Normative

Processo di trasfusione di sangue e/o emocomponenti: facciamo chiarezza

La somministrazione di sangue, emocomponenti e emoderivati è regolamentata dal Decreto legislativo n°191 del 2005, normativa di attuazione della direttiva 2002/98/CE. Questo decreto stabilisce norme di qualità e sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti. Tale normativa ha abrogato la L. 107/90 “Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti e per la produzione di plasma derivati” e i decreti del 3 Marzo 2005 “Protocolli per l’accertamento dell’idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti”.

Quando parliamo di emotrasfusione, ci riferiamo alla somministrazione all’assistito di sangue intero e emocomponenti. Non si parla, invece, di trasfusione quando sono somministrati plasma derivati. La distinzione appena esposta è importante, in quanto, nella trasfusione i rischi a cui si può andare incontro sono di natura infettiva e trasfusionale, mentre, nella somministrazione di plasma e plasma derivati, il rischio è soltanto di tipo infettivo. Quando parliamo di somministrazione, poi, ci riferiamo a un processo lungo e complesso che non si esaurisce con il semplice atto tecnico di infusione del farmaco e che necessita di precise conoscenze e competenze proprie della scienza infermieristica.

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Negli anni 70, con la L. 1256/71, viene affermato che “ la trasfusione di sangue e degli emoderivati deve essere eseguita sotto costante controllo del medico. Il contenitore di sangue inviato dal centro deve essere trasfuso soltanto ad un malato in un’unica trasfusione. Sulla cartella clinica devono essere registrati gli estremi del contenitore, la data, l’ora di inizio e della fine della trasfusione”. Anche la legge 107/90, abrogata dal D Lgs del 2005, così come sopra riportato, non aggiungeva nessuna innovazione in tal senso. Inoltre, in questo periodo storico, era in vigore il DPR 225/74, l’obsoleto ma famoso mansionario. Anche le sentenze emesse in questi anni erano, ovviamente, in accordo con la normativa del tempo, affermando, come nel caso della sentenza della corte di cassazione n°171/82, che “(…) non è delegabile all’infermiere, quanto meno in tutte le fasi di preparazione e di esecuzione, ivi compreso il controllo sulla corrispondenza tra il sangue da trasfondere e il paziente”.

Nel 1993, la commissione nazionale per le trasfusioni ha redatto delle linee guida protocollari finalizzate a regolamentare tutti i momenti dell’atto trasfusionale. In questo documento viene definito il processo di trasfusione di sangue come un atto medico precisando che competeva al medico tutta l’attività di somministrazione di sangue e/o emoderivati.

Poi, nel 1994, è stato emanato il nostro profilo professionale con Decreto Ministeriale n°739 e, 5 anni dopo, ha visto la luce la L. 42/99 che, tra le tante cose, ha abrogato il mansionario, inserendo come criteri guida il profilo professionale, il codice deontologico e, in senso negativo, le competenze previste per le altre professioni sanitarie e per la professione medica. La legislazione di interesse infermieristico ha continuato, e continua tuttora, a disegnare un professionista infermiere sempre più autonomo e capace di dare risposte di alta qualità ai bisogni dei cittadini.

Per quanto riguarda la professione medica, però, non vi sono norme che ne regolamentano il campo proprio di attività. Viene generalmente considerato atto medico, pur non esistendo alcuna definizione, un  atto dove, per la sua elevata complessità, vi è la necessità della competenza, capacità e abilità di un medico.  Oggi, quindi, il mansionario non esiste più e la normativa definisce l’infermiere come un professionista sanitario autonomo e, quindi, è assolutamente impensabile continuare a pensare alla trasfusione di sangue ed emocomponenti come un atto medico. E’ ovvio che la decisione e la relativa prescrizione di trasfusione sia un’attività di esclusiva competenza del medico ma, sicuramente, non è la stessa per il processo di somministrazione che comprende, anche, l’identificazione della corrispondenza tra gruppo sanguigno della sacca da trasfondere con quello dell’assistito.

Con i DM del 25 e 26 Gennaio 2001 viene superato il lavoro della commissione nazione per le trasfusioni redatto nel 1993. Si afferma che “presso ogni struttura trasfusionale, deve essere adottato, per ciascuna unità di sangue e/o di emocomponenti distribuita, un sistema sicuro di riconoscimento del ricevente a cui la sua stessa unità è stata assegnata, con l’indicazione se siano state eseguite le prove di compatibilità. Ogni unità di sangue e/o di emocomponenti, all’atto della distribuzione, deve essere accompagnata dal modulo di trasfusione recante i dati del ricevente, la cui identità deve essere verificata immediatamente prima della trasfusione”.

In conclusione, quindi, forti delle norme attualmente in vigore, l’esecuzione della trasfusione è un atto sanitario che può essere eseguito indifferentemente dal medico o dall’infermiere in relazione alle esigenze organizzative, assistenziali e cliniche.

Carmelo Rinnone

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