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Sla, a noi infermieri rimane uno sguardo malinconico e un sorriso bugiardo e la convinzione di andare avanti nonostante tutto

La prevalenza, cioè il numero dei pazienti che convive con la SLA, è in media 5-7 casi ogni 100.000 abitanti/anno, in aumento soprattutto grazie ai miglioramenti nella diagnosi della malattia. In Italia si contano circa 5000 pazienti affetti da SLA.

Sla. Parola veloce da pronunciare ma lunghissima per chi c’è l’ha. È facile dire: Sla… Tre lettere… la storia di un combattente che pian piano è crocifisso

Per noi operatori sanitari la Sla è la malattia del motoneurone e subito pensiamo alla velocità di una motocicletta ma in realtà è lentissima e pian piano ti immobilizza. La Sla: quante strutture sanitarie sono in grado di assistere questi pazienti?

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In Italia sono ancora pochi i centro Nemo e ambulatori. Si incomincia a chiamare il fisioterapista per i muscoli degli arti inferiori quando non li muovi più oppure ti prendi un antidolorifico per i dolori. Poi lentamente diventi un dipendente altrui. Hai bisogno che ti portino sulla sedia e poi ti ritrovi immobile con un materasso anti-decubito nel letto.

Diventi disfagico e ti accorgi di non ingoiare più le compresse. Quindi ti visita il logopedista e l’otorino che ti indirizzano verso una dieta semiliquida ma non fai in tempo e ti ritrovi un sondino naso – gastrico con la pappa pronta. Ma poco dopo, ti ritrovi con una Peg senza sapere il perché. Incominci a non respirare allora andiamo con gli occhialini, maschera da venturi e infine con la C- PAP. Ti portano in rianimazione, ti intubano e ti confezionano una bella tracheostomia collegata al ventilatore sperando che il tuo motoneurone non ceda. E devi sperare che nel frattempo non ti procuri una bella lesione da decubito.

Sla 3 lettere che dicono tutto. A noi infermieri rimane uno sguardo malinconico e un sorriso bugiardo ma la convinzione di andare avanti nonostante tutto.

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) – conosciuta anche come “Morbo di Lou Gehrig”, nome del famoso giocatore statunitense di baseball che ne fu colpito, o “malattia di Charcot”, dal neurologo francese che per primo alla fine dell’800 la definì, è una malattia neurodegenerativa tipica dell’età adulta.

La patologia è caratterizzata dalla progressiva paralisi muscolare, causata dalla degenerazione dei motoneuroni nella corteccia motoria primaria, nel tratto cortico spinale e nel midollo spinale. L’età media di insorgenza della SLA sporadica è di circa 60 anni, con esordio più precoce nei casi familiari.

Nell’ultimo congresso della società italiana di neurologia è stato sottolineato, che i valori massimi di frequenza si registrano nella fascia di età fra i 70 e i 74 anni.

Un altro aspetto importante è che lo studio dell’epidemiologia della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è difficile perché:

  • si presenta con quadri molto eterogenei,
  • non esistono criteri diagnostici generali o relativi ai diversi quadri,
  • i marcatori biologici sono poco riproducibili
  • la sua incidenza è da malattia rara, cioè bassa.

In generale vi è una leggera prevalenza maschile (rapporto M: F ~ 1.5: 1). L’incidenza, ossia il numero di nuovi casi diagnosticati in un anno, è di 1-3 su 100.000 abitanti, con 3 nuove diagnosi ogni giorno.

La prevalenza, cioè il numero dei pazienti che convive con la SLA, è in media 5-7 casi ogni 100.000 abitanti/anno, in aumento soprattutto grazie ai miglioramenti nella diagnosi della malattia. In Italia si contano circa 5000 pazienti affetti da SLA

.

Fra i farmaci impiegati nella SLA, in ricerca o in clinica, ci sono aggiornamenti sull’associazione fra destrometorfano e chinidina, sull’edaravone e sul riluzolo.

D’altra parte, si interviene sui meccanismi fisiopatologici o sui sintomi della SLA: dalla ciclofosfamide, all’acido taurodesossicolico, una molecola fisiologicamente presente nella bile. I risultati disponibili non dimostrano ancora l’efficacia delle cure con cellule staminali nella SLA e nelle altre malattie del motoneurone.

Purtroppo i centri Nemo specializzati nelle cure a questi ammalati sono ancora pochi in Italia.

La Sla viene definita bulbare quando il paziente diventa disfagico, dispnoico e manifesta disartria con la compromissione del nervo glossofaringeo.

Oppure SPINALE, nella quale vengono compromessi i motoneuroni del midollo spinale. Tale forma interessa circa i due terzi dei pazienti con SLA e si presenta con sintomi legati alla debolezza muscolare e atrofia focale, in cui i sintomi iniziali possono essere distali o prossimali degli arti superiori e inferiori. A poco a poco gli arti atrofici possono sviluppare spasticità, che colpisce l’abilità manuale e l’andatura.

Questi pazienti vengono, dopo la degenza ospedaliera, trasferiti in strutture idonee e poi a discrezione del paziente e dei parenti mandati a casa. Verranno seguiti dall’ADI territoriale con la cura della tracheostomia, aspirazione delle secrezioni, sostituzione della controcannula, della medicazione della Peg. Attorno al paziente ruota una equipe composta dal medico di famiglia, medico responsabile dell’Adi, pneumologo, dermatologo, neurologo, infermiere, fisioterapista, oss.

Ma in sostanza la maggior parte del lavoro è affidato ai famigliari che diventano caregiver e che si improvvisano oss, infermieri. Questi ammalati allo stadio finale comunicano attraverso gli occhi tramite le tavole di Etran fatti in materiale di poliestere, su cui sono stampati lettere e numeri.

Avranno un materasso antidecubito per prevenire le lesioni da decubito, pannoloni per incontinenza fecale e il catetere vescicale. Sono soggetti ad alto rischio di infezioni a causa della tracheostomia, peg, catetere vescicale e formazione di lesioni da decubito. Compito dell’infermiere è dare una buona educazione sanitaria famigliare sulla prevenzione di infezioni e lesioni. Spesso vengono ricoverati in ospedale e purtroppo non trovano reparti idonei con personale non adeguatamente aggiornato.

Molti non sanno cos’è la SLA, attualmente ci sono anche campagne pubblicitarie informative su questa malattia brutale e bestiale racchiusa in tre lettere.

Giovanni Grumo

Redazione Nurse Times

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