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Scrivere il proprio nome sul copricapo in sala operatoria migliora la sicurezza per il paziente?

Il Dott. Rob Hackett è stato accolto da sguardi confusi e ironici, le prime volte che ha cominciato a presentarsi in sala operatoria con il nome e la professione scritta sulla propria cuffia.

Il Dott. Rob Hackett è stato accolto da sguardi confusi e ironici, le prime volte che ha cominciato a presentarsi in sala operatoria con il nome e la professione scritta sulla propria cuffia.

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“Rob, Anestesista” scritto sul suo copricapo è il modo in cui questo giovane anestesista australiano si presenta ai propri colleghi di sala e ai pazienti.

Perché lo faccia, a dispetto delle battute che gli sono costate i primi tempi da parte dei colleghi più sarcastici, è presto detto, provare a ridurre la possibilità di ritardi ed identificazioni in contesti molto grandi in cui si fa fatica a ricordare i nomi di tutti gli operatori con il fine di migliorare la sicurezza nell’erogazione delle cure ai pazienti.

A sei mesi di distanza, e grazie ad un’ostetrica britannica che ha lanciato l’ashtag in rete #TheatreCapChallenge, quest’iniziativa sta riscontrando il favore di un numero crescente di chirurghi ed altri operatori, e non solo in Australia.

In sala operatoria, i volti degli operatori che indossino mascherina e copricapo sono per lo più irriconoscibili impedendo altri membri dello staff di capire con chi stiano lavorando, e non vi sembri strano che sia così, in Australia un anestesista può lavorare per più di una struttura ospedaliera e quindi non è affatto scontato che ci si possa ricordare il nome di tutti i colleghi con cui si collabora.

E in caso di emergenza anche i secondi contano, e questo è quello su cui fanno leva i sostenitori della campagna.

È molto più facile coordinare quando si conoscono i nomi di tutti, è fantastico per il cameratismo ed è ottimo anche per i pazienti“, ci ricorda il Dott. Hackett che, ad esempio, sostiene che le donne sottoposte a parti cesarei potrebbero beneficiare nel riconoscere i nomi e il ruolo di ciascun operatore guardando semplicemente i loro copricapi.

Nelle sale operatorie di tutto il mondo, si applica la check-list di sala operatoria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per aumentare la sicurezza delle cure chirurgiche, la stessa prevede che tutti gli operatori si presentino prima di cominciare il turno, il Dott. Hackett ci rammenta di come molto spesso gli operatori saltino questo passaggio.

La campagna ha incontrato resistenza da parte di alcuni operatori sanitari, di solito i più anziani, i quali ritenevano la campagna inutile.

La campagna ricorda la campagna #hellomynameis promossa dalla Dott.ssa Kate Granger, morta di cancro nel 2016.

Il Dott. John Quinn, Direttore del Dipartimento chirurgico presso il Royal Australian College of Surgeons, ha dichiarato che la campagna #TheatreCapChallenge è stata “una bella idea“.

Tutto quello che aumenta la sicurezza per i pazienti nelle sale operatorie è una buona cosa“, ha ribadito il Dott. Quinn, anche se non ritiene che possa incidere più di tanto sulle migliori pratiche, tanto più che si utilizza già la check-list di sala operatoria. Continua tuttavia dicendo “Non vedo un lato negativo”.

Come ci ricorda il Presidente dell’Ordine degli anestesisti australiani, il Prof. David Scott della New Zealand College of Anesthetists, “qualsiasi mossa che tenda al miglioramento del coordinamento tra i vari membri del team in sala operatoria vale la pena di essere fatto, tanto più se – come ci ricorda –  nessuna strategia farà una differenza drammatica, ma sapere chi si trova in una sala operatoria significa che i componenti del team saranno in grado di comunicare in modo più efficace“.

Nessuno studio è stato ancora condotto, e quindi il quesito di apertura, rimane al momento irrisolto. Di certo ogni iniziativa che miri a migliorare le comunicazioni tra gli operatori può solo far bene ai pazienti e agli operatori stessi.

Rosaria Palermo

https://www.smh.com.au/national/health/rabblerousing-surgical-staff-wear-their-names-on-their-caps-to-stop-mixups-and-improve-patient-safety-20171211-h02o1c.html

 

Rosaria Palermo

Infermiera dal 1994. Attualmente, infermiera specialista del rischio infettivo presso l'ARNAS Garibaldi di Catania. Ho una laurea magistrale e due Master, uno in Coordinamento e l'altro in Management del rischio infettivo. Faccio parte del Direttivo di ANIPIO (Società Scientifica degli Infermieri Specialisti del Rischio Infettivo) dal 2016. Penso che lo scatto nella nostra professione debba essere culturale, prima di ogni cosa. Nelson Mandela diceva che la conoscenza è l'arma più potente di cui gli esseri umani dispongano, ed è ciò che permetterà alla nostra professione di ritagliarsi gli spazi che le competono.

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Rosaria Palermo

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