Dalle Car-T alle Car-NK: l’immunoterapia si evolve ed elimina gli effetti collaterali

Riprendiamo un articolo pubblicato sul portale della Fondazione Umberto Veronesi.

Chi l’ha detto che le Car-T rappresentano il massimo grado di evoluzione dell’immunoterapia contro il cancro? Presto sarà un’altra sigla, Car-NK, a tenere banco quando si parlerà di lotta ai tumori. La nuova evoluzione sta nel fatto che le Car-NK dovrebbero risolvere gli effetti collaterali delle Car-T, da poco approvate anche dall’EMA per la cura di alcune forme particolarmente resistenti di tumori del sangue. Uno su tutti, il rischioso effetto collaterale della tempesta di citochine, una situazione potenzialmente letale. Ed è per questa ragione che da due anni a questa parte sono partite le prime sperimentazioni.

Una delle strategie di cura più all’avanguardia nella lotta ai tumori è rappresentata dall’immunoterapia. Grazie all’utilizzo di particolari farmaci è possibile stimolare il sistema immunitario a combattere il cancro. Da qualche tempo a questa parte, però, è stato sviluppato un metodo alternativo di stimolazione. Si tratta delle Car-T, acronimo di Chimeric antigen receptor T cell. La tecnica consiste nel prelevare linfociti T del malato per poterli modificare geneticamente in modo che sulla loro superficie esprimano un particolare recettore, chiamato CAR.

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La presenza di CAR ha come effetto un potenziamento dei linfociti, che li rende in grado, una volta reinfusi nel malato, di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino a eliminarle completamente. Una tecnica potente, sperimentata per la prima volta nel 2012 e testata su tumori solidi come quelli del fegato, del pancreas, dell’ovaio, sul neuroblastoma e sul mesotelioma. Attualmente è utile per curare alcune forme di tumore del sangue resistenti alle terapie standard, in particolare la leucemia linfoblastica acuta.

Pur essendo in grado di cambiare radicalmente il trattamento di alcune forme di tumore, le Car-T sono tutt’altro che prive di rischi. Uno degli effetti più diffusi e gravi è la sindrome da rilascio di citochine, fenomeno caratterizzato da un’eccessiva risposta immunitaria, che può portare anche alla morte. Non solo, i linfociti T ingegnerizzati riescono bene a combattere le cellule tumorali a livello del sangue, ma non funzionano altrettanto bene quando si hanno di fronte tumori solidi.

Un altro aspetto da non trascurare sta nel fatto che non sempre è possibile prelevare i linfociti T del paziente per “trasformarli” in Car-T. Questo perché precedenti chemioterapie, utilizzate per combattere il tumore, li hanno eliminati definitivamente. Un problema superabile utilizzando i linfociti T di un donatore, che però espone al rischio di sviluppare la sindrome del trapianto contro l’ospite

, una condizione in cui le cellule appena reinfuse cominciano ad attaccare indiscriminatamente il corpo del malato.

Ma se per la sindrome da tempesta di citochine una possibile soluzione, già sperimentata al Bambino Gesù di Roma nel febbraio scorso, consiste nell’inserire un “gene suicida”, attivabile in caso di eventi avversi  e in grado di bloccare l’azione dei linfociti modificati, gli altri limiti potrebbero essere superati grazie alla tecnica Car-NK. Il concetto di fondo è lo stesso, ma ad essere modificati non sono più i linfociti T, bensì le cellule Natural Killer (NK) del sistema immunitario. Tali cellule sono le meno specializzate del sistema immunitario e possono distruggere qualsiasi cellula riconosciuta come estranea.

Non solo, per alcune particolari peculiarità molecolari le NK non danno luogo al fenomeno della sindrome del trapianto contro l’ospite. Le cellule NK sono quindi adatte a una terapia “off-the-shelf“, ovvero in grado di trattare un ampio numero di pazienti affetti da tumore, partendo da un singolo lotto derivante da un donatore sano. Non più, dunque, cellule del malato da prelevare, modificare e reinfondere. Una caratteristica non indifferente sia in termini di riduzione dei costi sia in termini di competenze per svilupparle.

La prima sperimentazione con Car-NK nell’uomo è partita nel 2016 in Cina e i risultati sulla sicurezza – questo l’obbiettivo primario dello studio – sono stati positivi. Per quanto riguarda l’Europa, è di quest’anno il primo tentativo di Car-NK nella cura del glioblastoma: sperimentazioni che poggiano già su solide basi ottenute in esperimenti in modello animale.

Nel giugno scorso uno studio della University of California – San Diego School of Medicine e della University of Minnesota ha valutato l’effetto della Car-NK e della Car-T nel trattamento del tumore all’ovaio. Dai risultati è emersa la bontà dell’approccio sia di Car-T sia di Car-NK. Queste ultime, però, hanno manifestato il vantaggio di non presentare effetti collaterali. Il prossimo passo sarà l’estensione delle sperimentazioni a diversi tumori solidi.

Redazione Nurse Times

Fonte: www.fondazioneveronesi.it

 

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