Infermieri

Emorragia di infermieri nel Regno Unito: il Parlamento inglese corre ai ripari

La Camera dei Commons ha elaborato un rapporto denominato Nursing Workforce per contrastare l’abbandono della professione.

Il campanello d’allarme è arrivato fino al Parlamento inglese. Mentre prosegue l’emorragia di infermieri dall’NHS e dall’intero sistema sanitario britannico, con cifre ufficiali che documentano un numero di leavers (coloro che si cancellano dal registro) superiore di tremila unità rispetto ai joiners (i nuovi iscritti) solo nello scorso anno, una commissione parlamentare della Camera dei Commons, l’Health Select Committee, ha elaborato un rapporto di 51 pagine, formulando una serie di raccomandazioni finalizzate a frenare  l’abbandono della professione da parte degli infermieri nel Regno Unito.

Il documento, denominato Nursing Workforce, evidenzia come in troppe aree e specialità la forza lavoro infermieristica sia spinta al limite e fatichi a fronteggiare la domanda di servizi sanitari. Un segno evidente dell’attenzione finalmente dedicata dalla politica inglese alla categoria infermieristica, la cui “crisi vocazionale” rispecchia lo stato di sofferenza dell’intero NHS in questi ultimi anni.

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Durante l’inchiesta i parlamentari hanno raccolto preoccupate testimonianze riguardo all’impatto di questa pressione sul morale, sulla capacità di trattenere gli infermieri e sugli standard di cura per i pazienti.  Sono stati individuati molti fattori che incidono sull’abbandono della professione: dal carico di lavoro alla difficoltà di accesso ai programmi di formazione continua, alla stretta sui salari (il pay cap, ovvero il tetto dell‘1% all’aumento annuale degli stipendi, tuttora in vigore dal 2010), alla sensazione di non vedere la propria professione stimata, fino all’impatto del Brexit e all’introduzione dei test di lingua per l’ammissione degli infermieri overseas.

Il crollo è stato particolarmente evidente in settori quali la salute mentale e l’assistenza a persone con disabilità cognitive, ma anche tra gli infermieri di comunità, che hanno visto un calo del 45% dal 2010. Nel rapporto sono state pertanto delineate una serie di raccomandazioni, volte a introdurre strategie di “ritenzione” della forza lavoro.

Una prima azione è stata già intrapresa dalla chief nurse (la responsabile infermieristica dell’NHS England) Jane Cummings, che ha inviato una lettera ai dirigenti infermieristici dell’NHS per verificare se gli infermieri siano in grado di lasciare il proprio lavoro per prendere una pausa negli orari previsti o se riescano a effettuare il passaggio di consegne senza dover rimanere oltre la fine del turno.

Misure più incisive saranno poi adottate dall’Health Education England, che destinerà più fondi alla formazione e all’aggiornamento continui (denominati CPD, Continuous Professional Development), mentre saranno messi a punto specifici programmi per reclutare infermieri overseas ed evitare la fuga degli infermieri comunitari nel post Brexit.

Una raccomandazione a parte è poi dedicata alla nuova figura del nursing associate, paragonabile al nostro oss specializzato, per la cui introduzione il Governo dei Tories ha destinato investimenti di ampio respire. È infatti prevista l’elaborazione a breve di una guida esplicativa del suo ruolo e dei suoi compiti, in un documento che sa molto di mansionario.

Il rapporto è stato commentato positivamente da tutte le forze politiche e dai sindacati, venendo indicato dalla segretaria nazionale dell’RCN, Janet Davies, come ”l’ultima in una litania di preghiere a investire nell’attuale e presente forza lavoro infermieristica”. Il sindacato Unite ha invece affermato che il documento della commissione parlamentare si sarebbe dovuto spingere oltre, proponendo il ripristino delle borse di studio per gli studenti universitari, sostituite nel 2016 da prestiti a lungo termine dal ministro della Salute, Jeremy Hunt. Una scelta che non è stata apprezzata dai giovani inglesi, tanto da far registrare un crollo del 23% delle immatricolazioni nell’ultimo anno.

Un portavoce del ministero della Salute ha replicato alla pubblicazione del rapporto, sostenendo che nei reparti ci sono 14.200 infermieri in più rispetto al 2010 e che il ministero ha varato programmi per rendere più flessibile il lavoro e per creare nuove vie di accesso alla professione, lanciando anche il più grande piano di espansione del numero di posti destinati alla formazione degli infermieri mai registrato.

Luigi D’Onofrio

Redazione Nurse Times

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