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Tumore del colon retto: “soft robot” e “robot capsula” per uno screening più tollerabile

Ogni anno viene diagnosticato un tumore del colon retto a 2 milioni di persone nel mondo e, purtroppo, quasi 1 milione muoiono della stessa malattia. In Europa i numeri si attestano fra i 500 e i 600mila, con più di 300mila decessi all’anno. La ragione è una sola: non abbiamo ancora capito l’importanza del fare lo screening. Se n’è parlato nel corso di “ONCOnnection Stati Generali Nord Ovest – Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle D’Aosta”, evento promosso da Motore Sanità.

“Sottoporsi a una colonscopia è imprescindibile oltre una certa età e salva la vita, ma pochi lo fanno”, ha commentato Alberto Arezzo, professore associato di Chirurgia generale del Dipartimento di Scienze chirurgiche all’Università degli Studi di Torino, nonché dirigente medico di Chirurgia generale 1 alla Città della Salute e della Scienza di Torino.

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Il problema è che l’esame al colon è ritenuto dai più come fastidioso e richiede una preparazione anch’essa non sempre ben tollerata, per via dei liquidi da assumere in discreta quantità. Questo spiega la bassa adesione ai programmi di screening.

La tecnologia, però, sta facendo passi da gigante anche in questo campo, come spiega il professor Arezzo: “Ci sono due strategie che si possono attuare e che non è detto che non vengano proposte in maniera combinata: per risalire all’interno dell’intestino in maniera tollerabile, non è sufficiente utilizzare uno strumento flessibile, che poi molto flessibile non è”.

“E ancora: “È sicuramente preferibile utilizzare uno strumento ‘soffice’, come un cosiddetto ‘soft-robot’. Ecco perché stiamo sviluppando dei robot che si gonfino prendendo forma all’interno dell’intestino e che possano quindi avanzare in maniera del tutto impercettibile per il paziente, dei cosiddetti eversion robot

“.

Sempre Arezzo: “La seconda possibilità è quella di usare delle capsule che invece di essere ingoiate, vengono introdotte come fossero suppost. Queste capsule, possiedono dei magneti a bordo e risalgono lungo il colon a ritroso trascinate da un campo magnetico determinato da un magnete permanente esterno, governato da un robot. Così facendo, eseguono una colonscopia in tutto e per tutto identica alla colonscopia standard, ma senza il dolore determinato dalla spinta da tergo che distende l’intestino”.

Conclude Arezzo: “Sia gli eversion robot, sia le capsule sono in grado di navigare all’interno di un intestino anche non perfettamente pulito e di eseguire in maniera migliore quello che si chiama il colon wash. Tradotto: la preparazione per la colonscopia si potrà limitare a una dieta e, magari, a qualche farmaco per rendere le feci più soffici”.

Redazione Nurse Times

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