Chiara Corbella Petrillo: la mamma che posticipa le cure per far nascere il figlio

Chiara non si è mai ripiegata o chiusa su sé stessa ma è stata una testimone di sapienza più grande di quella umana.

Qualche tempo fa vi abbiamo proposto la storia di Elle Haliwell, una donna australiana incinta di quattro settimane che tre anni fa scoprì di avere la leucemia mieloide cronica e di fronte a questo bivio lei scelse di far nascere il bambino

Oggi vi facciamo conoscere la storia di Chiara Corbella Petrillo, una donna romana di ventotto anni che sei anni fa, durante la sua terza gravidanza, scopre un’afta sulla lingua ma dopo due settimane abbondanti non guarisce.

Comincia a rivolgersi a diversi specialisti e si decide di fare una biopsia.

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La lesione viene diagnosticata come un carcinoma alla lingua, un tumore raro in una persona come Chiara.

In un caso delicato come il suo nel quale ha portato avanti due gravidanze difficili, incinta per la terza volta, si decide di procedere con l’intervento chirurgico fatto in anestesia locale sulla lesione.

La si asporta completamente, con vetrino intraoperatorio; i margini risultano puliti che vengono ulteriormente ripuliti, si chiude e si va avanti con la gravidanza.

Dal risultato bioptico il tumore risulta essere estremamente aggressivo con tutte le sue caratteristiche di aggressività.

Con un tumore di questo tipo occorre svuotare la loggia linfonodale del collo, ma come già detto nel suo caso diventa tutto diverso.

Chiara in merito scrive: “Per la maggior parte dei medici Francesco era un feto di sette mesi e quella che doveva essere salvata ero io. Ma io non avevo nessuna intenzione di mettere a rischio la vita di Francesco per delle statistiche per niente certe che mi dovevano dimostrare che dovevo far nascere mio figlio prematuro per potermi operare. Bisognava capire come attaccare questo tumore il prima possibile, ma senza mettere a rischio la vita di Francesco“.

Era una madre fino in fondo e voleva difendere non lei ma diminuire i rischi per suo figlio.

Francesco nasce al momento giusto secondo la scelta libera di una donna ben informata che ha scelto di farlo nascere senza alcun minimo rischio.

Da questo momento inizia la battaglia contro il tumore.

Si comincia dapprima con un intervento di revisione della ferita chirurgica e lo svuotamento dei linfonodi del collo.

Questo è per lei un intervento molto doloroso che le provoca non solo una cicatrice fino alla base della mandibola (per questo lei decide di indossare da questo momento maglioni a collo alto) ma anche una minima somministrazione di analgesici per mantenere i suoi ritmi di allattamento.

Nel frattempo si ha anche il risultato dell’analisi dei linfonodi: due positivi ma con caratteristiche di altissima aggressività.

Si passa così nell’estate del 2011 alla radiochemioterapia che determina inevitabilmente, a causa dell’infiammazione di lingua, faringe, esofago, l’inserimento della peg per la nutrizione enterale; con gli effetti collaterali del trattamento come nausea e vomito che non aveva provato neanche durante le gravidanze.

Tutto questo le impedisce di mangiare; parla a fatica, la lingua diventa sempre più corta perché viene tagliata e riconfezionata.

La terapia le provoca secchezza buccale per atrofia delle ghiandole salivari.

Nonostante la medicina impiegata al massimo della sua invasività e aggressività la malattia prosegue e si nasconde in una polmonite interstiziale attraverso delle punteggiature nelle varie tac di controllo perché nonostante i trattamenti tutto resta invariato.

Chiara continua a dimagrire e compaiono lesioni epatiche.

Da questo momento in poi si capisce che le punteggiature sono metastasi. Le condizioni peggiorano in quanto il dimagrimento continua.

Manifesta emottisi, debolezza, affanno (per questo deve spostarsi in carrozzina perché non riesce a camminare) e tutto questo mentre cresce un figlio nel primo anno di vita.

Inizia a portare anche una benda sull’occhio perché il tumore aveva sviluppato la capacità di annidarsi dentro i muscoli tra cui nel retto laterale dell’occhio destro; l’occhio quindi le fa male e non riesce più a muoverlo bene.

Per ridurre il dolore si decide di fare la radioterapia.

Nell’ultimo giorno le ore sono agonizzanti: lei è seduta sulla sedia a rotelle, porta le cannule nasali, prende oppioidi ad una dose più alta per i dolori lancinanti alla schiena, poi viene adagiata sul letto circondata dai suoi affetti più cari.

Chiara non si è mai ripiegata o chiusa su sé stessa ma è stata una testimone di sapienza più grande di quella umana.

Qualcosa che andava oltre le statistiche mediche, gli anni di studio e le proprie certezze, affrontando una grande prova con estremi serenità e coraggio sovraumani.

 

Anna Arnone

 

Fonti: Piccoli passi possibili, edizione Porziuncola

Redazione Nurse Times

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