Le terapie antiretrovirali disponibili sono efficaci e garantiscono un’ottima qualità di vita alle persone che vivono con infezione da Hiv, ma un vaccino che possa controllare l’infezione non è ancora disponibile.
È per questo che i team di ricerca Evoluzione e Trasmissione Virale, diretto dalla dottoressa Gabriella Scarlatti, e quello dell’Unità di Malattie infettive, diretta dalla professoressa Antonella Castagna, entrambe dell’Irccs Ospedale San Raffaele, hanno avviato uno studio clinico di fase I randomizzato controllato, rivolto a persone che vivono con Hiv.
Nel mondo sono 85.6 milioni le persone che vivono con Hiv e di queste 160mila solo in Italia, dove le nuove infezioni diagnosticate nel 2022 sono circa 2mila. “Aids e infezione da Hiv sono tutt’altro che scomparsi – afferma Scarlatti -. La ricerca di nuove cure, tra cui vaccini, è per questo un’assoluta priorità della comunità scientifica internazionale”.
A oggi i farmaci antiretrovirali a disposizione riescono a bloccare con successo la replicazione del virus e a rendere la sua presenza nel sangue non rilevabile, rendendo l’aspettativa di vita di una persona che vive con Hiv sovrapponibile a quella della popolazione generale. Tuttavia le terapie antiretrovirali – anche se si tratta di farmaci long acting che possono essere somministrate con lunghi intervalli di tempo – devono essere proseguite per tutta la vita.
“La loro interruzione induce, nella maggior parte dei casi, un rebound virale, ovvero una ricomparsa della carica virale plasmatica entro tre-quattro settimane”, afferma la professoressa Castagna.
Lo studio HIV-CORE007 prevede di arruolare 33 volontari Hiv-1 positivi (≥18 anni e ≤60 anni) che hanno iniziato precocemente la terapia antiretrovirale con un regime stabile da almeno tre mesi e che hanno controllato stabilmente l’infezione da almeno due anni.
Nella prima parte sarà condotto uno studio di fase I, randomizzato, in singolo cieco, per valutare il profilo di sicurezza del nuovo vaccino somministrato per via intramuscolare una prima volta e successivamente una seconda dopo quattro settimane. Una seconda parte dello studio vuole testare l’immunogenicità, ossia il livello della risposta immune, del vaccino e la capacità di controllare il virus. Lo studio è pertanto randomizzato per ricevere il regime vaccinale o un placebo.
Afferma Raffaele Dell’Acqua, infettivologo e principal investigator dello studio: “Ipotizziamo che questo regime vaccinale sia in grado di potenziare la riposta immunitaria contro sequenze rilevanti del genoma di HIV e così favorirne il controllo della replicazione”.
HIV-CORE007 è frutto di una collaborazione internazionale in cui l’immunogeno è stato disegnato da Tomas Hanke. Il progetto è parte dell’European AIDS Vaccine Initiative 2020 (EAVI2020) e finanziato anche dal ministero della Salute. A causa della sua grande variabilità e mutabilità, l’eradicazione di HIV è difficile da raggiungere, ma un vaccino terapeutico potrebbe favorire un controllo duraturo ed efficace dell’infezione.
“Io e il mio gruppo di ricerca crediamo che questa e ricerche simili alla nostra possano profilare opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone che vivono con Hiv, migliorandone il benessere e la qualità di vita, non ultimo in popolazioni che non hanno accesso continuo ai farmaci”, conclude Scarlatti.
Redazione Nurse Times
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