Esistono indagini e ricerche dalle quali traspare come la grande divaricazione tra “potenzialità di assistenza” resa possibile dal progresso scientifico e dallo sviluppo tecnologico e “livelli effettivi di assistenza” sia spesso riconducibile alla limitata capacità di gestire la complessità organizzativa delle moderne strutture di erogazione dei servizi e, più in generale, dei moderni sistemi sanitari.
Conoscenze, competenze e atteggiamenti manageriali appaiono condizioni necessarie, anche se non sufficienti per recuperare più elevati livelli di soddisfazione dei pazienti, della popolazione e degli stessi professionisti, impegnati nel settore, dall’altro per affrontare il difficile compito di realizzare l’equilibrio tra domanda e offerta, tra bisogni, teoricamente illimitati, e risorse (che sono invece limitate rispetto alle grandi opportunità offerte dalla scienza).
Condizioni necessarie che dimostrano come l’elemento critico sia dato ormai dalla capacità di governare nel migliore dei modi e come le differenze qualitative-quantitative dei livelli assistenziali reali siano spiegabili più dai differenti livelli di efficienza del funzionamento (attribuibile al management) che non dalla differenza dei modelli di sistema sanitario adottato.
In questo panorama si colloca il dirigente infermieristico che da sempre ha visto il suo ruolo essere quello di “contribuire alla definizione della mission, della vision e dei valori guida dell’azienda perseguendo il loro raggiungimento attraverso il razionale uso delle risorse umane e materiali disponibili; impegnandosi affinché venga erogata un’assistenza efficace, efficiente e di qualità, contribuendo alla formazione continua e all’aggiornamento del personale di competenza.” (La dirigenza infermieristica C.Calamandrei).
Nella moderna sanità cambia anche la leadership perché si fonde non tanto sul principio di autorità e su strumenti e procedure formali, quanto sulla capacità di sollecitare i collaboratori a dedicare al lavoro le loro migliori energie (Colombo, 1994).
Il dirigente infermieristico si ritrova a dover utilizzare la logica della semplificazione (lean thinking), attraverso le competenze presenti all’interno dell’organizzazione per analizzare e gestire tutte le fasi delle attività che si svolgono, considerando il valore che esse producono per il paziente e riducendo ciò che non partecipa a tale produzione.
Le competenze risultano essere:
Perché questo avvenga occorre tener conto dei bisogni, degli interessi e del valore delle persone, promuovendo il loro adattamento al clima e alla cultura organizzativa.
Louis Pasteur sosteneva che “La fortuna favorisce solo le menti preparate”, infatti in un contesto sanitario in continua evoluzione, il nuovo dirigente infermieristico acquisisce caratteristiche distintive diverse rispetto al passato. Le aziende sanitarie hanno bisogno di professionisti con interpretazioni sempre più complesse in grado di rispondere al cambiamento.
La sanità si evolve verso modelli organizzativi sempre più circolari e liquidi dove i fattori distintivi e premianti coincidono con: comunicazione, fiducia, flessibilità, collaborazione e riconoscimento.
Le soft skills rivestono un ruolo chiave e il nuovo dirigente infermieristico è una figura che sa muoversi all’interno dell’azienda, dialogando e collaborando con gli altri professionisti.
Essere dirigente infermieristico oggi significa essere pronti al futuro.
Andrea Cataldo
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