Ravenna, false vaccinazioni per ottenere il Green Pass: indagati medico e papà no vax di una 12enne

Davanti al gip il dottor Mauro Passarini ha dichiarato di non aver chiesto soldi per i vaccini simulati.

È indagato per peculato, falso ideologico e corruzione nell’inchiesta ravennate sulle false vaccinazioni. Si tratta di Mauro Passarini, medico di base e ginecologo di 64 anni, nato a Bologna ma residente a Marina di Ravenna, dove ha uno studio convenzionato con l’Ulss Romagna (un altro ce l’ha nel quartiere Darsena, a ridosso della stazione ravennate). Lui stesso ha confermato di aver simulato alcune vaccinazioni per permettere a persone no-vax, alcune delle quali provenienti anche da Belluno, di ottenere il Green Pass, ma ha ribadito di non aver mai ricevuto soldi in cambio del “favore”.

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«Non ho mai preso un soldo», ha spiegato nell’ultimo interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari. Nemmeno quei 1.555 euro trovati nelle sue tasche il 17 ottobre scorso, dopo la prima perquisizione della polizia. Poco prima, dal suo studio era uscita una bambina di 12 anni accompagnata dal padre bellunese e dalla sua compagna. L’ipotesi accusatoria è che siano stati loro a consegnargli quella somma in cambio di tre Green Pass ottenuti tramite finta vaccinazione.

Tre gli indagati: oltre al medico, un poliziotto suo paziente, che avrebbe eseguito un accesso abusivo nel sistema informatico della questura per ottenere informazioni sull’indagine in corso, e il padre bellunese della 12enne. Sempre nell’interrogatorio Passarini ha raccontato di aver vaccinato la bambina solo con la seconda dose del 17 ottobre. Ma è davvero così?

L’indagine è partita a Belluno il 6 ottobre scorso dall’esposto in Procura di una donna residente nel capoluogo che non si fidava delle parole del suo ex compagno. L’uomo, residente a San Gregorio nelle Alpi e contrario al vaccino anti-Covid, raccontò di aver fatto vaccinare la figlia a Ravenna. Una circostanza che insospettì la madre: perché percorrere 292 chilometri per eseguire un vaccino che poteva essere effettuatro anche a Belluno? Seguirono gli accertamenti sierologici

, che diedero esito negativo. In quei giorni la minore era priva di anticorpi, e ciò contrasterebbe con quanto dichiarato dal medico, cioè di averle somministrato la dose di vaccino.

Scattò così la perquisizione nell’ambulatorio di Passarini, dove furono trovate fiale fuori dal frigo, e dunque “scadute”. Di qui l’arresto del medico, che ora si trova ai domiciliari, mentre l’inchiesta passò alla Procura di Ravenna per competenza territoriale. Davanti al gip lo stesso medico ha precisato che, sugli oltre 290 pazienti da lui vaccinati, la vaccinazione è avvenuta per tutti quelli venuti da fuori regione (ad esempio da Belluno, Torino, Udine, Venezia), cioè una quarantina.

L’idea sarebbe maturata a Padova, dove aveva conosciuto diversi no vax durante alcuni corsi di meditazione ai quali aveva preso parte. La sua posizione, però, rischia di peggiorare. Il medico ha infatti aggiunto che, dopo la prima perquisizione nell’ambulatorio, alcuni no vax che avevano ricevuto due dosi simulate (ma registrate nel sistema informatico ministeriale) si erano spaventati al punto da chiedere di nascosto una terza dose, stavolta reale.

Passarini ha allora utilizzatole ultime fiale di Pfizer ritirate dall’Ulss Romagna, conservate però a temperatura ambiente, e quindi inutilizzabili. Nel frattempo la Procura di Ravenna ha ordinato accertamenti per la ricerca di eventuali impronte digitali sulle banconote consegnate dal papà bellunese.

Redazione Nurse Times

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