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Anestesia generale e farmacologia: assistenza infermieristica in Sala Operatoria

L’anestesia generale è l’abolizione temporanea e reversibile dello stato di coscienza, con l’obbiettivo di mantenere il controllo del dolore ed il normale funzionamento delle funzioni neurovegetative.

I farmaci ad essere presi in considerazione sono:
1. analgesici (gli oppioidi)
2. Ipnotico-sedativi (per via inalatoria ed endovenosa)
3. Miorilassanti (i curari)
4. antiemetici

La somministrazione di anestetici inalatori e l’associazione di diversi farmaci analgesici e sedativi (anestesia bilanciata) permette di modulare la profondità e la durata dell’anestesia in funzione delle necessità del paziente, riducendo al minimo gli effetti collaterali.

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Gli scopi dell’anestesia sono:

  • la soppressione dello stato di coscienza (ipnosi),
  • l’abolizione del dolore (analgesia),
  • il rilassamento dei muscoli (miorisoluzione),
  • l’abolizione del ricordo (amnesia)

Lo stato di incoscienza e l’amnesia di eventi che si verificano durante l’intervento chirurgico rappresentano i principali obiettivi dell’anestesia generale.

Nonostante tali obiettivi siano raggiunti nella pressoché maggioranza dei casi, raramente si può verificare una memorizzazione di eventi che accadono in corso di anestesia  e che vengono riferiti dal paziente subito dopo la fine dell’intervento chirurgico o a distanza variabile da esso. È questa una temibile e sottostimata complicanza dell’anestesia generale definita generalmente come awareness (consapevolezza).  Il ricordo può emergere dopo l’anestesia in modo spontaneo attraverso “la memoria dichiarativa o esplicita”, oppure può essere rievocato attraverso il suggerimento al paziente di particolari parole anche a distanza di tempo attraverso la memoria implicita.

L‘awareness può verificarsi durante l’induzione in caso di un’intubazione difficoltosa o, nel corso del mantenimento, per dosi ridotte d’ipnotico e di analgesici. Altra situazione è la fase di risveglio, per la sospensione precoce di anestetici con paziente curarizzato e coscienza parzialmente o totalmente integra,
per cui il paziente non ha possibilità di avvisare che soffre per le manovre chirurgiche. E’ evidente che, un episodio del genere produca ripercussioni psicologicamente tragiche, che esitano in tremori, ansia, e
disturbi del sonno, con ripercussioni sul vivere quotidiano. Tuttavia, pochi accorgimenti pratici possono essere particolarmente efficaci per la prevenzione della complicanza, anche nella fase di risveglio.

L’approccio ottimale dovrebbe prevedere l’identificazione dei pazienti a rischio e la messa in pratica di opportune strategie di condotta dell’anestesia. Tali strategie profilattiche si sostanziano nell’attenta amministrazione di farmaci e nell’uso di un monitoraggio strumentale adeguato.

Nelle tre fasi che caratterizzano l’esperienza chirurgica del paziente: pre-operatoria, intra- operatoria e post-operatoria,  l’ infermiere ha un ruolo fondamentale  per il  quale si prevede un ampio elenco di  attività che l’infermiere stesso esegue utilizzando il processo di assistenza e gli standard professionali.

La valutazione pre-operatoria è sempre necessaria quando è prevista una prestazione anestesiologica.

Si compone quindi di tre momenti principali :
1) anamnesi
2) esame obiettivo
3) esami di laboratorio e strumentali.

Ne conseguono:

  • la quantificazione del rischio anestesiologico secondo la classificazione ASA,
  • la programmazione della strategia anestesiologica peri-operatoria, sulla base delle condizioni cliniche, del tipo di intervento e del grado di rischio formulato.

Ruolo fondamentale nella fase pre-operatoria è la premedicazione, definita come la somministrazione di farmaci volti a preparare un paziente ad assumere al meglio le diverse fasi di un gesto di cura anestesiologico, chirurgico, radiologico o altro. Inizialmente utilizzata sistematicamente per ridurre gli effetti indesiderati dell’anestesia generale, la premedicazione è attualmente riservata solo a pazienti molto ansiosi. Un livello di ansia da elevato a molto elevato nel preoperatorio è correlato a un dolore intenso e a un rischio di nausea e vomito e di agitazione nel periodo postoperatorio.

La premedicazione moderna si inserisce in un processo benevolo e attento che contribuisce al benessere e alla soddisfazione generale del paziente dopo l’intervento chirurgico e il cui scopo principale è rassicurare il paziente. Gli altri obiettivi della premedicazione sono garantire la riduzione delle necessità di farmaci anestetici, la stabilità emodinamica, la soppressione delle risposte riflesse alla stimolazione chirurgica, la prevenzione del dolore postoperatorio nonché la riduzione delle nausee e dei vomiti e dei brividi nel postoperatorio.

Le benzodiazepine, per il loro effetto sedativo ed ansiolitico costante, sono i farmaci più utilizzati. Il bromazepam, il lorazepam e il midazolam sono le benzodiazepine maggiormente utilizzate.

I vagolitici, atropina e scopolamina,  sono utilizzati soprattutto per il loro effetto antisecretivo e per la prevenzione della risposta cardiovascolare da eccessiva stimolazione vagale. In ragione dei loro numerosi effetti secondari il loro utilizzo è abbandonato in premedicazione. La loro somministrazione, se necessaria, si fa per via endovenosa in corso di anestesia.

L’assistenza infermieristica intra-operatoria valuta i rischi multipli correlati a potenziali effetti della chirurgia ed anestesia. La pratica clinico assistenziale nella fase intra-operatoria sarà orientata alla prevenzione e al contenimento di questi rischi e potenziali effetti, attraverso un approccio multidisciplinare basato sui principi di best-pracitice.

Fase intraoperatoria e costituita da quattro fasi importanti:

1 Induzione. Questa fase avviene quando il paziente si trova posizionato sul letto operatorio ed è la fase in cui il paziente perde coscienza.

I farmaci che vengono utilizzati sono gli IPNOTICI: TIOPENTONE, PROPOFOL, MIDAZOLAM (benzodiazepina). Si possono utilizzare in questa fase anche gli OPPIOIDI: FENTANYL, REMIFENTANIL, ALFENTANIL per ridurre i riflessi neurovegetativi che si possono avere all’induzione.

2.intubazione. Somministrazione di MIORILASSANTI NON DEPOLARIZZANTI–CURARI (vecuronio, pancuronio, atracurio,cis-atracurio…)- per favorire l’intubazione. Si può utilizzare per l’intubazione la SUCCINILCOLINA, un curaro depolarizzante a breve durata d’azione.

3.mantenimento,  fase dove il pz durante intervento chirurgico non deve percepire alcun sensazione di dolore,  ma e una delle fasi più importanti perchè può portare a importanti reazioni neurovegetative ed emodinamiche.

Anestesia inalatoria: L’anestesia viene mantenuta con ALOGENATI -SEVOFLURANE, ISOFLURANE- che vengono somministrati al paziente per via inalatoria, attraverso il tubo orotracheale o la maschera laringea, oppure attraverso la maschera facciale.

Anestesia endovenosa: L’anestesia viene mantenuta con due farmaci in infusione continua:  

  • IPNOTICO per mantenere lo stato di incoscienza. Generalmente si utilizza il PROPOFOL
  • OPPIACEO per garantire l’analgesia. Il più indicato è il REMIFENTANIL

In entrambi i casi al paziente deve essere somministrato O2 per via inalatoria e può essere somministrato un altro gas anestetico – protossido d’azoto n2o – insieme all’ossigeno.

4. Risveglio: In questa fase il paziente riacquista progressivamente la capacità di respirare autonomamente e la coscienza.

Deve essere garantita l’analgesia postoperatoria sin da questo momento.
Il paziente viene trasferito nella Sala Risveglio dove continua il monitoraggio dei parametri vitali e da dove verrà allontanato soltanto quando sarà cosciente, con respiro valido e sufficiente e senza dolore.

L’assistenza infermieristica post-operatoria  normalmente include l’assistenza completa di ogni bisogno di mobilizzazione e igiene, la gestione dei farmaci, la gestione del dolore, oltre che la prevenzione o gestione delle complicanze, della procedura di guarigione e della cura delle ferite.

Come ogni trattamento medico, anche l’anestesia può comportare dei rischi per il paziente. Il rischio anestesiologico si può definire come la possibilità che, durante un intervento, si possano verificare eventi infausti durante l’anestesia.

Per ridurre i rischi al minimo ogni intervento è preceduto da una visita anestesiologica, durante la quale il medico anestesista valuta tutti i fattori di salute del paziente; lo scopo è scegliere e somministrare l’anestesia più adeguata, ridurre i rischi e operare in sicurezza.  

Durante la visita si determina anche il rischio anestesiologico che è espresso in una scala apposita, definita appunto “scala ASA”.

La scala ASA è un sistema di classificazione dello stato fisico del paziente; è stato sviluppato per offrire ai medici anestesisti ed ai pazienti una semplice categorizzazione su scala numerica della situazione generale di un paziente, che può aiutare a prevedere il rischio operatorio.

Prende il nome dall’American Society of Anesthesiologists e, da oltre 60 anni, è uno strumento utilizzato a livello internazionale per valutare l’idoneità di un paziente ad essere sottoposto ad intervento chirurgico. Lo scopo del sistema è valutare e comunicare le comorbilità mediche pre-anestesia di un paziente. Il sistema di classificazione da solo non prevede i rischi perioperatori, ma utilizzato con altri fattori (es. tipo di intervento chirurgico, fragilità, livello di decondizionamento), può essere utile nella previsione dei rischi. 

La scala ASA prevede la valutazione dello stato di salute del paziente classificandolo secondo sei stadi o classi: 

  • CLASSE I – Paziente in buone condizioni di salute, senza malattie sistemiche, organiche o psichiatriche 
  • CLASSE II – Paziente con malattia sistemica modesta, di lieve entità, senza limitazioni funzionali (es. Diabete o ipertensione) 
  • CLASSE III – Paziente con malattia sistemica grave, che limita l’attività ma non comporta invalidità (es. Diabete severo, obesità patologica) 
  • CLASSE IV – Paziente con grave malattia sistemica e rischio di morte (es. Aneurisma cerebrale, ischemia cardiaca, insufficienza epatorenale) 
  • CLASSE V – Paziente in condizioni critiche, aspettativa di vita 24H (es. Trauma massivo, rottura di aneurisma) 
  • CLASSE VI – Un paziente dichiarato in morte cerebrale i cui organi vengono prelevati per scopi di donazione.

Dott.ssa Federica Perrone

Redazione Nurse Times

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