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Tutor clinico: ricerca proposta dagli studenti del Cdl in infermieristica del Polo Formativo “Di Venere” (Ba)

L’evento formativo “L’INFERMIERE (incompiuto), NELLE “NUOVE” AREE PROFESSIONALI (I ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità)” che si è svolto presso il Centro Congressi di Pugnochiuso (Vieste FG) il 18/19/20 giugno, organizzato dal collegio IPASVI BARI con NurseTimes media partner, anche quest’anno ha impegnato gli studenti dei Cdl in Infermieristica nel concorso di ricerca che riguardava la produzione di un elaborato scritto o di un poster con proposte originali e inedite, rispondendo alle peculiarità scientifiche e tecnologiche richieste dal seguente titolo: “l’attività del Tutor clinico nel ciclo formativo: definisci un modello di riferimento”.

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La grande partecipazione dei giovani studenti ha prodotto entusiasmo e la presentazione di 3 lavori prontamente ripresi dalla nostra redazione. Il primo proposto dagli studenti del Cdl in infermieristica del Polo Formativo Miulli di Acquaviva Delle Fonti (Ba) già ripreso in precedenza.

Il secondo elaborato presentato dagli studenti del Cdl in Infermieristica del Polo Formativo dell’Ospedale Di Venere di Bari.

Un lavoro eccellente e peculiare che ha visto gli studenti del Polo del “Di Venere” aggiudicarsi il secondo premio consistente nella partecipazione gratuita, (spese alberghiere), all’evento formativo, di rilevanza nazionale, a cui è abbinato per tutti i componenti il gruppo.

PREMESSA

Il sistema educativo sanitario rappresenta uno dei principali sistemi di sostegno della politica sanitaria.

E’ fondamentale, quindi, che esso si orienti dinamicamente verso la risoluzione dei problemi prioritari di salute della comunità ma anche verso quelli di qualità dei servizi sanitari.

Per far questo è necessario che associ doti di professionisti capaci e competenti, inoltre perché ciò si realizzi è anche necessario che la formazione si attrezzi a rispondere a tali nuove esigenze.

L’apprendimento centrato su problemi tiene conto realisticamente dei nuovi scenari in cui i professionisti dovranno in futuro prendere decisioni e orientare le soluzioni.

L’apprendimento professionalizzante si radica dunque nell’esperienza e attraverso l’acquisizione e il comprendere quanto è necessario per svolgere la propria professione.

Quello che la formazione deve sviluppare è un apprendimento autonomo ma non libero, vincolato ma non dipendente, in quanto la responsabilità dello studente è fondamentale nell’organizzare il proprio itinerario ideale.

Tale corso pertanto si rivolge ad una figura professionale particolare: il Tutor clinico.

Perché ciò si realizzi sarà necessario che vi siano formatori in grado di svolgere le funzioni di Tutor clinico, cioè capaci di mettere lo studente infermiere, durante il suo tirocinio in condizioni di fare dall’esperienza una metacompetenza.

Sarebbe auspicabile definire subito il termine competenza.

Questa parola racchiude una vasta gamma di comportamenti, attitudini, conoscenze, motivazioni che riunite in una persona lo rendono capace di esercitare una determinata attività in un determinato contesto operativo.

La prima tappa dell’elaborazione di un programma formativo dovrebbe essere proprio costruire il percorso o il profilo del professionista in relazione proprio delle competenze che deve acquisire.

Poiché il Tutor clinico si rivolge a professionisti futuri infermieri l’intento è quello di formare infermieri che siano in grado di trasformare l’attività quotidiana in esperienza consapevole, a sua volta generatrice o rigeneratrice di competenze che, pertanto, siano in grado di rispondere alle mutevoli esigenze delle persone da assistere.

L’obiettivo di tale corso è di preparare Tutor in grado, durante l’attività di Tirocinio di metterli in condizione di saper gestire e risolvere i problemi.

La valutazione in un cammino così particolare è un elemento di grande peso.

DEFINIZIONE DEI CONTENUTI PER IL TUTOR

In relazione agli obiettivi formativi che il Tutor pertanto acquisirà, si dovrà tener conto nel percorso di quello che deve sapere:

a) Risultare coerente con:

  • Con quanto stabilito con il Dm 739/94;
  • Dalla legge 251/00;
  • Dal Dm 2/4/2001;
  • Dal Codice Deontologico;
  • I problemi prioritari di salute della popolazione e di qualità dei servizi.

Requisiti dell’infermiere – tutor clinico

– Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche

– Esperienza, almeno triennale, nell’ambito della formazione universitaria

– Possesso di formazione specifica

b) Lo studente affiancato dal Tutor dovrebbe saper descrivere le competenze professionali irrinunciabili in relazione alle funzioni professionali attribuite come:

  • Prevenzione/diagnosi precoce ed educazione alla salute;
  • Assistenza infermieristica (pianificazione, attuazione, valutazione);
  • Educazione terapeutica finalizzata all’autogestione della malattia, del trattamento e della riabilitazione;
  • Gestione (pianificazione, controllo valutazione del proprio lavoro e quello del personale di supporto);
  • Consulenza;
  • Formazione;

c) Esprimere una concezione pedagogica professionalizzante centrata sull’apprendimento che comporta un approccio per problemi, l’utilizzo di metodi attivi di apprendimento e la scelta di validi metodi di valutazione;

d) Favorire l’integrazione multidisciplinare attraverso l’articolazione delle attività formative teoriche in corsi integrati a loro volta equilibrati e coordinati con le esperienze di apprendimento clinico.

Alla luce degli obiettivi di principio affermati, il Tutor alla fine del suo percorso formativo deve raggiungere le seguenti competenze di ruolo:

  • Pianificare, fornire, valutare l’assistenza infermieristica globale;
  • Essere membro del gruppo;
  • Agire in collaborazione con altri operatori;
  • Guidare il gruppo;
  • Avvalersi dell’opera del personale di supporto;
  • Contribuire a formare personale di supporto;
  • Assumere le responsabilità inerenti l’assistenza infermieristica.

E’ necessario che egli venga attivamente coinvolto in ambiti di apprendimento in cui:

  • L’approccio assistenziale deve porre al centro la persona;
  • L’organizzazione deve facilitare la presa in carico dell’assistito;
  • Sono documentati i problemi assistenziali e i loro trattamenti;
  • L’uso sistematico della cartella infermieristica;
  • Programmare incontri periodici con i medici, gli infermieri e altri professionisti coinvolti;
  • Attuare modalità strategiche e organizzative che facilitano l’analisi dei problemi da parte del gruppo con la conseguente decisione;
  • Attuare un’organizzazione professionale che responsabilizza l’infermiere;
  • Il tutor è coinvolto nelle prese di decisione.

La figura del tutor oltre che avvalersi di competenze sempre maggiori (dovrà “apprendere l’arte di far apprendere”), dovrà avvalersi di strumenti come l’utilizzo di un Diario di Bordo.

Questo strumento vuole essere un aiuto per il coordinatore-tutor per la definizione di un giudizio il più obiettivo e oggettivo possibile attraverso la raccolta di episodi significativi e determinanti.

Si vuole in tal senso aiutare il giudizio finale attraverso l’analisi degli eventi che andranno a caratterizzare il tirocinio dello studente ed andarlo a valutare mensilmente al termine del tirocinio di reparto o annualmente al termine dell’anno accademico.

Tale diario può accompagnare la scheda di valutazione del tirocinante ed essere uno strumento utile per attingere informazioni sulle tappe significative del percorso formativo.

IL TUTOR CLINICO

La dimensione orientata all’insegnamento è sempre stata presente a quanti hanno inteso il loro compito formativo come un servizio alla persona nella sua globalità e non come una mera trasmissione di conoscenze.

Insegnare implica nello stesso tempo orientare:

  • Sul piano concettuale;
  • Sul piano valoriale;
  • Sul piano professionale.

Quindi un insegnamento che raggiunge gli studenti nello stesso tempo e che orienta a livello personale.

L’orientamento personale facilita l’incontro tra lo studente e l’insegnante, garantendo gradatamente le condizioni ottimali per un incontro efficace tra i due.

Il Tutorato clinico si basa sulla didattica dell’apprendimento per problemi (PBL), è caratterizzato dall’analisi dei problemi legati ad un caso simulato o ad un caso reale, presentati ad un piccolo gruppo di studenti, ai quali viene richiesto di apprendere la capacità di gestire il problema, non attraverso la soluzione fornita dal docente, ma attraverso un processo di apprendimento attivo.

Il settingè il concetto fondamentale, infatti l’azione formativa si svolge in concomitanza all’assistenza clinica ordinaria, in setting come ambulatori, corsie, territorio ecc….

Metodologia, questa, che prevede un’azione riflessiva caratterizzata da due aspetti chiave:

  • Il Tutor è impegnato in due attività professionali; clinica e didattica dove il paziente è al centro di tutto;
  • Lo studente deve imparare quanto proposto nella situazione di apprendimento specifico, differendo la situazione della rielaborazione concettuale rispetto all’osservazione diretta.

In sostanza è utile che lo studente rilevi i problemi del paziente, l’approccio relazionale scelto, le manovre tecnico gestuali, la complessità del conteso sotto il profilo organizzativo-gestionale.

Il tutorato clinico si riconosce soprattutto nell’apprendimento basato sull’acquisizione di competenze.

Quindi è indispensabile definire quali possono essere le competenze professionali per lo studente che intraprende un corso di formazione come quello di Laurea nella professione sanitaria di Infermiere.

Il tutor clinico deve avere altre due caratteristiche:

  1. Padronanza delle proprie competenze, non basta che sappia come si fa, che abbia visto farlo e che abbia cercato di farlo.Deve padroneggiare la propria competenza efficiente e efficace.
  2. Richiede allo studente una solida capacità di autovalutazione e autoregolamentazione per distinguere quando ha raggiunto la padronanza delle competenze, quindi sentirsi realmente responsabile di quanto è necessario fare.Lo studente deve ricevere costantemente stimoli per le sue prestazioni, correggendo e migliorando le proprie performance.

L’apprendimento avviene apprendendo attraverso l’esperienza con il vissuto dell’ammalato, quindi l’apprendimento della teoria viene desunto attraverso l’interpretazione dell’esperienza.Il tutor è come l’allenatore che deve allenare la mente e i muscoli dei propri giocatori, stimolandoli sulla scorta dei risultati ottenuti.

Vicino al letto del paziente lo studente deve essere in grado di sviluppare competenze di tipo etiche, deve stabilire l’esatta relazione e deve saper controllare la sfera emotiva.

I buoni ingredienti possono essere riassunti:

  • Imparare a saper bilanciare una buona comunicazione empatica;
  • Controllo delle ipotesi;
  • Tempestività nel prendere decisioni;
  • Capacità ad assumere responsabilità.

Il Tutor clinico pertanto nel suo mandato formativo abbraccia quattro punti chiave:

  • Insieme degli atteggiamenti;
  • L’area delle conoscenze
  • La sfera dei valori,
  • L’ambito delle abilità.

Con queste caratteristiche il Tutor clinico diventa l’interfaccia privilegiata nel rapporto studente malato, un traduttore di conoscenze e la trasmissione di un linguaggio in cui si esprime l’intelligenza emotiva accanto al ragionamento clinico.

IL SETTING FORMATIVO

Il tutorato clinico è caratterizzato da un setting formativo del tutto peculiare, con un suo margine di adattamento a varie situazioni, ma sempre definito dalla presenza del malato. L’efficacia del setting richiede che entrambi i protagonisti coinvolti nel processo (studente e tutore), sappiano prima di tutto essere attenti alle esigenze del paziente e solo successivamente si sforzino di estrarre da questa situazione tutto l’insegnamento possibile. Ribaltare questi due piani significa spesso limitarli entrambi. L’apprendimento dall’esperienza richiede l’eccellenza dell’esperienza stessa. In questa situazione si crea un continuo feedback reciproco tra il tutore e lo studente e si rende possibile la trasmissione di un modello professionale, attraverso una relazione di tipo maieutico, diversa da quella tradizionale. L’apprendimento della teoria viene desunto non tanto dall’esperienza in se stessa, quanto dall’interpretazione dell’esperienza. Il tutore deve calarsi in un approccio cognitivo simile a quello dell’allenatore, che per migliorare le prestazioni di un atleta non si limita a lavorare sulla sua performance fisica, stimolandolo attraverso i risultati ottenuti, ma utilizza tutti i mezzi a sua disposizione per fargli osservare i processi che sono alla base dei risultati.

Di fatto al letto del paziente maturano i più importanti interrogativi di ordine etico e lo studente è messo davanti alla propria capacità di stabilire una relazione significativa, ricca di calore umano, ma nello stesso tempo contenuta sotto il profilo emotivo. Imparare a bilanciare una buona comunicazione empatica con il controllo critico delle ipotesi e con la tempestività decisionale necessaria non è facile, eppure è parte integrante del processo che porta ad assumere gradatamente la propria responsabilità professionale.

AMPIEZZA DEL MANDATO FORMATIVO

Un’altra caratteristica importante del tutore clinico è la consapevolezza del suo mandato formativo, che abbraccia quattro punti chiave:

  • Knowledge: l’area delle conoscenze
  • Skills: l’ambito delle abilità
  • Values: la sfera dei valori
  • Aptitudes: l’insieme degli atteggiamenti

Per questo il tutore clinico deve essere in grado di pianificare gli obiettivi cognitivi, relazionali e gestuali dello studente all’interno di un quadro di riferimento, caratterizzato da due elementi:

  • Da un lato la verifica e la valorizzazione dell’ampiezza e della profondità delle competenze che lo studente ha già acquisito in precedenza (principio di continuità formativa);
  • Dall’altro una progettualità chiara degli obiettivi da acquisire e della loro scansione temporale realistica, alla luce del profilo professionale che lo studente deve raggiungere nel suo iter formativo.

Senza una conoscenza chiara e verificata dei livelli di partenza dello studente e delle sue potenzialità, è difficile stabilire tempi e ritmi di crescita successiva, per ottimizzare le sue risorse e quelle del contesto in cui dovrà muoversi nel periodo in cui viene affidato al tutore. Una valutazione diagnostica delle sue competenze, realistica e precisa, consente una crescita solida ed equilibrata. Il potenziamento dei meccanismi associativi tra l’esperienza teorica e quella pratica favorisce lo sviluppo di una rete concettuale, che consenta livelli di crescente assimilazione. Il tutore clinico sa perfettamente presente che la competenza richiesta al medico o all’infermiere è una competenza di tipo globale, per cui la preparazione teorica si deve rendere visibile anche attraverso un approccio relazionale, che determini un alto coefficiente di compliance da parte del paziente.

MONITORAGGIO DEL PROCESSO FORMATIVO

Il tutore clinico diventa in questa prospettiva l’interfaccia privilegiata nel rapporto tra studente e malato, una sorta di traduttore qualificato che permette contestualmente l’acquisizione e la trasmissione di un linguaggio, in cui si esprime l’intelligenza emotiva dello studente accanto alle sue incipienti capacità di ragionamento clinico. Il tutore clinico cerca di monitorare l’intero processo di formazione, potenziandole continuamente attraverso opportuni feedback. Si tratta di tre fasi ben precise:

  1. Pianificazione degli obiettivi relazionali e teorico-pratici, tenendo conto di una tassonomia realistica che tenga conto di quanto lo studente già sa e sa fare, per richiamarlo dalla sua memoria, valorizzarlo e fissarlo in un nuovo quadro concettuale. E’ la fase dell’ascolto per percepire i bisogni reali:
  • Dello studente
  • Del paziente
  • Del docente
  1. Attuazione: è importante mostrare allo studente, nei fatti concreti, come impostare un ragionamento, come prendere una decisione, come realizzare un’azione, integrando il momento operativo con la riflessione sottesa, grazie anche alla mediazione del linguaggio descrittivo. Conviene sempre spiegare ciò che si sta facendo, per rafforzare i processi di osservazione, motivando gli interventi e scartando le alternative possibili, secondo le regole della diagnostica differenziale e secondo il principio del rapporto costo-benefici. E’ la fase operativa: momento critico di forte interazione contestuale dei bisogni di tutti: paziente, studente, tutore e istituzione. Il tutore deve tessere alleanze strategiche soddisfacenti con tutti, cercando di coinvolgere ognuno nel proprio livello.
  1. Valutazione degli obiettivi programmati ed effettivamente proposti nel piano di attività concreto, con particolare riferimento alla loro interazione. Lo studente deve raggiungere una solida sintesi concettuale ed operativa, in cui i suoi errori acquisiscono un chiaro valore esperienziale. E’ la fase dell’analisi critica dello studente e del tutore, in vista del miglioramento del processo formativo.

PROGRAMMAZIONE DIDATTICA DEL TUTORE CLINICO

Il lavoro di programmazione didattica del tutore clinico è molto complesso e molti insuccessi nel suo lavoro sono da ascrivere a questa mancanza di consapevolezza, che può produrre una certa superficialità nell’organizzazione degli incontri con gli studenti. La sua esperienza clinica è indispensabile ma non sufficiente e d’altra parte il vecchio atteggiamento che riduceva l’apprendimento clinico ad un processo imitativo del tutore richiede un tale allungamento dei tempi di apprendimento da risultare improponibile.

Gli aspetti essenziali della competenza di un tutore clinico in definitiva appaiono questi due:

  • Saper gestire la relazione con lo studente, nella diversità dei setting formativi;
  • Saper pianificare gli obiettivi formativi secondo un progetto tassonomico.

RELAZIONI GERARCHICHE NEL TUTORATO CLINICO

Il tutore clinico nell’ambito universitario rappresenta il nodo cruciale su cui si concentrano le tensioni potenziali rappresentate dalle diverse istanze del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e quelle del Ministero della Sanità. In un caso appaiono dominanti e prevalenti gli interessi di tipo scientifico e didattico, nel secondo caso quelli di tipo assistenziale. Lo stesso tutore clinico può avvertire la pressione di diverse esigenze, rappresentate dai bisogni dei pazienti, dai bisogni degli studenti e dalla necessità di costruire il proprio curriculum scientifico, indispensabile per legittimare la sua presenza in Università.

La relazione gerarchica del tutore clinico appare particolarmente complessa, perché gli si chiede:

  • Una sostanziale comprensione degli obiettivi fissati dal Consiglio di Corso di Laurea;
  • Una conoscenza effettiva del piano di studi nella sua attuale evoluzione;
  • Una concreta conoscenza degli obiettivi specifici marcati dal coordinatore del corso integrato, nella cui area si collocano il tirocinio e le esercitazioni pratiche;
  • La capacità di comprendere cosa interessa lo studente;
  • La capacità di rispondere ai suoi bisogni formativi ed affettivi;
  • Una piena assunzione di responsabilità personali.

Il tutor clinico si trova quindi a dover rendere conto del suo lavoro in linea gerarchica:

  • Al primario dell’area da cui dipende (focus sul paziente)
  • Al docente-coordinatore del corso integrato (focus sullo studente)
  • Al CCL (focus sul coordinamento)
  • Al servizio di Orientamento e tutorato (focus sulla formazione)

E non per via gerarchica, ma per responsabilità diretta:

  • Agli studenti
  • Ai pazienti

La figura del tutor è una figura complessa; il suo ruolo sembra essere soprattutto quello di un facilitatore dell’apprendimento. Non deve solo sapere ma deve essere in grado di orientare chi deve apprendere. Una guida insomma.
Questo vale anche per il tutor online: non è semplicemente un tecnico che interviene in caso di difficoltà con la piattaforma e che si limita a verificare le attività dei corsisti in termini quantitativi. Deve essere anche un esperto dei contenuti del corso (anche se può essere affiancato da degli esperti) e deve essere in grado di attivare delle strategie didattiche.
Il tutor quindi ricopre essenzialmente tre ruoli: organizzativo, sociale e didattico. Deve essere: un coordinatore (organizza le lezioni); un moderatore (fa socializzare i corsisti); un docente (svolge una funzione didattica).

Infine con la valutazione si scatta l’esatta fotografia dei tutori e degli studenti coinvolti nel tirocinio clinico. Questo è il momento di osservazione massima delle prestazioni effettuate, degli eventuali errori commessi nel processo e dei possibili suggerimenti che si possono dare per migliorare nel futuro le proprie performance.

ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA DI TUTORATO NEI CORSI UNIVERSITARI

Il sistema di tutorato dei corsi universitari dell’area infermieristica deve essere garantito da personale qualificato appartenente al profilo professionale di Infermiere. In tutti questi anni le tante esperienze hanno messo in evidenza che le potenzialità di questa figura sono state poco utilizzate. La conferma del ridotto valore attribuito a questa figura da parte delle istituzioni universitarie la si trova nell’ambito dell’esperienza del tutorato clinico. Infatti, la quasi totalità delle esperienze nelle Università vede gli Infermieri svolgere la funzione di tutor nell’ambito dell’attività clinica. Tale organizzazione comporta per le Aziende Sanitarie un ridotto dispendio di risorse umane ed economiche anche se a svantaggio dell’apprendimento degli studenti e della conseguente qualità della formazione. Tale funzione, svolta da personale non preventivamente formato all’uopo, aggiuntiva rispetto all’attività clinica di certo non consente al discente di acquisire la giusta familiarizzazione del contesto operativo, non consente di sviluppare le capacità di lavoro in équipe finalizzate all’implementazione del pensiero critico, all’autonomia nel processo decisionale e nella comunicazione terapeutica. Insomma una sorta di fallimento del progetto formativo universitario. Il “sistema” dovrebbe essere organizzato utilizzando, oltre a un congruo e preparato numero di Tutor, personale di ruolo assegnato alla struttura di formazione sede di corso. Così facendo, si creerebbero tutti i presupposti per offrire una formazione di qualità. Un professionista con un ruolo riconosciuto è portato ad investire energie e risorse per acquisire le competenze necessarie per ricoprirlo bene.

LA FIGURA DEL TUTOR IN PUGLIA

Attualmente i corsi di laurea di I e II livello e i corsi master dell’area infermieristica attivati presso l’Università degli Studi di Bari non prevedono ancora un valido sistema di tutorato capace di rispondere alle esigenze di apprendimento degli studenti dei predetti corsi. Infatti, leggendo con attenzione il protocollo d’intesa tra Regione Puglia e Università degli Studi di Bari e le consequenziali convenzioni attuative, stipulate tra le Aziende Sanitarie sedi di corso e la stessa Università, si nota come in questi documenti non è previsto un congruo numero di tutor necessari a un efficace sistema di tutoraggio. Nelle convenzioni attuative viene riportato genericamente il numero delle persone assegnate al corso di laurea, spesso non corrispondente alla realtà delle cose. Inoltre, l’ultimo regolamento dell’Università degli Studi di Bari prevede, relativamente al sistema di tutorato, solo degli assistenti di tirocinio, senza specificare il numero e la modalità operativa degli stessi.

Gli attuali percorsi formativi universitari fanno riferimento alle più moderne metodologie per favorire l’apprendimento attivo da parte dei discenti. A tal fine l’attività di tutorato è orientata allo sviluppo della professionalità del futuro infermiere. Pertanto, diventa pregnante la previsione e la presenza di un efficace sistema di tutorato presso tutti i corsi universitari dell’area infermieristica. È pur vero che lo stesso decreto sui requisiti minimi non prevede il numero di tutor. Questo però non deve rappresentare un alibi per l’Università! Infatti, basti vedere le esperienze delle altre Università italiane che, al contrario di quello che accade presso l’Università degli Studi di Bari, destinano un’attenzione particolare al sistema di tutorato prevedendo una presenza congrua e di qualità.

CONCLUSIONI/PROPOSTA

La letteratura, così come accennato, suggerisce che l’Infermiere-Tutor deve essere titolare del ruolo, pertanto, bisogna assegnare personale con il ruolo di Tutor, sia didattico che clinico. Per individuare le migliori professionalità, deve essere svolta una regolare selezione tra gli aventi diritto (personale di ruolo in servizio presso il SSN). Da un punto di vista quantitativo, è plausibile ipotizzare un rapporto di un Infermiere-Tutor per ogni 25 studenti frequentanti.

L’auspicio è che si metta mano ad un regolamento aziendale, più volte formalmente dichiarato come impegno personale dal direttore generale, che riconosca al tutor, innanzitutto la responsabilità del ruolo rispetto a quanto previsto dall’ordinamento didattico e altresì il e legittimo riconoscimento economico.

In allegato il Diario di Bordo

Giuseppe Papagni

Nato a Bisceglie, nella sesta provincia pugliese, infermiere dal 94, fondatore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", impegnato nella rappresentanza professionale, la sua passione per l'infermieristica vede la sua massima espressione nella realizzazione del progetto NurseTimes...

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