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Sclerosi multipla secondaria progressiva: risultati positivi dal trapianto di cellule staminali cerebrali

Il trapianto di cellule staminali cerebrali in pazienti affetti da sclerosi multipla secondaria progressiva è sicuro, molto ben tollerato e con possibili effetti duraturi e protettivi da ulteriori danni al cervello dei pazienti. È quanto emerge dallo studio coordinato dall’Ospedale IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza (CSS) di San Giovanni Rotondo (Foggia)e ideato dal professor Angelo Vescovi, dell’Università di Milano – Bicocca, direttore Scientifico dello stesso IRCCS, in collaborazione con il professor Stefano Pluchino, dell’Università di Cambridge.

I risultati di questa sperimentazione clinica di fase 1, pubblicati sull’autorevole rivista Cell Stem Cell – che gli dedica l’onore della copertina – aprono finalmente la via agli studi clinici di fase 2 in questa devastante malattia. Il trapianto di cellule staminali neurali direttamente nei ventricoli laterali del cervello è stato effettuato per la prima volta nell’uomo, coinvolgendo 15 pazienti affetti da sclerosi multipla secondaria progressiva in fase avanzata.

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Lo studio rappresenta un passaggio fondamentale nello sviluppo di terapie cellulari avanzate per le forme progressive di sclerosi multipla, patologia per la quale non esiste attualmente una terapia curativa.

Alla sperimentazione hanno partecipato anche l’AOSP S. Maria di Terni, l’Università del Colorado e l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) di Lugano, in Svizzera, presso il quale è stata centralizzata la valutazione delle immagini radiologiche. Lo studio, in parte supportato dalla Fondazione CARIT (Terni), generosamente sostenuto dalla Regione Puglia, è stato avviato su iniziativa di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita dello Stato Vaticano.

Come sottolineato dal professor Vescovi, le cellule staminali cerebrali utilizzate sono scevre da problematiche etiche in quanto isolate da feti deceduti per cause naturali. È inoltre particolarmente rilevante il fatto che, da un singolo donatore, sia stato possibile ottenere un numero virtualmente illimitato di queste cellule staminali. Questo significa che, nelle sperimentazioni a seguire, si potranno usare le stesse cellule per tutti i trattamenti, risolvendo l’enorme problema della mancanza di riproducibilità tra studi diversi, dovuto principalmente all’uso di cellule provenienti da diversi donatori.

I pazienti sottoposti al trapianto sono stati monitorati per 12 mesi. Durante l’intero anno non sono stati riscontrati decessi o eventi avversi gravi dovuti al trattamento.

Gli effetti collaterali sono stati modesti, temporanei e comunque reversibili. Tutti i pazienti all’inizio del trial clinico mostravano alti livelli di disabilità – erano per esempio costretti ad utilizzare la sedia a rotelle –, ma nel corso del monitoraggio di dodici mesi non hanno mostrato alcun aumento del grado di disabilità o un peggioramento della sintomatologia. Nessuno dei pazienti ha inoltre mostrato sintomi che indicassero una recidiva o, segni di progressione clinica, suggerendo una sostanziale stabilità della patologia.

Un aspetto degno di nota è inoltre emerso dalla valutazione post-trapianto del “volume cerebrale complessivo”

. Nei pazienti sottoposti al trapianto, si è osservato che, tanto più alta era la dose di cellule staminali trapiantate, tanto più si notava una diminuzione del volume cerebrale. L’ipotesi è che il fenomeno possa essere legato a un effetto antiinfiammatorio o anche neuroprotettivo dovuto all’azione delle cellule staminali cerebrali iniettate.

Questa interpretazione ha trovato ulteriore riscontro nei rilevanti cambiamenti molecolari che le cellule staminali cerebrali hanno prodotto nel corso dello studio clinico.

I ricercatori hanno infatti misurato, nel fluido cefalorachidiano (che bagna il cervello e le sue cavità) dei pazienti trapiantati, le variazioni nei livelli di alcune molecole collegate ai meccanismi attraverso i quali il tessuto nervoso utilizza e metabolizza gli acidi grassi, anche per produrre energia. Si è osservato come, quanto maggiore fosse la dose di cellule staminali trapiantata, tanto maggiori fossero i livelli di acidi grassi rilevati nel liquido cefalorachidiano dei pazienti. Aspetto di notevole importanza è che i livelli persistevano elevati per un periodo di almeno un anno dal trapianto.

Il professor Stefano Pluchino ha affermato: “È assolutamente necessario sviluppare nuovi trattamenti per le forme progressive di sclerosi multipla e siamo molto soddisfatti dei risultati che abbiamo ottenuto e che rappresentano un passo in avanti fondamentale per lo sviluppo di terapie cellulari per il trattamento della sclerosi multipla”.

Il professor Angelo Vescovi ha commentato: “Siamo consapevoli del fatto che il nostro studio ha delle limitazioni legate alle sue piccole dimensioni e a possibili effetti confondenti derivati dai farmaci immunosoppressivi. Ciononostante, il fatto che il nostro trattamento sia sicuro e che gli effetti correlino con la quantità di cellule iniettate, mantenendosi per oltre 12 mesi, significa che possiamo procedere alla fase successiva del trial clinico (fase 2), anche grazie alla disponibilità delle cellule staminali già prodotte e conservate nell’officina GMP (autorizzata AIFA) di Casa Sollievo della Sofferenza, grazie alla quale – unico caso al mondo – la disponibilità del farmaco cellulare non sarà più un problema”.

Entrambi gli scienziati hanno concluso: “Ci sono voluti quasi 30 anni dalla scoperta delle cellule staminali cerebrali per arrivare a questo trattamento terapeutico sperimentale. Ora si apre la strada verso studi di efficacia più ampi, che seguiranno a breve”.

Redazione Nurse Times

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