Il progetto di legge regionale che prevede 150 milioni di euro per incentivi salariali a medici e infermieri è accolto con favore, ma i sindacati avvertono: “Serve agire sui carichi di lavoro per risolvere la crisi”.
La Regione Veneto ha messo sul piatto 150 milioni di euro per migliorare le retribuzioni dei medici e degli infermieri nelle aree più carenti e meno attrattive del territorio, nel tentativo di contrastare la fuga verso il settore privato e arginare le dimissioni in massa che stanno mettendo a rischio il servizio sanitario pubblico. Tuttavia, i sindacati esprimono perplessità sull’efficacia di questa misura. Secondo Massimiliano Paglini, segretario regionale della Cisl, si tratta di un “palliativo” che da solo non sarà sufficiente a risolvere la crisi.
Paglini sottolinea che la carenza di personale sanitario è un problema di lunga data e complesso, che richiede interventi strutturali e non solo economici. “Un’iniezione di risorse non risolve il problema demografico,” afferma, riferendosi alla doppia sfida di una forza lavoro ridotta e una popolazione in rapido invecchiamento. Per i sindacati, l’aumento degli stipendi deve essere accompagnato da un miglioramento delle condizioni di lavoro, altrimenti i 150 milioni rischiano di avere solo un effetto placebo.
Giovanni Leoni, presidente di Cimo Fesmed Veneto, accoglie positivamente l’iniziativa della Regione, riconoscendo che risponde a una richiesta da tempo avanzata dai sindacati: l’adeguamento delle retribuzioni, in particolare nelle aree critiche come pronto soccorso, medicina interna, ortopedia e urologia, dove la concorrenza con il privato è più forte. Tuttavia, Leoni auspica un confronto rapido per comprendere appieno i contenuti del progetto di legge e valutare l’efficacia della misura.
Richieste al Governo e sfide future
Il Veneto ha inoltrato al Governo la richiesta di mille medici e tremila infermieri, oltre a 90 veterinari e 60 odontoiatri. Le figure più carenti sono quelle dei medici di emergenza-urgenza, anestesisti, pediatri, oculisti e radiologi. La crescente domanda di prestazioni sanitarie, alimentata dall’invecchiamento della popolazione, rende urgente l’adozione di misure straordinarie per incentivare il lavoro nelle zone disagiate e per le specializzazioni meno richieste.
I sindacati, però, pongono l’accento su un altro aspetto cruciale: i carichi di lavoro. Sonia Todesco della Fp Cgil evidenzia come i fondi contrattuali in Veneto siano tra i più bassi d’Italia, una situazione che contribuisce a rendere poco appetibile il lavoro nel settore pubblico. “Non basta aumentare gli stipendi, bisogna migliorare le condizioni di lavoro,” afferma Todesco, aggiungendo che molti operatori sanitari abbandonano il pubblico non solo per salari migliori, ma per condizioni lavorative più sostenibili.
Mentre l’iniziativa della Regione Veneto rappresenta un passo importante verso la risoluzione della crisi del personale sanitario, i sindacati avvertono che da sola non sarà sufficiente. Serve un’azione concertata che includa il miglioramento delle condizioni di lavoro e una riduzione dei carichi per rendere il lavoro nel settore pubblico più attrattivo e sostenibile a lungo termine.
Redazione Nurse Times
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