionalità e a questo modo di comunicare “chiaro e incisivo”, il marito è stato in grado di far partorire la propria compagna. Quello che mi viene da chiederti, Voi fate corsi particolari di comunicazione? Non è facile far capire ad una persona “laica” nel settore come bisogna muoversi ed agire.

Si, abbiamo frequentato anche corsi per la gestione dell’ansia e dello stress durante il lavoro. Non sempre è facile farsi capire da chi non è del settore, ed è facile intuire che a volte il corso non basta e la pazienza fatica a rimanere al proprio posto. Grazie a questi corsi riusciamo comunque ad arginare le emozioni più impulsive e a mantenere alto lo standard qualitativo di risposta all’utente.

Ci tengo a dire che sono sicuro che la tua professionalità non è riconducibile a questo unico episodio. Ma sono sicuro che ogni giorno voi infermieri e medici del 118 abbiate modo di salvare vite, anche se, purtroppo, questi episodi rimangono sempre nascosti agli occhi della gente.

Questo è il lavoro che ogni giorno migliaia di infermieri effettuano per poter assistere, far sorridere e salvare i pazienti che sono stati dati loro in carico. Sono queste le notizie che i media dovrebbero pubblicare e non solamente quegli episodi di malasanità che puntualmente vediamo come “prima pagina” nei telegiornali e quotidiani, perchè proprio a tali episodi possiamo ricondurre la perdita di fiducia che la società pone al nostro Sistema Sanitario Nazionale.

Thomas io ti ringrazio per la tua collaborazione e disponibilità. Grazie a Te e ai tanti colleghi che ogni giorno si “battono” per ottenere quella autonomia professionale di cui tanto si parla ma che ancora fa fatica ad uscire.

Grazie a te, alla redazione e a tutti i lettori del giornale NurseTimes” Thomas Tori.

Intervista a cura di

Gianluca Pucciarelli

Bibliografia

Gianluca Pucciarelli. Arezzo. Infermiere del 118 guida la donna a partorire in auto. Nurse Times. Avaible su www.nursetimes.org

Gianluca Pucciarelli

Infermiere di Neuro-riabilitazione. Dopo aver conseguito la Laurea Magistrale in Scienze infermieristiche si è iscritto al dottorato di Ricerca presso l'Università di Tor Vergata. Dottorando ricercatore la cui linea dottorale è quella di studiare la Qualità di vita delle famiglie italiane affette da Ictus cerebrale

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Gianluca Pucciarelli

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