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Respira grazie al polmone donato dal papà: è tornato a casa il bimbo operato a Bergamo

Un mese fa, all’ospedale Papa Giovanni XXIII, il primo trapianto da donatore vivente eseguito in Italia. Ora il piccolo paziente sta molto meglio.

È tornato a casa martedì 21 febbraio. Mario, nome di fantasia ispirato al personaggio dei videogiochi di cui è appassionato (Super Mario Bros), ha cinque anni e oggi respira con il polmone donato dal suo papà, Ánduel. Un mese fa, a Bergamo, l’intervento che si è guadagnato la ribalta delle cronache perché è stato il primo trapianto di polmone da donatore vivente eseguito in Italia.

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Era il 17 gennaio. Per la delicata operazione, all’ospedale Papa Giovanni XXIII, due sale chirurgiche adiacenti hanno lavorato in parallelo. In una Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia generale 1 – addominale toracica, esegue il prelievo del lobo polmonare destro del papà di Mario. Nell’altra Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3 – trapianti addominali, che ha guidato e coordinato il tutto, effettua il trapianto sul bambino.

Il piccolo resta per due settimane nella Terapia intensiva pediatrica guidata da Ezio Bonanomi, per quattro giorni attaccato all’Ecmo, la “macchina cuore-polmoni”, fino alla ripresa di una buona funzione polmonare. Poi, dopo otto giorni, Mario raggiunge l’autonomia respiratoria, con sospensione della ventilazione invasiva. È l’inizio della ripresa. Il dono di Ánduel ha dato il suo frutto. Mario è tornato a respirare. E ad accompagnare il bimbo e il suo papà nel percorso c’è sempre stata mamma Ornéla, 35 anni da poco compiuti.

Ieri il punto sull’intervento durante un incontro stampa al Papa Giovanni XXIII. Per la famiglia è un’importante tappa di un percorso duro di malattia, iniziato nel 2019. Ornéla e Mario vivono in Italia dall’estate 2018, sono arrivati dall’Albania

quando il bambino aveva un anno. Pochi mesi dopo, lasciato il suo lavoro di ingegnere edile, li ha raggiunti anche papà Ánduel, oggi 34enne. È nell’anno successivo che Mario dà segni di malessere. Ha una febbre insidiosa, che non accenna a diminuire. Dopo gli esami la diagnosi: talassemia o anemia mediterranea, una patologia del sangue.

Dopo due anni di trasfusioni periodiche, l’11 giugno 2021 si rende necessario un trapianto di midollo. A donarlo è ancora una volta il padre. Nonostante la buona riuscita, interviene una grave complicanza, la cosiddetta malattia da trapianto contro l’ospite (Graft versus Host Disease, GvHD). È una complessa reazione immunitaria che fa sì che le cellule trapiantate provenienti dal donatore attacchino gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri.

Questa malattia, cui si somma l’effetto dei farmaci utilizzati per il trapianto, danneggia i polmoni di Mario, al punto che il bambino stava perdendo completamente la capacità di respirare in modo autonomo. Questo danno risulta irreversibile. Per lui non rimane alcuna speranza di sopravvivere, se non quella di un trapianto di polmoni.

Redazione Nurse Times

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