A partire dal 1978, data in cui in Inghilterra nacque la prima bambina con l’impiego della PMA, le tecniche si sono sviluppate e diffuse in tutto il mondo e, ad oggi, sono più di cinque milioni i bambini nati grazie alla fecondazione artificiale.
Tutte le procedure descritte possono utilizzare embrioni e gameti (spermatozoi dell’uomo e ovociti della donna) “a fresco” oppure tecniche cosiddette di crioconservazione. La crioconservazione prevede il congelamento e la conservazione in azoto liquido a temperature bassissime, pari a -196°C, di spermatozoi, ovociti o embrioni, al fine di mantenerli in vita per un tempo prolungato, che vengono scongelati al momento del loro utilizzo.
La crioconservazione può essere applicata anche ai gameti donati. Si ricorre alla donazione dei gameti quando nella coppia uno dei due partner, o entrambi, soffrono di una malattia che non consente di utilizzare le proprie cellule.
Sarà il medico specialista sulla base delle specifiche necessità di ogni coppia, a consigliare la procedura più adatta; non esiste, infatti, una tecnica migliore o meno efficace dell’altra. Il medico dovrà tenere sempre in considerazione l’età della donna poiché la fertilità femminile diminuisce con il passare degli anni a causa di una riduzione irreversibile della quantità e qualità degli ovociti presenti nelle ovaie.
In Italia, l’applicazione delle tecniche di riproduzione assistita è regolata dalla legge n. 40 del 2004. Presso l’Istituto Superiore di Sanità è attivo un Registro Nazionale della PMA che raccoglie, analizza e pubblica i dati relativi all’applicazione, all’efficacia, alla sicurezza e ai risultati di tali tecniche. Al Registro sono iscritti tutti i Centri di PMA pubblici e privati (compresi quelli convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale).
Le tecniche di I livello prevedono il monitoraggio dell’ovulazione, la stimolazione delle ovaie e l’inseminazione.
È la più diffusa tra le tecniche di base della procreazione medicalmente assistita.
Nelle procedure di inseminazione artificiale gli spermatozoi possono essere depositati nella vagina (si parla di inseminazione intravaginale, IVI), nel canale cervicale (inseminazione intracervicale, ICI), nelle tube (inseminazione intratubarica, ITI) o nell’addome (inseminazione intraperitoneale, IPI). La tecnica più usata prevede che gli spermatozoi, presenti nel liquido seminale, siano immessi per mezzo di un piccolo tubo di plastica (detto catetere), direttamente nell’utero della donna per facilitare l’incontro con l’ovocita (inseminazione intrauterina, IUI).
È una procedura considerata di I livello poiché minimamente invasiva, semplice, praticamente indolore e senza necessità di alcuna anestesia.
Può essere eseguita seguendo il ciclo fecondo della donna e la sua ovulazione naturale (ciclo spontaneo) o sottoponendola ad una leggera terapia farmacologica ormonale in grado di stimolare l’ovaio a produrre più ovociti durante lo stesso ciclo (si parla di induzione della crescita follicolare multipla).
In questo tipo di procedura riproduttiva è necessaria una corretta preparazione dello sperma, poiché dal liquido seminale, raccolto il giorno stesso in cui avviene l’inseminazione artificiale, vengono selezionati gli spermatozoi mobili con normale forma e struttura ed eliminate eventuali sostanze tossiche quali, ad esempio, batteri e spermatozoi non vitali.
Alle coppie con un problema di infertilità maschile lieve, sterilità inspiegata o endometriosi minima o moderata nella donna, possono essere offerti fino a sei cicli di inseminazioni intrauterine, così da aumentare le possibilità di ottenere una gravidanza.
È chiaro che, con una inseminazione semplice, le probabilità di successo variano in base all’età della donna. Si parte da un valore di possibilità di rimanere incinta pari al 12,7% per le donne di età inferiore o uguale a 34 anni, fino a scendere a un valore del 3,2 % per le donne di età superiore o uguale ai 43.
Le tecniche di procreazione medicalmente assistita di II e III livello sono quelle più complesse, invasive e che richiedono un’anestesia locale o generale.
Le più utilizzate sono la fecondazione in vitro e trasferimento dell’embrione nell’utero della donna (FIVET) e la iniezione dello spermatozoo nel citoplasma dell’ovocita (ICSI).
In queste procedure si utilizzano sia ovociti sia embrioni non congelati (non crioconservati) ma cosiddetti a “fresco”, vale a dire appena fecondati; oppure, si utilizza la procedura “da scongelamento” nel caso in cui gli ovociti, o gli embrioni, siano stati inizialmente congelati e poi scongelati per essere impiantati.
Le probabilità di ottenere una gravidanza con le tecniche “a fresco” di II e III livello dipende da vari fattori. Uno dei principali, oltre alla causa della sterilità, riguarda l’età della donna che si sottopone al trattamento, poiché più è giovane e in età fertile, maggiore è la probabilità di avere una gravidanza.
È una tecnica di riproduzione assistita che permette di fecondare, all’esterno del corpo femminile, l’ovulo della donna con lo spermatozoo dell’uomo.
Di frequente, prima di eseguire questa procedura, la donna è sottoposta a una cura ormonale, per stimolare maggiormente le ovaie da cui, sotto controllo ecografico e in anestesia locale e/o in sedazione profonda, saranno prelevati gli ovociti.
All’uomo, invece, viene chiesto di prelevare un campione del proprio liquido seminale (sperma) da cui, dopo un’attenta analisi e valutazione, saranno selezionati gli spermatozoi più adatti per la riproduzione.
Dopo la fecondazione artificiale in laboratorio (ottenuta con un ago microscopico che introduce uno spermatozoo all’interno dell’ovulo precedentemente prelevato) e il periodo di incubazione di circa 1 o 2 giorni, gli ovuli fecondati si trasformano in pre-embrioni.
È a questo punto che uno o più embrioni vengono introdotti, tramite un catetere, nell’utero della donna.
Il numero degli embrioni da creare e da trasferire nell’utero, strettamente necessario a ottenere una gravidanza, è deciso di volta in volta per ogni coppia tenendo conto dell’età della donna e della sua storia riproduttiva.
Qualora si decida per il trasferimento di un solo embrione e ve ne fossero altri in sovrannumero, essi saranno crioconservati per futuri tentativi di impianto e gravidanza.
Scoperta in Italia negli anni ’90, prevede, come nella FIVET, che l’incontro di ovocita e spermatozoo (gameti) avvenga all’esterno del corpo della donna. In questa procedura, però, la fecondazione è ulteriormente aiutata.
È utilizzata per risolvere tutti quei casi di grave infertilità maschile in cui, a causa della mancanza di un numero sufficiente di spermatozoi (meno di 1.500.000 per millilitro di liquido seminale) o della loro ridotta capacità di movimento, non può avvenire una fecondazione spontanea. Con questa procedura si aiuta tecnicamente lo spermatozoo a penetrare nell’ovulo (ovocita) poiché da solo (o anche ricorrendo alla FIVET) non ci riuscirebbe.
Qualora nel liquido seminale del partner non fossero presenti spermatozoi adatti alla fecondazione, si può tentare il prelievo direttamente dal testicolo ricorrendo ad altre tecniche.
La fecondazione dell’ovocita avviene con una iniezione diretta di un singolo spermatozoo all’interno del citoplasma (parte della cellula) dell’ovulo. Poi, dopo l’avvenuta fecondazione, si procede al trasferimento dell’embrione nell’utero seguendo una procedura simile a quella utilizzata nella FIVET.
È una procedura riproduttiva usata molto raramente tanto che, anche nell’ultima raccolta dati del Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita, non sono stati registrati interventi di fecondazione attuati con questa metodica.
È consigliata alle coppie che esprimono il desiderio di evitare una fecondazione extracorporea. Si tratta, infatti, di una tecnica che prevede il prelievo dei gameti maschili e femminili (spermatozoi ed ovociti) e il loro trasferimento contemporaneo, tramite un piccolo catetere, nella tuba di Falloppio in modo che la fecondazione possa avvenire in modo naturale.
Si utilizza la donazione dei gameti (ovulo o spermatozoo) quando uno dei due genitori è sterile e, di conseguenza, per ottenere una gravidanza è necessario usare un gamete di una terza persona, il cosiddetto donatore.
Nell’aprile 2014 la Corte Costituzionale (sentenza 162) ha dichiarato illegittimo il divieto di fecondazione eterologa (con gamete di una persona esterna alla coppia) imposto dalla Legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita.
Ad oggi, quindi, anche in Italia le coppie che non hanno reale e documentata possibilità di concepire un figlio a causa di problemi di sterilità, o infertilità incurabile, possono utilizzare la donazione di gameti, sia maschili (spermatozoi contenuti nel seme), sia femminili (ovociti) esterni alla coppia stessa per sottoporsi a tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Tale procedura in Italia è lecita solo per le coppie di sesso diverso, sposate o conviventi con infertilità diagnosticata. Non possono utilizzare la donazione di gameti né donne single, né coppie dello stesso sesso.
Redazione NurseTimes
Fonte: ISS
Bibliografia
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