C’era una volta l’assistenza domiciliare…I pazienti del Sulcis richiedono l’infermiere specialista

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato dell’associazione di volontariato Le Rondini, che rappresenta i parenti e i pazienti affetti da gravi patologie rare.

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Siamo gli invisibili, silenziosi e immobili. Siamo quelli che non parlano e non si muovono prigionieri di un corpo straziato, quelli che hanno il cielo in una stanza e il mondo tra quattro mura. Siamo quelli con un buco in gola e uno nella pancia. Siamo quelli che respirano con una macchina e mangiano con una sonda. Siamo quelli nascosti, siamo quelli ignorati, inascoltati. Ma siamo quelli con una testa che ragiona, con una volontà, con dei bisogni immensi e con tanta voglia di gridare la nostra sofferenza, la nostra disperazione a chi fa finta di sentire senza ascoltare.

Vogliamo raccontare la nostra storia, quella vera, quella di malati e familiari che ogni giorno vivono situazioni gravi.

C’era una volta l’assistenza domiciliare in cui i pazienti affetti da SLA, Sclerosi Multipla e altre malattie neurodegenerative, tracheostomizzati e ventilati meccanicamente venivano seguiti e assistiti da personale competente, quello della Rianimazione, dal momento del ricovero, durante tutta la degenza, alla dimissione e all’assistenza al domicilio.

Personale qualificato in grado di prendersi cura di noi e garantirci la loro disponibilità in ogni momento del giorno e della notte, assicurandoci anche interventi urgenti ed evitandoci così il disagio e il rischio di una corsa in ospedale. Questo sistema avviato circa quindici anni fa veniva riconfermato di anno in anno dai manager della ASL 7 che si sono succeduti ma soprattutto dalla Regione Sardegna che approvava e incentivava l’assistenza domiciliare. Il risultato conseguito conciliava il risparmio in termini di ricoveri per le aziende e il grado di soddisfazione dell’utenza. Infatti la Delibera Regionale n. 10/43 dell’11.02.2009 recita:

Nella fase di perdita totale dell’autosufficienza le Cure Domiciliari Integrate rappresentano il fulcro degli interventi e assistenza a domicilio della persona e della famiglia, attraverso l’integrazione delle competenze presenti nei servizi territoriali e ospedalieri, in particolare dell’unità operativa di Rianimazione”.

Ma nel 2015 tutto cambia. Alla guida della ASL 7 viene nominato un Commissario Straordinario, il Dr. Antonio Onnis. E’ nell’immaginario comune che questa figura dirigenziale debba mettere a posto i conti dell’azienda e traghettarla fino alla nomina effettiva di un manager. Invece no, ci siamo sbagliati. Si rimbocca le maniche e si mette alacremente al lavoro per smantellare un servizio rodato e perfettamente funzionante decidendo di stravolgere la vita proprio alle persone più fragili, quelle tracheostomizzate e in ventilazione continua che, nella sventura, avevano trovato un po’ di serenità.

Decide, evidentemente, che l’equipe di Rianimazione non sia la soluzione giusta ai nostri problemi. Istituisce un nuovo servizio che comprende l’hospice, la terapia del dolore e le cure palliative, nel quale inserisce anche noi, gli invisibili appunto.

Organizza un team infermieristico dedicato del quale non ci è dato sapere la formazione, l’esperienza e la competenza. Mentre il Commissario prometteva che nulla sarebbe cambiato e che avrebbe ascoltato e recepito le nostre istanze, il nuovo servizio partiva non curante delle nostre preoccupazioni. Per far sentire la nostra voce non ci resta che respingere il nuovo sistema, rifiutando l’assistenza infermieristica del nuovo team che il Dr. Onnis cerca di imporci chiamando i Carabinieri.

Visite mediche in giorni e orari programmati (inaccettabile data la precarietà dei pazienti), per le urgenze rivolgersi al 118.

Infermieri senza esperienza nella gestione dei ventilati mandati ad imparare sul campo. Qualcuno fa la foto al ventilatore in allarme perchè non sa che fare.

Il risultato non troppo edificante è da record: sei ricoveri in un mese per interventi che potevano essere risolti a domicilio come è sempre stato in precedenza. Un paziente con cannula ostruita e che rischiava di soffocare, passa dal Pronto Soccorso come Codice Verde per poi vedersi recapitare a casa la cartella di pagamento ticket.

La protesta va avanti e il Dr. Onnis decide di richiamare i vecchi infermieri per affiancare i nuovi nel vano tentativo di far tacere i malcontenti: continuiamo a rifiutare il sistema imposto, accettando solo l’assistenza del personale della Rianimazione, nel quale da sempre abbiamo riversato la nostra fiducia. La conseguenza non si è fatta attendere: siamo destinatari di una lettera, a firma del Commissario, in cui si legge la velata minaccia di revoca dell’assistenza.

La situazione ancora oggi non è cambiata. Dopo numerosi, estenuanti e improduttivi incontri col Dr. Onnis ed ogni inutile tentativo di condivisione di un progetto a misura di malato e non imposto, l’unica risposta ottenuta è la deliberazione n. 1524 del 16 ottobre e cioè un insulto alla nostra intelligenza, chiamata carta dei servizi in cui, al di là delle belle parole, esclude completamente l’Unità di Rianimazione. In compenso offre l’elemosina di una reperibilità telefonica ad un numero verde e la programmazione degli accessi da parte degli operatori. Purtroppo programmazione e urgenza non vanno di pari passo.

Non capiamo e non accettiamo questo accanimento. Sappiamo che questo cambiamento non è dovuto ad un presunto risparmio economico perché chiunque è in grado di consultare le delibere e le determine aziendali e tirare le somme. Noi vogliamo soltanto riacquistare la serenità perduta.

Che fine ha fatto la sensibilità della Regione Sardegna capace, pochi anni fa, di individuare un percorso differenziato per questo tipo di pazienti? Ah già. Era un’altra giunta! La bufera che il caso ADI Sulcis ha scatenato è a conoscenza di tutti, approdando persino in parlamento con una interpellanza al Ministro Lorenzin.

Dei nostri politici, i diretti responsabili dello scempio che si sta compiendo nel Sulcis, nemmeno l’ombra. Assessori e Consiglieri che hanno goduto della nostra fiducia e di quella dei nostri familiari sono come scomparsi, in silenzio fin dall’inizio di questa brutta storia. Ma è un silenzio che fa rumore, il rumore della responsabilità, il rumore della colpa.

Al nuovo sistema continueremo a dire NO con tutte le nostre forze! Non sospenderemo la nostra protesta che andrà avanti rifiutando anche l’assistenza medica fino allo sciopero della fame finchè qualcuno non dirà che la nostra vita vale più della sua poltrona.

Ammalarsi non è un diritto. Ricevere cure appropriate si.

In allegato il comunicato dell’associazione Le Rondini

Giuseppe Papagni

Redazione Nurse Times

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