Un farmaco per una guarigione lampo dal Covid. Si chiama simnotrelvir ed è una nuova pillola anti-Covid che ha dimostrato di accelerare di circa 1,5 giorni il recupero dalla malattia nei casi lievi-moderati, secondo quanto certifica uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Il farmaco accorcia la durata dei sintomi ed è venduto in Cina, dove ha l’autorizzazione per l’uso di emergenza da inizio 2023, a un prezzo più basso rispetto al suo principale competitor. Tanto da essere l’antivirale anti-Covid più popolare nel gigante asiatico (costa circa un quarto del Paxlovid, dice uno degli autori dello studio). I nuovi dati, riflettono gli esperti, potrebbero spingere le autorità di altri Paesi ad approvare il farmaco, verosimilmente dopo aver eseguito i propri studi clinici.
“E’ chiaramente un farmaco potente – dice Saye Khoo, farmacologo esperto in malattie infettive dell’Università di Liverpool, Regno Unito -. Il risultato è chiaramente positivo. Ed è il benvenuto”.
All’inizio della pandemia i farmaci antivirali sono stati testati in gran parte su persone ad alto rischio di Covid grave. Anche attualmente l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), si spiega su Nature, raccomanda che solo le persone appartenenti a gruppi ad alto rischio assumano antivirali come Paxlovid, la pillola anti-Covid utilizzata in Italia, negli Usa e in molti altri Paesi.
Ora, però, il coronavirus Sars-CoV-2 è “già diventato un virus respiratorio di routine nella popolazione generale”, afferma il coautore dello studio Bin Cao, pneumologo del China-Japan Friendship Hospital di Pechino. Ecco perché con i colleghi ha deciso di testare simnotrelvir soprattutto su giovani con livelli di rischio standard.
La capacità di simnotrelvir di accelerare il recupero nelle persone a rischio standard ricorda l’antivirale ensitrelvir, che aveva ricevuto l’approvazione condizionata in Giappone nel novembre 2022. Gli svantaggi? Sono simili a quelli del Paxlovid, compreso il sapore cattivo e l’incompatibilità con una serie di farmaci comuni. Inoltre i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti allo studio di iniziare il trattamento entro 3 giorni dallo sviluppo dei sintomi: una “finestra temporale impegnativa per test e interventi”, fa notare Khoo.
Quanto a un allargamento del suo utilizzo, gli esperti precisano che molti medici sono ancora al momento più preoccupati di prevenire il ricovero in ospedale e la morte nelle persone ad alto rischio. “Quindi potrebbero volere maggiori informazioni prima di cambiare le loro abitudini di prescrizione”, dice lo specialista in malattie infettive William Schaffner, del Vanderbilt University Medical Center di Nashville, Usa.
Redazione Nurse Times
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