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Veneto, agenzie a caccia di infermieri in Sud America per conto delle Rsa

Spuntano come funghi e incassano 2mila euro per ogni professionista che portano in Italia. Il dibattito sul tema è molto acceso.

Trovare infermieri nelle Rsa venete è un’impresa, anche perché le nuove leve preferiscono spesso aprire la partita Iva e lavorare a gettone in ospedale, incassando centinaia di euro a turno. E così molte agenzie specializzate nel reperire professionisti all’estero, spuntate come funghi negli ultimi tempi, vanno a caccia di personale in Sud America, incassando 2mila euro per ogni professionista che portano in Italia.

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“Nelle case di riposo lavorano così infermieri che in realtà non lo sono, arrivando da Paesi che rilasciano un titolo non riconosciuto in Italia. Può essere molto pericoloso – denuncia Luigi Pais dei Mori, presidente presidente di Opi Belluno e del Coordinamento regionale degli Opi del Veneto. Comprendiamo le difficoltà di organico ma siamo contrari a questa norma. Arrivano infermieri da Paesi dove non esiste nemmeno l’albo o dove la formazione è molto diversa dalla nostra”.

“Se non facessimo così, saremmo costretti a chiudere reparti, perché non abbiamo personale a sufficienza – si difende Roberto Volpe, presidente di Uripa (Unione regionale istituti per anziani), che ha intrapreso questa strada per coprire i buchi di organico della sua struttura, il centro servizi Fondazione Marzotto di Valdagno (Vicenza) –. Mi sono appoggiato a un’agenzia che ci ha trovato sette infermieri in Repubblica Dominicana. Ce ne sono tante in Veneto che offrono il servizio. Per 1.500-2.000 euro li cercano in Sud America e si occupano di tutte le pratiche per portarli in Italia. C’è anche chi chiede di più, fino a 4.000 euro, ma è insostenibile”.

Fino a un paio di anni fa, i bacini dove pescare personale erano Albania e Paesi dell’Est, ma la fonte si è quasi prosciugata, anche perché Austria, Germania e alcuni Stati del Nord Europa hanno assorbito quasi tutti i professionisti, attirandoli con la promessa di stipendi più elevati. E così ora si guarda al Sud America e al Nord Africa

. Grazie a una deroga prevista dal Governo durante la fase acuta della pandemia, e poi prorogata fino al 31 dicembre 2023 per far fronte alle carenze di organico, gli infermieri sono reclutati in Venezuela, Repubblica Dominicana e Tunisia.

In pratica le case di riposo possono assumere infermieri che provengono da Stati esteri anche se il loro titolo non è riconosciuto in Italia, purché siano iscritti all’ordine professionale del Paese di provenienza. Un sistema con cui Uripa ha già reclutato qualcosa come 400 infermieri, auspicando che la deroga diventi strutturale. “Fino a un paio di anni fa mancavano circa 2mila mila infermieri, mentre oggi ne mancano tra 800 e i 1.000”, aggiunge Volpe.

“Noi, grazie a un’agenzia, ne abbiamo assunti 15 dalla Repubblica Dominicana, il 20% del nostro organico”, rivela Andrea Pizzocaro, che dirige Villa Serena, la Giovanni Meritani e la Sacra Famiglia (Verona), aggiungendo che a breve la stessa emergenza interesserà gli operatori socio-sanitari. Inizialmente c’è stata qualche difficoltà con la lingua, che siamo però riusciti a superare”. E Paolo Dalla Bella, che guida l’Adele Zara di Mira e la Monumento ai Caduti di San Donà (Venezia), aggiunge: “Io ho chiesto a un’agenzia di trovare sette infermieri”.

“È necessario alzare le retribuzione degli infermieri delle case di riposo e prevedere una maggiore integrazione con gli ospedali per condividere le professionalità”, dice Paolo Lubiato, di Cisl Fp. Posizione condivisa dalle principali sigle sindacali. “Le dinamiche che stanno determinando le dimissioni del personale dalle strutture pubbliche e l’esodo verso quelle private, oppure la fuga dall’ente pubblico per poi farsi riassumere dallo stesso attraverso contratti libero-professionali, richiedono interventi urgenti”, ribadiscono Ivan Bernini, Marj Pallaro e Mario Ragno, segretari regionali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, che propongono una soluzione tampone: “Una norma che dica che il costo orario di qualsiasi rapporto libero-professionale non può superare il costo del lavoro dipendente”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere della Sera

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