Forse risolto il mistero dei casi di epatite pediatrica che si sono verificati in diversi Paesi la scorsa primavera: almeno 1.000, che hanno portato a 22 decessi e 50 trapianti di fegato (Vedi articolo). A causarli potrebbe essere stato un mix di co-infezioni virali guidato da un virus di per sé non patogeno, il cosiddetto virus adeno-associato 2 (AAV2), aiutato però da comuni virus di raffreddore e febbre. È il risultato di tre studi indipendenti, condotti fra Stati Uniti a Gran Bretagna, da Università di San Francisco, Università di Glasgow e University College London, tutti pubblicatio sulla rivista Nature.
Da soli non riescono ad provocare un’infezione produttiva (cioè con replicazione del DNA virale, assemblaggio dei nuovi virus e infezione di altre cellule): per farlo hanno bisogno di virus helper co-infettanti, ad esempio proprio gli adenovirus. Gli esperti Usa hanno condotto analisi genomiche di campioni di sangue, tampone nasale e feci di 16 casi pediatrici. I campioni sono stati confrontati con 113 campioni di controllo.
Nel sangue dei piccoli pazienti il virus adeno-associato 2 (AAV2) è stato rilevato nel 93% dei casi e gli adenovirus umani (HAdV) sono stati trovati in tutti i casi; un tipo specifico di adenovirus legato alla gastroenterite (HAdV-41) è stato trovato in 11 casi. Nell’85,7% dei casi sono state riscontrate ulteriori co-infezioni da Epstein-Barr, herpes ed enterovirus
. I risultati rispecchiano quelli degli altri due studi condotti nel Regno Unito. Tutti e tre gli studi hanno identificato co-infezioni da virus multipli, e il 75% dei bambini nello studio statunitense aveva tre o quattro infezioni virali contemporaneamente.Poiché gli AAV non sono considerati patogeni di per sé non è ancora stato stabilito se siano la causa diretta dell’epatite acuta grave. Lo studio osserva, tuttavia, che i bambini possono essere particolarmente vulnerabili a epatiti più gravi scatenate da co-infezioni, infatti, il picco è tipicamente tra uno e cinque anni, e l’età media dei bambini colpiti nello studio era di tre anni. Il modo migliore per proteggere i bambini da questo esito improbabile è lavarsi frequentemente le mani e rimanere a casa quando sono malati, per evitare il rischio di co-infezioni.
Redazione Nurse Times
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