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Genova, eccezionale intervento di chirurgia fetale al Gaslini

A beneficiare dell’operazione, eseguita per la seconda volta al mondo e per la prima in Italia, un neonato affetto da atresia laringea.

Intervento salvavita eseguito all’Irccs Istituto Giannina Gaslini di Genova su un neonato. Durante la gravidanza era stata diagnosticata una malformazione incompatibile con la vita, l’atresia laringea, ma unendo le competenze del Policlinico pediatrico genovese è stato possibile coordinare tutte le professionalità necessarie a realizzare due successivi interventi che hanno garantito la sopravvivenza del piccolo.

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“Il caso – spiega Renato Botti, direttore generale del Gaslini – è stato eccezionale per vari motivi: il primo è la decisione dei genitori, estremamente coraggiosa, di portare a termine la gravidanza nonostante una malformazione in teoria incompatibile con la vita, a meno di un intervento molto delicato in epoca fetale, ed eseguito solo in maniera saltuaria e sperimentale in pochissimi casi prima di questo, e mai eseguito al Gaslini. Siamo orgogliosi di aver offerto un’alternativa di vita e un percorso di crescita a questa famiglia, grazie al lavoro sinergico e affiatato di medici, ostetriche e infermiere di cinque unità operative complesse: un’organizzazione perfetta delle tante e diverse competenze mediche, tecniche e infermieristiche che sono la ricchezza di questo ospedale pediatrico”.

Commentato il presidente di Regione Liguria e assessore alla Sanità, Giovanni Toti: “Siamo veramente orgogliosi della grande capacità professionale ed organizzativa dimostrata dalle equipe del Gaslini che sono riuscite a dare una possibilità di vita a un bambino affetto da una così grave malformazione congenita. La sanità ligure si dimostra ancora una volta un’eccellenza attrattiva, in grado di curare pazienti da tutto il Paese”.

Aggiunge il dottor Michele Torre, responsabile della Uosd Team delle vie aeree e chirurgia toracica: “L’atresia laringea, che consiste nella presenza di una membrana a livello delle corde vocali a impedire il flusso d’aria versa la trachea, è una gravissima malformazione delle alte vie aeree che comporta la morte neonatale in quasi tutti i casi. Ad oggi solo una decina di sopravvissuti sono descritti in tutto il mondo” .

Così, invece, il professor Dario Paladini, direttore della Uoc di Medicina fetale e perinatale e della Uoc di Ginecologia e ostetricia: “Questa malformazione, che alla signora F.S. è stata diagnosticata a 22 settimane di gestazione, determina condizioni di rischio che portano spesso a morte intrauterina per lo scompenso cardiaco che si accompagna alla dilatazione dei polmoni dovuta alla presenza della membrana laringea. Dopo l’iniziale consulenza sul quadro malformativo, la coppia ha deciso di voler portare avanti la gravidanza, accettando di trasferirsi da Napoli a Genova per dare al proprio bambino un’opportunità concreta di sopravvivenza”.

Alla coppia è stata illustrata la prospettiva di un intervento di chirurgia fetale per ristabilire la pervietà delle vie aeree e ridurre così l’espansione polmonare e il rischio di scompenso cardiaco, consentendo lo sviluppo del feto e la nascita più prossima al termine di gravidanza. In assenza di un intervento di questo tipo, la mortalità fetale per scompenso cardiaco è elevatissima. Pertanto l’equipe multidisciplinare del Gaslini (chirurgo-fetale, neonatologi-rianimatori, chirurghi delle vie aeree e otorinolaringoiatri) ha proposto alla coppia un approccio sperimentale di chirurgia fetale per ridurre il rischio di mortalità fetale.

“Questo intervento di chirurgia fetale – spiega Paladini – è stato eseguito solo una volta al mondo prima di quello eseguito al Gaslini, e un secondo intervento simile è stato pubblicato subito dopo la procedura eseguita presso l’ospedale pediatrico genovese. L’intervento è stato illustrato e proposto alla coppia in seduta di counseling multidisciplinare. L’intervento di chirurgia fetale consiste in un accesso fetoscopico alla via aerea e nella perforazione con laser (e successiva dilatazione con pinza miniaturizzata) della laringe atresica (ostruita), il che permette di ridurre la pressione nei polmoni e il rischio di mortalità in utero per scompenso cardiaco” .

spiega il dottor Andrea Moscatelli, direttore della Uoc di Terapia intensiva neonatale e pediatrica: “L’intervento di chirurgia fetale è stato eseguito a 29 settimane di gestazione ed è stato efficace nel ristabilire un primo minimo transito, seppur di piccolo calibro, nelle vie aeree, consentendo così la prosecuzione della gravidanza. La minima apertura delle vie aeree che si ottiene con l’intervento fetale non è tuttavia sufficiente a consentire la respirazione autonoma del neonato al momento della nascita. In questi casi, anche in caso di avvio spontaneo di travaglio di parto, si può espletare il parto solo attraverso una tecnica molto sofisticata di taglio cesareo chiamata EXIT (Ex-Utero Intrapartum Treatment). Con questa tecnica, il feto viene estratto parzialmente dall’utero materno e mantenuto collegato alla placenta, che ne consente l’ossigenazione. Ciò permette ai neonatologi-rianimatori e ai chirurghi di ottenere un accesso efficace alle vie aeree, senza che il bambino vada incontro ad una sofferenza ipossica. Una volta intubato o, come in questo caso, dopo l’effettuazione di una tracheotomia, il bimbo viene estratto completamente, in quanto il respiro può essere assistito agevolmente attraverso il tubo tracheale o la cannula tracheostomica”.

Il taglio cesareo in EXIT, procedura ad alto rischio di emorragia materna, è stato eseguito nella sala operatoria di Cardiochirurgia adiacente alla Terapia intensiva neonatale e pediatrica, secondo un approccio definito DRICU (Delivery Room Intensive Care Unit), che prevede il trasferimento in sala parto/operatoria di tutta la tecnologia necessaria per realizzare una postazione di terapia intensiva neonatale.

Il dottor Gabriele De Tonetti ha effettuato l’anestesia materno-fetale, garantendo la difficile stabilità emodinamica della mamma. Il taglio cesareo è stato eseguito dal professor Paladini con la dottoressa L. Pedretti, della UOC di Medicina Fetale e Perinatale/Ostetricia. Dopo aver estratto il feto, mentre ancora l’apporto di ossigeno era garantito dal cordone ombelicale, il feto è stato posizionato sul grembo materno ed è stato effettuato un primo tentativo di intubazione fibroassistita dalla dottoressa E. Lampugnani, della Uo di Terapia intensiva neonatale e pediatrica. L’intubazione è risultata impossibile per il piccolissimo calibro della pervietà laringea ottenuto con la chirurgia fetale precedente.

Successivamente il dottor Roberto D’Agostino e il dottor Michele Torre hanno effettuato con successo una trachetomia, posizionando una cannula endotrachealeù: operazione molto difficoltosa per le condizioni d’intervento (neonato posizionato sul grembo materno, ancora collegato al circolo placentare) e il peso limitato del neonato prematuro. Ciò ha permesso la ventilazione del neonato e l’autonomizzazione dalla circolazione placentare. Sono state completate le procedure di assistenza e supporto del piccolo, che è stato quindi trasferito in condizioni cliniche stabili in Terapia intensiva. Il neonato pesava 1,7 kg alla nascita.

“Questo tipo di intervento è eccezionale per una serie di motivi: è la prima volta che eseguiamo una tracheotomia in circolazione feto-placentate; il tipo di paziente (prematuro e di basso peso), la necessità di agire in tempi molto ristretti, la difficoltà determinata dall’assenza della ventilazione, l’impossibilità di intubazione preventiva, insieme al difficile riconoscimento dei tessuti in un paziente così piccolo, rendono l’intervento una vera sfida”, spiega il dottor D’Agostino, direttore della Uoc di Otorinolaringoiatria.

Nonostante la prematurità, il decorso successivo è stato estremamente favorevole dal punto di vista respiratorio, anche se il piccolo ha sviluppato una complicanza intestinale tipica dei prematuri, che ha necessitato un intervento di chirurgia addominale con successiva ileostomia. Inoltre, nelle successive settimane di ricovero, sono state diagnosticate altre problematiche, che sono tuttora in corso di trattamento. Attualmente Antonio ha 40 settimane di età corretta, pesa 3 chili, è molto reattivo e vivace. È ancora collegato al ventilatore attraverso la tracheostomia ed è dipendente dalla nutrizione parenterale.

“Il bambino – spiega il dottor Torre – sta bene e cresce ma dovrà affrontare quando sarà più grande un difficile intervento per poter respirare da solo senza la tracheotomia. L’atresia del laringe è una malformazione incompatibile con la vita che però può essere trattata con successo solo in centri che possano assicurare un trattamento prenatale, un parto e un’assistenza post-natale di altissimo livello. Il percorso andrà poi completato con l’intervento di ricostruzione del laringe e della trachea, per il quale il nostro Istituto è un’eccellenza italiana ed europea”.

“La nascita di Antonio ha mobilitato medici, ostetriche e infermiere di cinque unità operative complesse dell’istituto – commenta il dottor Raffaele Spiazzi, direttore sanitario del Gaslini -. Tale sforzo organizzativo è articolato e complesso e richiede un’integrazione funzionale di alto profilo tra tutte le figure professionali coinvolte. Si pensi che nella sala operatoria, dove per un taglio cesareo di routine sono presenti quattro-sei persone, tra medici ed ostetriche/infermiere, erano presenti 18 membri del personale dell’ospedale, attivati in emergenza”.

Conclude lo stesso Spiazzi: “Questo caso è sicuramente eccezionale e dimostra come risultati di questo tipo possano essere ottenuti solo in centri iper-specializzati di riferimento, nei quali sia possibile un continuum assistenziale dalla vita fetale a quella post-natale. L’Istituto Giannina Gaslini rappresenta una delle poche strutture in Europa in cui, nel contesto di un policlinico pediatrico dotato di tutte le specialità mediche e chirurgiche, è presente anche un punto nascita. Ciò consente di garantire al neonato tutte le procedure di alta specialità incluse chirurgia fetale e neonatale, terapia intensiva, sino alle tecniche di supporto vitale extra-corporeo, come l’ECMO neonatale, necessarie per affrontare casi così complessi”.

Redazione Nurse Times

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