Molti studenti universitari partecipano a progetti di sperimentazione di farmaci. Quasi 200 candidati hanno aderito al programma inserendo i propri dati all’interno di un registro conservato in una stanza dell’Ufficio della Farmacia Cantonale.
Milano e Varese sono le aree dalle quali afferisce il maggior numero di candidati. I più anziani approfittano dell’opportunità di poter eseguire un check-up completo a costo zero mentre le “cavie” più giovani sopperiscono alla mancanza di denaro riuscendo a guadagnare quasi 1000 franchi (circa 920 euro) per 2 giorni di sperimentazione di farmaci sul proprio corpo. Per progetti più lunghi si può arrivare a guadagnare fino a 3000 franchi (circa 2760 euro).
I rigidi requisiti richiesti ai candidati sono stati evidenziati fin dall’inizio del progetto: la cavia deve risiedere in un raggio inferiore a 100 chilometri dall’istituto di ricerca per motivi ben precisi.
Come nel caso di una ragazza di 24 anni di Como, ricoverata in ospedale dopo l’effettuazione di un test: le compresse somministrate avevano causato coliche biliari. «È intervenuto subito il Comitato etico – racconta Zanin – che ha imposto all’azienda farmaceutica di risarcire la donna».
Giovan Maria Zanin spiega che sarebbe meglio non coinvolgere soggetti privi di occupazione, che, dal punto di vista etico, sarebbero troppo facilmente arruolabili per motivi puramente economici.
«Ha un po’ a che fare con la vendita del proprio corpo. Il disoccupato non può sottoporsi ai test – afferma con fermezza il farmacista cantonale – perché la sua condizione non gli consente di essere libero di scegliere“
Lo scienziato prosegue la sua intervista analizzando i dati riguardanti i volontari:
«I dati oggi a nostra disposizione ci dicono che nell’ultimo ciclo di sperimentazioni abbiamo avuto un consumo di 190 volontari – spiega Giovan Maria Zanini, – più del 90% proviene dalla Lombardia e la gran parte di queste persone risiede in un raggio di 50-100 chilometri dal luogo della ricerca. Un gran numero di milanesi, poi persone di Varese e di Como».
Simone Gussoni
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