Usare facebook durante l’orario di lavoro può comportare sanzioni disciplinari sia nel settore pubblico sia nel privato

Nell’articolo che segue, vi proponiamo alcune riflessioni tratte dal libro “Come non perdere il lavoro, la faccia e l’amore al tempo di face book”, l’autrice è un avvocato, esperta in diritto informatico. In un suo articolo pubblicato su Ilsole24ore.com, l’autrice ci spiega quali sono i rischi.

Usare facebook durante l’orario di lavoro può comportare sanzioni disciplinari sia nel settore pubblico sia privato. Si può arrivare fino al licenziamento se la connessione è ripetuta e implica un calo nel rendimento e nella prestazione lavorativa complessiva.

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Legalmente non esiste un limite quantitativo che fa scattare la perdita del posto. Si può andare da licenziamenti leciti irrogati per accessi ripetuti di oltre due ore al giorno, fino a collegamenti di mezz’ora al giorno, se monitorati per un lungo periodo.

L’utilizzo dei social network è più insidioso. Le sanzioni, sul piano teorico, possono scattare anche se il profilo è inattivo, ma tenuto costantemente aperto sul pc aziendale.

Il sistema di notifiche e l’avviso dei messaggi in arrivo possono distrarle ripetutamente il lavoratore, dando luogo a condotte sanzionabili. Per i dipendenti pubblici il rischio è maggiore.

A Forlì cinque dipendenti pubblici sono stati indagati per peculato per aver usato facebook durante l’orario di lavoro. Non importa che il lavoratore abbia con la sua condotta comportato un danno patrimoniale all’ente pubblico di appartenenza perché oggetto di tutela è il buon andamento della pubblica amministrazione, che può essere compromesso anche da un uso privato degli strumenti informatici a disposizione (Tra le tante, v. Cassazione penale sez. VI, 15 aprile 2008, n. 20326).

Un dipendente pubblico, inoltre, può essere tenuto anche al risarcimento del danno per mancato svolgimento dell’attività lavorativa durante l’orario di lavoro. E’ successo a dirigenti costretti a versare all’erario migliaia di euro per le connessioni personali.

Il raggiungimento delle obbligazioni di risultato non libera i dipendenti pubblici dall’obbligo giuridico di utilizzare il tempo residuo per fini istituzionali, soprattutto se ricoprono una posizione di vertice.

Ma per i lavoratori sono in arrivo anche nuovi rischi. Nel mirino delle aziende finiscono sempre più i commenti pubblici scritti sulle bacheche dei social network. Segretarie che pubblicano le proprie di dimissioni su facebook, definendole doverose, dirigenti che mettono sulla piazza virtuale gli attriti aziendali, stagisti che pubblicano foto delle feste di ufficio, tutti a rischio contestazione e non solo. Sia nel settore privato sia nel pubblico si può arrivare anche a una condanna per diffamazione aggravata. Il diritto all’immagine aziendale viaggia su internet e sempre più spesso diventa un patrimonio da tutelare, anche nelle sedi giudiziarie.

Questo invece il titolone di un articolo di denuncia, con relativa indagine aziendale e sospensione dei sanitari autori e protagonisti degli scatti “Scherzi in rianimazione, le foto su Facebook: è scandalo”. Foto di sanitari che scherzano e compiono atti goliardici nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale “Misericordia” di Grosseto sono state pubblicate sul social network. Sospesi un medico e tre infermieri.

Ancora una sentenza (n. 10955) del 27 maggio 2015, in cui la Corte di Cassazione ha affermato la legittimità del licenziamento effettuato dal datore di lavoro nei confronti di un proprio dipendente che utilizzava, a fini personali, Facebook, telefono cellulare e tablet, durante l’orario di lavoro.

I giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come tali attività possano interrompere la prestazione lavorativa e creare un danno all’azienda in termini di produttività e di sicurezza sul lavoro (v. distrazione). Inoltre, hanno statuito come l’eventuale intervento dell’azienda per scoprire questa attività del dipendente, attraverso la creazione di un falso profilo Facebook, non vìola la privacy del lavoratore, né i principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro.

Richiamandoci all’art.42 del codice deontologico

“L’infermiere tutela la dignità propria e dei colleghi, attraverso comportamenti ispirati al rispetto e alla solidarietà”

…crediamo fortemente negli infermieri e nel loro buon senso!

Massimo Randolfi

Massimo Randolfi

INFERMIERE: Nato a Bari, fondatore di Nurse Times e amministratore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", la sua passione per l'infermieristica, l'informazione e per l'informatica lo porta ad essere l'anima tecnica del progetto www.nursetimes.org

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