Calci, pugni e schiaffi a disabili: otto arresti a Venosa nel potentino

Calci, pugni, schiaffi e “trascinamenti a terra” per essere trasferiti dal corridoio alle stanze 

Calci, pugni, schiaffi e “trascinamenti a terra” per essere trasferiti dal corridoio alle stanze 


Era quello che subivano in una struttura riabilitativa alcuni dei 140 disabili; molti dei quali affetti da sindrome di Down e da autismo, ospiti di una struttura riabilitativa di Venosa, nel Potentino, secondo quanto ricostruito dalla procura lucana.

Sono otto tra educatori ed assistenti ai disabili finiti agli arresti domiciliari.

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In tutto 15 le misure cautelari, compresi due provvedimenti di interdizione dalla professione per due medici; cinque divieti di dimora a Venosa, fra cui padre Angelo Cipollone, dei Padri Trinitari, direttore e legale rappresentante dell’Istituto medico psico-socio pedagogico “Ada Ceschin Pilone”.

L’inchiesta “Riabilitazione invisibile” coordinata dalla Procura di Potenza è partita dalla denuncia della madre di un paziente.

La donna più volte aveva notato sul corpo del figlio ematomi e graffi, e dopo essersi rivolta al personale dell’istituto, riceveva in risposta “sempre spiegazioni evasive e di comodo”.

Le indagini sono state condotte anche con intercettazioni audio-video e telefoniche.

Oltre alla consulenza di psicologi e psichiatri, che avrebbe rilevato continui maltrattamenti. I pazienti, anche se necessitavano di riabilitazione, venivano  trascurati, non venivano condotte attività ricreative e dai video sono emersi episodi in cui hanno subito calci e pugni e sono stati trascinati a terra per le stanze.

Secondo le indagini, c’era una “deliberata indifferenza e trascuratezza” degli educatori rispetto agli “elementari bisogni assistenziali affettivi e riabilitativi dei pazienti”.

In un caso, ad esempio, due degli arrestati stavano giocando a carte dando le spalle ai pazienti. Inoltre, dall’esame delle 22 cartelle cliniche sequestrate, è emerso che gli unici due medici della struttura non avevano registrato negli anni l’invio di alcuni pazienti al pronto soccorso per ferite e traumi cranici.

I reati contestati sono concorso in maltrattamentifalso ideologico e omissione in atti d’ufficio.

Redazione NurseTimes

Roberta Di Leo

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