Tavi: Fondazione Poliambulanza di Brescia primo centro italiano in uno studio internazionale

La ricerca segna un significativo passo avanti nel trattamento mini-invasivo della stenosi della valvola aortica.

La Fondazione Poliambulanza di Brescia, con il suo Valve Team, composto da cardiochirurghi e cardiologi interventisti, è il primo centro in Italia ad aver preso parte a uno studio clinico internazionale che ha coinvolto 15 ospedali in Europa e che segna un significativo passo avanti nel trattamento mini-invasivo della stenosi della valvola aortica, una delle malattie più comuni delle valvole cardiache, che colpisce in Italia circa il 3% della popolazione oltre i 75 anni.

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Si tratta dello studio Optimize Pro, promosso da Medtronic, azienda specializzata nell’HealthCare Technology, che prevede l’impiego di una tecnica procedurale innovativa per l’esecuzione di interventi Tavi (Transcatheter aortic valve implantation – impianto valvolare aortico transcatetere), che ha portato a un evidente miglioramento degli esiti clinici. Le novità dello studio – riferisce una nota – riguardano la modalità di posizionamento della valvola aortica transcatetere Tavi, l’utilizzo degli smart glasses durante la procedura, nonché la valutazione di innovativi protocolli relativi alla gestione dei pazienti sottoposti a Tavi.

A effettuare questo trattamento di ultima generazione è stato Diego Maffeo, responsabile dell’Uo di Emodinamica della Fondazione Poliambulanza di Brescia, con l’equipe composta da Matteo Saccocci

e Luca Bettari. L’intervento è stato osservato e guidato da remoto da Douglas Fraser, dell’ospedale Manchester Royal Infirmary, coordinatore dello studio, grazie all’utilizzo dell’innovativa tecnologia degli smart glasses. Questi sono occhiali interattivi muniti di videocamera, auricolari, microfono e visualizzatore di contenuti multimediali, che permettono di condividere lo stesso campo visivo del medico che sta effettuando l’intervento.

Si prevede che l’applicazione di questa nuova modalità di posizionamento, insieme al monitoraggio da remoto di eventuali disturbi del ritmo cardiaco, possano portare a una riduzione dei giorni di degenza e a un efficientamento del percorso di cura, con un beneficio duplice, sia per il paziente, sia per il Servizio sanitario nazionale.

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