Normative

Rapporto infermiere/Oss e la gerarchia in sanità. Replica dell’Aadi

Recentemente sono apparsi alcuni articoli che sminuiscono o addirittura disconoscono il rapporto gerarchico esistente tra infermiere e O.S.S., evidentemente sostenuti da un fervore di questi ultimi, mirato ad appropriarsi di una indipendenza e dignità che però nulla hanno a che fare con le regole del diritto

Recentemente sono apparsi alcuni articoli che sminuiscono o addirittura disconoscono il rapporto gerarchico esistente tra infermiere e O.S.S., evidentemente sostenuti da un fervore di questi ultimi, mirato ad appropriarsi di una indipendenza e dignità che però nulla hanno a che fare con le regole del diritto

La gerarchia non significa schiavitù, ma soccombenza: in senso discendente si manifesta con il potere di imporre la volontà, mentre in senso ascendente con l’irresistibilità a tale potere.

Il potere è ovviamente connesso alle attività imprenditoriali e non certo a meri interessi personali, perché in quest’ultima ipotesi si sconfinerebbe in illeciti penali che vanno dalla violenza privata fino alla schiavitù.

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Questo è appunto il discrimine che separa l’esercizio legittimo del potere datoriale (ius variandi) dall’abuso o eccesso di potere.

Prima di affrontare l’argomento “gerarchia”, si devono necessariamente stabilire le definizioni lessicali dei termini coinvolti, così come ha per esempio operato il D.Lgs. 8 aprile 2003 n. 66.

Soggiacere al potere, dal lat. subiacēre, propr. «giacere sotto», comp. di sub «sotto» e iacēre«giacere», significa “stare, essere posto al di sotto, essere sottomesso, obbedire, essere sopraffatto, soccombere, piegarsi a qualcuno o a qualcosa” – Dizionari Treccani e Il Sabatini Coletti.

Il termine gerarchia introduce il “Rapporto di superiorità e di subordinazione tra uffici e tra le persone che li occupano; l’insieme delle persone ordinate secondo tale rapporto” – Dizionario Treccani.

Ai vari livelli di raggruppamento (V. il sistema Grouping studiato in diritto del lavoro avanzato), corrispondono livelli di autorità, esercitata dall’organo di comando (superiore) nei confronti degli organi del livello immediatamente inferiore (subordinati) che, a loro volta, possono essere organi operativi o organi di comando di unità organizzative.

L’insieme di queste relazioni di autorità costituisce la gerarchia aziendale o organigramma.

Un livello gerarchico è costituito dagli organi di pari grado, collocati lungo la linea gerarchica, che non dipendono gerarchicamente gli uni dagli altri ma da elementi immediatamente superiori.

In termini contrattuali, il livello gerarchico è stabilito dalle categorie che comprendono diversi profili perché definiscono un diverso contenuto funzionale (mansionale) ma indipendente: es. infermieri categoria D e fisioterapisti categoria D, hanno medesima categoria e quindi si pongono sullo stesso livello gerarchico per cui non c’è sudditanza dell’uno rispetto all’altro, ma indipendenza funzionale.

Un livello gerarchico si pone come un microsistema gerarchico che vive parallelamente agli altri: livello infermieristico, costituito dalla catena gerarchica dei diversi profili infermieristici; livello tecnico, costituito dalla catena gerarchica dei diversi profili tecnici e così via.

L’apicale denoterà il punto di comando comune e così il dirigente infermieristico si occuperà della catena gerarchica infermieristica mentre quello tecnico si occuperà del ruolo tecnico e così via.

Primo punto indiscutibile della trattazione è che l’O.S.S. è inserito nella catena gerarchica infermieristica, tanto è vero che il dirigente infermieristico dispone di lui, trasferendolo, assegnandolo, gestendo completamente ogni potere datoriale nei suoi confronti.

Infatti il dirigente infermieristico, ai sensi dell’art. 2095 C.C., è all’apice delle categorie dei prestatori di lavoro.

I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai.

L’art. 2095 costituisce la catena gerarchica discendente, cioè i rapporti di potere esistenti tra categorie di lavoratori, in cui gli operai sono posizionati all’ultimo posto.

Difatti il co. 2 precisa che le leggi speciali e le norme corporative (le norme corporative sono state abrogate, quali fonti di diritto, per effetto della soppressione dell’ordinamento corporativo, disposta con R.D.L. 09 agosto 1943 n. 721 e sostituite con il contratto ai sensi dell’art. 1372 C.C.: “Il contratto ha forza di legge tra le parti”), in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie.

Si ritorna, quindi, ai livelli gerarchici che separano le diverse catene di comando secondo la propria specialità stabilita dalla struttura organizzativa dell’impresa o dalla diversa tipologia produttiva (ramo d’azienda) per cui, un coordinatore infermieristico, benché sopraelevato nella scala gerarchica rispetto ad un fisioterapista, non può subordinarlo per estraneità di profilo funzionale.

In poche parole ognuno può esercitare il potere gestionale esclusivamente all’interno della propria area di competenza, determinata dall’organizzazione aziendale.

La struttura organizzativa gerarchica si chiama “organigramma”.

L’organigramma è la rappresentazione grafica di una struttura organizzativa corrente o in un certo momento storico.

È composto da.

  • rettangoli, che rappresentano gli enti (o anche organi, unità organizzative, reparti);
  • linee, che rappresentano le relazioni gerarchiche o talora funzionali tra gli enti.

All’interno dei rettangoli viene indicata solitamente la denominazione dell’ente, la sua eventuale sigla, il responsabile ed eventualmente altre informazioni ritenute utili.

Tra gli enti si distinguono:

  • gli organi di line, che hanno autorità gerarchica sugli enti sottoposti;
  • gli organi di staff, che sono di supporto agli enti di line (es. segreterie, uffici studi, ecc.).

La rappresentazione grafica può essere:

  • piramidale: si estende molto in larghezza;
  • a bandiera: si estende in altezza;
  • misto: per ragioni di spazio si rappresentano alcuni livelli di organigramma in modo piramidale ed i successivi a bandiera;
  • ad albero: in alcuni sistemi informativi si ha una rappresentazione simile a quella delle directory.

In un organigramma di ambito sanitario, anziché “acquisti” si potrebbe scrivere “direzione sanitaria” e poi “amministrativa”, “economato” e così via.

Basterebbe visitare un ospedale per capire com’è strutturato.

Nei rettangoli più piccoli si possono inserire i vari uffici e nella parte che riguarda la direzione sanitaria si possono inserire le varie unità produttive cioè le UOC (neurologia, pediatria, ecc.), tutte indipendenti.

All’interno delle unità produttive esiste una stretta struttura gerarchica che assegna compiti e controlli ai vari attori (e relative responsabilità).

Il numero di subordinati che dipendono da un superiore è detto ampiezza del controllo (span of control).

In generale questo numero tende ad essere tanto più ampio quanto più i superiori e i loro subordinati sono capaci e competenti e le attività da controllare sono ripetitive e semplici.

Viceversa, l’ampiezza di controllo tende a restringersi in presenza di attività difficili, nuove e complesse.

Le strutture organizzative si distinguono in piatte o alte, secondo che abbiano un ridotto o più elevato numero di livelli gerarchici.

A parità di numero di addetti, una struttura piatta avrà unità organizzative di maggiori dimensioni rispetto ad una alta.

Nelle strutture piatte, inoltre, l’ambito di controllo è tendenzialmente più ampio che nelle strutture alte.

Le strutture piatte comportano minori costi, avendo meno posizioni manageriali da retribuire; inoltre la minore distanza tra vertice aziendale e organi operativi velocizza e rende più tempestivi i processi decisionali e di comunicazione, evitando anche distorsioni interpretative.

Di contro, le strutture alte consentono un più efficace controllo dei superiori sui subordinati, in correlazione ad un più ristretto ambito di controllo.

Il Grouping, prima citato, consiste nel raggruppamento degli organi, secondo un determinato criterio, in unità organizzative

 alle quali è generalmente preposto un organo di comando (il responsabile dell’unità organizzativa).

In questo contesto l’azienda stabilisce i limiti entro i quali strutturare la catena gerarchica, tanto che un caposala di un reparto non può esercitare la sua autorità sugli infermieri di un altro reparto.

Tale struttura non è imposta dalla legge, bensì dal libero e discrezionale potere del datore di lavoro.

Allo stesso modo le unità organizzative possono essere raggruppate in unità di livello superiore; la stessa azienda può essere pensata come il raggruppamento di più alto livello, al quale è preposto l’alta direzione (o direzione generale).

Tralasciando la vastissima scienza manageriale che si occupa di Grouping, si deve stabilire quale catena gerarchica insiste nell’unità operativa.

Prendiamo ad esempio un reparto di degenza dove ogni lavoratore svolge le proprie mansioni: medici di I e II fascia, coordinatore infermieristico, infermieri, OO.S.SS.

Esiste gerarchia fra questi profili?

L’infermiere può rifiutarsi di eseguire una prestazione legittimamente disposta dal medico?

L’infermiere può replicare al medico che non intende somministrare un farmaco prescritto perché non accetta ordini da lui?

Alla domanda risponde l’art. 28, par. h) del C.C.N.L. 01 settembre 2001 del Comparto Sanità: “(Doveri del dipendente) eseguire le disposizioni inerenti all’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartite dai superiori. Se ritiene che la disposizione sia palesemente illegittima, il dipendente è tenuto a farne immediata e motivata contestazione a chi l’ha impartita, dichiarandone le ragioni; se la disposizione è rinnovata per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione, salvo che la disposizione stessa sia vietata dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo”.

Quindi c’è qualcuno che impartisce disposizioni?

C’è qualcuno che si sottomette a queste disposizioni?

Allora c’è gerarchia cioè sottomissione.

Parimenti l’art. 17 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, recita: “(Limiti al dovere verso il superiore). L’impiegato, al quale, dal proprio superiore, venga impartito un ordine (verbale) che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza allo stesso superiore, dichiarandone le ragioni. Se l’ordine è rinnovato per iscritto, l’impiegato ha il dovere di darvi esecuzione. L’impiegato non deve comunque eseguire l’ordine del superiore quando l’atto sia vietato dalla legge penale”.

Oltre al contratto e alla legge, il codice civile all’art. 2104 così dispone: “Diligenza del prestatore di lavoro. Il prestatore di lavoro deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende”.

Ci sono ancora dubbi che l’organizzazione del lavoro è disposta su livelli gerarchici ben definiti?

Esiste un superiore? Allora esiste un subordinato (inferiore rispetto la scala gerarchica).

Qualcuno impartisce disposizioni ad un altro? Allora comanda ed è superiore.

Qualcuno è obbligato ad osservare le disposizioni impartite da qualcun altro? Allora soccombe e viene comandato.

La giurisprudenza in materia ha sempre utilizzato tali termini nell’uso descrittivo dei casi in esame.

Per esempio la sez. Lavoro, sent. n. 17344/2004, definisce gli impiegati “sottoposti” ai quadri; la sent. n. 16804/2003 afferma che il funzionario di banca, essendo un quadro, “si colloca in posizione inferiore rispetto a quella di dirigente”.

Ma se anche questo non bastasse a dimostrare l’esistenza del rapporto gerarchico discendente tra infermiere e O.S.S., si veda Cass. Lav., 16 ottobre 2017 n. 24356 che così ha deciso: “… anche le fasce economiche della stessa categoria costituiscono livelli gerarchici tra colleghi”.

Abbiamo visto che l’organigramma, ovvero il sistema gerarchico è organizzato dal datore di lavoro ed è precisato nel contratto.

L’organigramma è disposto dalla “declaratoria delle qualifiche funzionali”, che in ambito sanitario pubblico è inserita nella parte finale del C.C.N.L. 2002-2005 stipulato il 19 aprile 2004.

Nel nostro sistema la piramide gerarchica è di tipo ascendente e quindi si parte con la categoria A e si conclude con la categoria Ds.

L’O.S.S. è collocato in categoria B o al massimo Bs (nella contrattazione universitaria è collocato in C1 mentre l’infermiere generico è in C2).

Alla categoria D è collocato, in posizione gerarchicamente sovraordinata all’O.S.S., l’infermiere: “Appartengono a questa categoria i lavoratori che, ricoprono posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa nell’ambito di strutture operative semplici previste dal modello organizzativo aziendale”.

Se ciò non bastasse, è utile esaminare il profilo dell’operatore socio sanitario, rinvenibile nell’Accordo Conferenza Stato-Regioni 22 febbraio 2001: 1. L’operatore socio sanitario svolge la sua attività in collaborazione con gli altri operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella sociale, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.

Questo è il significato di equipe e non quello creato ad hoc per significare anarchia professionale.

Equipe significa scambiarsi informazioni e agire per un fine comune, ma sempre nel rispetto dei rispettivi ruoli e mansioni, senza dimenticare mai il posto che debitamente si ricopre all’interno dell’azienda.

Il ruolo di dominus dell’assistenza è assegnato all’infermiere e non all’O.S.S., così come stabilisce il D.M. 14 settembre 1994 n. 739 – Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere: “l’infermiere è l’operatore sanitario (non socio-sanitario come l’O.S.S.) che è responsabile dell’assistenza generale infermieristica … identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi (non li formula l’O.S.S.); pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico (non l’O.S.S.); garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche e per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto” cioè degli O.S.S..

L’attività di supporto dell’O.S.S. si spiega con le mansioni esecutive, che realizzano l’ideazione progettuale dell’infermiere diretta a soddisfare i bisogni di assistenza.

Come la strumentista supporta il chirurgo per realizzare l’intervento, così l’O.S.S. supporta l’infermiere, quale dominus dell’assistenza, per realizzare quanto pianificato e subisce la gestione delle proprie attività da parte dell’infermiere, in un rapporto collaborativo, ma pur sempre legalmente e contrattualmente gerarchico.

Segreteria Nazionale Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico

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