Sanità pugliese, il boom della spesa farmaceutica vanifica il risparmio derivante dai tagli al personale

È quanto emerge dal rapporto annuale sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali, inviato al Parlamento dalla Corte dei conti.

Cinque anni di gestione lacrime e sangue della sanità pugliese hanno portato a risparmiare due punti e mezzo percentuali sul costo del personale. Ma gli effetti dei piani di rientro, valutabili grossomodo in 60 milioni di euro l’anno, sono stati “mangiati” dal boom della sanità privata e delle forniture, cresciute queste ultime di quasi il 20%: il sistema spende oggi 318 milioni in più rispetto al 2012, a fronte di un aumento dei finanziamenti statali pari nello stesso periodo a 221 milioni. Un incremento lordo del 4,4%, il peggior risultato d’Italia.

A dirlo è la Corte dei conti, nel rapporto annuale al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali. Un documento che, appunto, fa emergere come l’effetto dei tagli (che per la Puglia, nel periodo considerato, hanno portato alla chiusura di 12 ospedali) sia stato molto parziale: per quanto permangano partite debitorie importanti (991 milioni per la Puglia), i conti sono tornati in equilibrio. Ma i risparmi prodotti, che dovevano indurre una miglior allocazione delle risorse, sono finiti dritti dritti nelle tasche dei fornitori, soprattutto per via del boom della spesa farmaceutica (330 milioni di extratetto). Tra 2015 e 2016 c’è stata, è vero, una lieve inversione di tendenza (la spesa per l’acquisto di beni è diminuita di 33 milioni), ma è presto per dire se si tratti di un risparmio strutturale.

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L’unica buona notizia per i pugliesi è che dal 2012 al 2016 è diminuita, e di molto, l’incidenza del ticket. Da 63,8 milioni si è scesi infatti a 47 milioni, ma – per quanto è possibile comprendere dall’incrocio con i dati Aifa – si tratta di risparmi (peraltro comuni a quasi tutte le Regioni) dovuti al minor numero di pezzi acquistati in farmacia. Ne consegue, tra l’altro, una conferma del boom del costo dei medicinali e, soprattutto, dell’ancora scarso ricorso ai generici. Difficile usare questi dati per affermare che ci si cura meno. Basti dire che in una regione ricca come il Piemonte i ticket sono calati in cinque anni di quasi il 26%.

I risparmi dunque non hanno fin qui finanziato la riorganizzazione virtuosa del sistema, se è vero – come annotano i giudici contabili – che sul fronte della griglia Lea (i Livelli essenziali di assistenza), la Puglia è passata da un giudizio “adempiente” nel 2014, al giudizio “inadempiente” nel 2015 (i dati ufficiali del 2016 non sono ancora disponibili, ma dovrebbero vedere la Puglia tornare in zona verde). Tra le criticità, oltre alle vaccinazioni per il morbillo (su cui ha inciso molto la recente campagna per l’obbligo), anche gli screening, la prevenzione veterinaria e soprattutto la percentuale di ricoveri chirurgici inappropriati. Parametri, questi ultimi, su cui il cronico deficit di personale che affligge gli ospedali pugliesi incide fino a un certo punto: screening e inappropriatezza derivano da carenze organizzative.

I dati elaborati dalla Corte dei conti si fermano al 2016, che il tavolo di verifica dei ministeri ha chiuso con un disavanzo tecnico di circa 38 milioni di euro (per la Regione il saldo era positivo di 4,3 milioni) a fronte del quale la Regione ha impegnato 43 milioni sul bilancio autonomo (cioè dalle tasse versate da tutti i cittadini). Il 2017 dovrebbe chiudersi in sostanziale pareggio e – questa è l’ipotesi – senza la necessità di dover ricorrere a ulteriori coperture. Ma questi dati, letti nel complesso, spiegano l’atteggiamento cauto dei ministeri rispetto al Piano operativo presentato dalla Regione, in cui si chiede il via libera a stabilizzazioni e nuove assunzioni di personale

, che dovrebbero essere finanziate dai risparmi sulla farmaceutica, circa 280 milioni nel biennio 2017-2018: un risultato che per ora è stato raggiunto solo in piccola parte.

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

 

Redazione Nurse Times

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