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Vice-infermiere in Lombardia, interrogazione di Stefania Mammì al ministero: “Carenza di personale non si risolve con soluzioni tampone”

L’onorevole del Movimento 5 Stelle ribadisce formalmente tutte le sue perplessità in merito alla nuova figura, da attivare attraverso appositi corsi formativi di 300 ore.

Non solo le perplessità espresse insieme alla collega Celeste D’Arrando. Sul tema del cosiddetto vice-infermiere, nuova figura che la Regione Lombardia, sulla scia di quanto già avvenuto in Veneto, sta considerando di formare con appositi corsi per far fronte alla carenza di personale infermieristico nelle strutture assistenziali per anziani, l’onorevole Stefania Mammì (M5S) ha pure presentato un’interrogazione al ministero della Salute.

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Di seguito il testo integrale del documento, che porta anche le firme di Gilda Sportiello, Virginia Villani, Celeste D’Arrando, Maria Marzana, Marialuce Lorefice, Carmelo Massimo Misiti, Silvana Nappi, Leonardo Salvatore Penna, Nicola Provenza e Francesca Anna Ruggiero.

“La Regione Lombardia si appresterebbe a deliberare l’avvio di corsi di formazione per operatori socio-sanitari, della durata di 300 ore, per aumentare le loro competenze, orientandole verso quelle infermieristiche, tanto che la nuova figura sembrerebbe assumere la denominazione di ‘vice-infermiere’. La predetta formazione dovrebbe rispondere alle esigenze delle strutture assistenziali per anziani, messe in difficoltà dalla pandemia e dalla fuga dei sanitari verso la sanità pubblica.

Non appare condivisibile fronteggiare la carenza di figure infermieristiche, attribuendo agli oss competenze e responsabilità proprie di questa professione, al pari di quanto accaduto nella Regione Veneto, sulla cui delibera istitutiva del suddetto corso l’interrogante ha già espresso le proprie perplessità in un precedente atto. Come fatto notare recentemente dal sindacato Nursing Up e come ribadito anche dalla Federazione OSS Migep, anziché ricercare soluzioni tampone, come quelle di delegare delle competenze professionali a delle figure sostitutive, il problema della carenza di organico andrebbe affrontato alla radice.

All’attribuzione dei nuovi incarichi non corrisponderebbero nuove assunzioni e non si andrebbe a colmare la carenza di organico, bensì sarebbero i medesimi operatori in servizio a essere riqualificati

e, a fronte di maggiori competenze, saranno attribuite loro maggiori responsabilità a salario invariato. Nel frattempo anche altre Regioni si sono rivolte al ministero in parola per chiedere di appoggiare le proprie sperimentazioni sull’introduzione di una nuova qualificazione degli oss, in attesa della nuova figura che dovrebbe nascere a livello nazionale.

Pur  non mostrando una contrarietà a priori all’evoluzione dell’operatore socio-sanitario, si ritiene che le stesse dovrebbero avvenire all’interno di un diverso inquadramento contrattuale del personale. Il trasferimento di competenze tipiche degli infermieri agli oss, infatti, comporterebbe il rischio di nuocere a entrambe le professioni, nonchè agli stessi cittadini in termini di assistenza, senza tra l’altro risolvere il problema della carenza cronica di personale sanitario. Tale processo di revisione potrebbe essere affrontato all’interno di un osservatorio nazionale, da attivarsi presso il ministero della Salute, ove sia prevista la presenza dei ministeri competenti, dei referenti della Conferenza Stato-Regioni, delle rappresentanze sindacali degli oss e delle figure infermieristiche”.

Tutto ciò premesso, l’interrogazone a prima firma di Stefania Mammì chiede “se il ministero in indirizzo non ritenga necessario adottare iniziative, anche di carattere normativo, per quanto di competenza e in raccordo con le Regioni, tese a salvaguardare i profili professionali dell’infermiere e dell’operatore socio-sanitario, e conseguentemente il diritto dei cittadini a ricevere prestazioni appropriate”.

Redazione Nurse Times

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