Provate a immaginare cosa pensa un malato di COVID che abbia ancora la forza smanettare su internet e leggere i giornali telematici o i social.
S’imbatte in piatti succulenti e disquisizioni sul farabutto Maradona che avrebbe fatto anche cose buone, oppure sul Dio Maradona che avrebbe fatto anche cose orripilanti. Un po’ come Mussolini. A Maradona certamente non gli fregherà un cazzo però dei vostri discorsi. Ormai.
Si discute se sia opportuno o meno addobbare la città di luminarie.
Quel che possa pensare un ammalato mentre tutto il resto dell’umanità pensa ad altro, è una domanda che mi sono sempre posto. Ricordo quando lavoravo in Ematologia: in quel reparto i pazienti vi dimorano parecchio tempo, spesso, più volte nell’arco della loro vita, e purtroppo, a volte non ne escono vivi.
Ricordo una giovane mamma arrivata subito dopo aver partorito, le diagnosticarono una grave patologia ematologica, fu talmente improvvisa che non ebbe neanche il tempo di vedere il suo bambino. Era isolata in una stanza sterile, ma tutti giorni suo marito arrivava con una videocassetta (in quel tempo non esistevano cellulari) e dopo aver indossato la stessa tuta sterile che oggi inaspettatamente indossiamo noi, entrava e le mostrava il figlio che non aveva ancora abbracciato.
Ricordo che una sera del 24 dicembre, mentre smontavo alle 22, felice di tornare a casa per poter passare il Natale con la mia famiglia, mi soffermai a guardare dentro la stanza. La paziente osservava i vetri umidi di pioggia, mentre giocose goccioline zigzagavano come sciatori provetti, in lontananza, delle luci intermittenti sui balconi, rendevano la citta come un presepe.
Pensai a quanto sia triste rischiare di morire, a quanto lo sia in ogni momento, ma anche a quanto debba essere più triste morire mentre tutti sono presi da altre faccende.
Provate dunque a immaginare cosa pensa un ammalato di COVID.
Sì è vero, gli ammalati e i morti ci sono sempre stati e sempre ci saranno, e io l’ho sempre saputo. Ma provate a immaginare di essere al suo posto e a capire cosa gli farebbe più piacere.
Volete le luminarie? Non le volete? Tutto sommato non ha importanza. Accendiamole sui nostri balconi e illuminiamo dalle nostre case la città, come segno di speranza.
Testimonianza di Rino Negrogno
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