Bambini e smartphone, i risultati di uno studio americano

Il tempo dedicato all’uso dei dispositivi digitali dai bambini fino a otto anni è quasi triplicato negli Usa, dal 2013 a oggi

Il tempo dedicato all’uso dei dispositivi digitali dai bambini fino a otto anni è quasi triplicato negli Usa, dal 2013 a oggi

Common Sense”, organizzazione no-profit americana, ha pubblicato il suo terzo rapporto dal titolo “Media use by kids age zero to eight”, (L’uso dei media tra i bambini da zero a otto anni) in cui monitora l’uso dei media e della tecnologia tra i bambini statunitensi dalla nascita all’età di 8 anni.

Questa organizzazione no-profit fornisce supporto ai genitori affinché i loro bambini facciano un buon uso dei nuovi mezzi di comunicazione.

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Questi studi, iniziati solo pochi anni dopo l’introduzione di telefoni cellulari e dispositivi touch-screen, ci permettono di capire come queste nuove tecnologie rivoluzionarie siano state introdotte nella vita dei bambini.

Come ci ricordano gli stessi autori del rapporto, questo studio ha alcuni limiti. Ad esempio lo studio misura la quantità di tempo che i bambini trascorrono con i media e la tecnologia, ma non documenta il contenuto degli spettacoli televisivi, dei video e dei giochi in uso – che siano educativi, adatti all’età, di alta o bassa qualità – né misura alcun effetto dei media sui bambini.

È stato ripetutamente dimostrato che il contenuto è un fattore importante nel modo in cui i media influenzano l’apprendimento e lo sviluppo. In breve, questo sondaggio è un’istantanea di come i media e la tecnologia sono utilizzati nella vita quotidiana.

Ma veniamo ai dati emersi dal rapporto. Se in Italia il 20% dei bambini entra in contatto con la tecnologia nei primi due anni di vita, negli Stati Uniti in media i bambini trascorrono circa due ore davanti alla televisione e ai dispositivi mobili, fino agli otto anni.

In particolare trascorrono, fra i due e i quattro anni, 2 ore e 40 minuti e fra i tre ed i cinque anni, ben 3 ore davanti ai dispositivi digitali ed è proprio in questa fascia di età che i bambini imparano ad utilizzarli.

Dal 2011 al 2017 è diminuito il tempo trascorso davanti alla televisione ed è aumentato quello trascorso davanti a tablet e smartphone. Ciò che emerge in tutta la sua crudezza è che i bambini appartenenti a nuclei a basso reddito trascorrono molto più tempo davanti alla televisione e agli altri dispositivi, fino ad arrivare alle 3 ore e mezza contro 1 ora e mezza dei bambini che vivono in famiglie abbienti.

I genitori si sono detti preoccupati, per la stragrande maggioranza, e tra questi soprattutto gli ispanici, per via dei contenuti violenti e a sfondo sessuale a cui potrebbero essere esposti.

A dispetto delle indicazioni dei pediatri che suggeriscono che i bambini stiano lontano dai dispositivi tecnologici almeno un’ora prima di andare a dormire, il 49% dei bambini americani guarda la televisione o usa smartphone o tablet poco prima di mettersi a letto. Tale raccomandazione nasce dal fatto che la luce blu emessa da questi dispositivi potrebbe alterare la produzione di melatonina interferendo sul ritmo sonno-veglia.

E’ pur vero come ci ricorda il Professore Davide Crepaldi, professore associato in Neuroscienze cognitive alla Scuola internazionale di studi superiori (Sissa) di Trieste, intervistato da Repubblica, che “Oltre al gioco all’aria aperta, agli incontri con coetanei e adulti e a nuove esperienze  l’utilizzo equilibrato e sotto la supervisione dei genitori di dispositivi elettronici potrebbe essere addirittura positivo per lo sviluppo mentale e linguistico del bambino, alcuni studi recenti – conclude Crepaldi – hanno addirittura dimostrato che questo potrebbe aiutare molto i bambini affetti da dislessia“.

Altri studi, ci ricordano come non solo i bambini, ma anche i teenagers stiano diventando sempre più pigri, poco propensi ad uscire e socializzare e a vivere le relazioni ed i rapporti con i propri familiari in maniera sempre meno profonda e filtrata dall’uso di questi dispositivi.

Lo studio americano ha lo scopo di incoraggiare i genitori a raccogliere informazioni e strumenti per fare scelte consapevoli sull’impegno dei loro figli con i media e la tecnologia.

 

Rosaria Palermo

 

Fonti:

www.commonsensemedia.org

www.infermieriperlasalute.it

www.repubblica.it

Rosaria Palermo

Infermiera dal 1994. Attualmente, infermiera specialista del rischio infettivo presso l'ARNAS Garibaldi di Catania. Ho una laurea magistrale e due Master, uno in Coordinamento e l'altro in Management del rischio infettivo. Faccio parte del Direttivo di ANIPIO (Società Scientifica degli Infermieri Specialisti del Rischio Infettivo) dal 2016. Penso che lo scatto nella nostra professione debba essere culturale, prima di ogni cosa. Nelson Mandela diceva che la conoscenza è l'arma più potente di cui gli esseri umani dispongano, ed è ciò che permetterà alla nostra professione di ritagliarsi gli spazi che le competono.

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