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Un convegno a Trento su Rsa, anziani e nuove strategie di cura in epoca Covid

Venerdì 2 ottobre e sabato 3 ottobre si è tenuto a Trento un importante convegno organizzato del Centro Studi Erickson, dal titolo «Anziani – dignità, relazioni, cure».

Si è trattato di due giorni di formazione rivolta particolarmente a tutti i professionisti che lavorano nella sanità e nel settore socio-assistenziale, prendendosi cura degli anziani e in generale delle persone più fragili.

A dire il vero, si è trattato del primo grande evento dedicato agli anziani dopo l’emergenza sanitaria che ha fermato il nostro Paese, un evento che ha messo al centro delle discussioni e delle proposte la necessità di fermarsi e fare il punto della situazione, così da elaborare nuove strategie atte a far fronte a quella che, in particolare nelle residenze per anziani, è un’emergenza tutt’altro che finita o superata.

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Al convegno ha preso parte anche la Casa Residenza Anziani “Oasi San Francesco” di Cereggio, situata in provincia di Reggio Emilia, in Appennino, con una delegazione composta da tutte le figure professionali presenti nell’équipe sanitario-assistenziale: la coordinatrice, la Dott.ssa Guya Bianchi, la Responsabile Attività Assistenziali, Carina Noemi Raspo, la Responsabile Attività Sanitarie della struttura, Laura Grassi, l’animatore e due giovani operatrici socio-sanitarie. 

La partecipazione dell’Oasi San Francesco a questo importante meeting formativo, oltre ad offrire importanti spunti di riflessione su come ripartire, è stata occasione di confronto con tante altre realtà legate al terzo settore e con altrettanti professionisti che si sono ritrovati a vivere una situazione che non ha lasciato tregua a nessuno. 

Gli interventi ed i contributi si alternavano con interessanti workshop in cui il pubblico si faceva partecipe attraverso le personali esperienze, ascoltando altresì non solo quelli che possono essere considerati aspetti puramente teorici, ma anche consigli pratici da mettere in atto subitamente. 

È indubbio che la sanità abbia subito uno scossone senza precedenti storici e che esso abbia inevitabilmente travolto anche tutte le realtà residenziali legate agli anziani parzialmente auto-sufficienti e non auto-sufficienti, così come i servizi rivolti alle disabilità, ed è proprio a motivo di ciò che l’assistenza e la presa in carico degli anziani ci pone davanti ad interrogativi ancora più grandi di quelli che già non fossero prima del Covid: la paura della malattia, il dramma della solitudine, l’isolamento, il distanziamento e il tempo limitato per vedere i propri cari. Sono tutti fatti che pesano sia su chi svolge questa professione, che per gli ospiti ed i familiari, che non possono far altro che fidarsi e affidarsi. 

Obiettivo del convegno era proprio quello di sensibilizzare alla necessità di ripartire, fra mille difficoltà, con un chiaro intento migliorativo mettendo in azione quelle che devono assolutamente essere nuove ed efficaci strategie di cura, ovvero di «prendersi cura» degli anziani con maggiori competenze formative e con un risvolto umano che miri all’essere, alla complessità ontologica dell’essere umano che vive di fragilità e da esse mostra la sua bellezza impercettibile se guardata con uno sguardo che non va oltre al muro delle apparenze.

Le difficoltà degli anziani che vivono nelle strutture a loro dedicate hanno bisogno di essere sostenute da uno sguardo tenero ed amorevole, sì, ma che possa anche far fronte alle nuove sfide sanitarie che ci attendono. È richiesto un potenziamento delle competenze sanitarie all’interno di queste strutture, che per troppo tempo hanno svolto un ruolo solo assistenziale, pur con grande passione e professionalità.

Per uno sforzo così grande, però, è richiesto il contributo di tutti, in particolare delle autorità sanitarie competenti: questo passaggio, risuonato come una critica — epperò costruttiva e non fine a se stessa — è emerso anche durante il convegno della Erickson a Trento, dove è stato espressamente chiesto al sistema sanitario nazionale di prendersi a cuore le RSA, non solo a parole chiedendo loro sforzi che da sole non possono sostenere, ma rinforzando quell’apparato sanitario di cui, per loro stessa natura e genesi, sono manchevoli.

Una dei concetti preponderanti durante il meeting è stato quello della crisi a cui ha portato il Covid: «Senza una grossa crisi non può esserci grosso cambiamento».

Proprio da questo aspetto, che se visto attraverso gli occhi di chi vede il bicchiere mezzo pieno funge da risorsa, bisogna ripartire gettando le basi delle nuove fondamenta per il settore socio-assistenziale e sanitario, all’interno del quale gli anziani e in generale tutte le persone deboli e fragili, devono trovare un posto caldo, accogliente e in cui la fiducia reciproca sia il primo, grande obiettivo da conquistare.

Cristiano Lugli

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