Calabria

Picc team infermieristico domiciliare: esperienze a confronto al Congresso di Praia a Mare

Un evento importante quello calabrese, che si ripeterà fra due anni con il "III° Workshop in Picc Oncology Congress”. Un appuntamento con l'eccellenza della sanità calabrese e di tutto il sud Italia da non perdere

Grande partecipazione ed interesse in Calabria per il Picc Oncology Congress arrivato alla seconda edizione

Si è tenuto presso il resort Borgo di Fiuzzi di Praia a Mare, nei giorni 24 – 25 maggio u.s. l’evento che ha mobilitato gran parte dei rappresentanti della rappresentanza professionale, delle società scientifiche, del mondo sanitario, associazionistico e politico. Infermieri e medici provenienti da ogni parte del sud Italia insieme per discutere di nuovi modelli organizzativi in sanità in favore dei pazienti oncologici e delle cure palliative.

Il congresso, presieduto da Gianfranco Filippelli e Angela Riccetti, con Luigi Aloia responsabile scientifico.

Il PICC è un catetere venoso centrale inserito per via periferica, destinato ad un utilizzo sia continuo che discontinuo, per un periodo di tempo di norma compreso tra una settimana e tre mesi. Il PICC consente quindi tutti gli utilizzi tipici dei cateteri venosi centrali ma rispetto a questi, presenta i seguenti vantaggi:

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  • evita il rischio di complicanze meccaniche alla inserzione, tipico della puntura venosa centrale diretta, ha un basso rischio di complicanze batteriemiche, un minor rischio di trombosi venosa centrale;
  • può essere posizionato da personale medico o infermieristico adeguatamente addestrato, non necessita di competenze di tipo anestesiologico o chirurgico;
  • può essere utilizzato anche in modo discontinuo, senza aumentare il rischio di complicanze ostruttive o infettive, preservando il patrimonio venoso.

Il PICC team è costituito da una equipe di infermieri e medici, specificatamente addestrati.

I temi trattati, di grande interesse scientifico, hanno catturato l’attenzione degli oltre 200 partecipanti. Il congresso incentrato sulle necessità sempre più cogenti circa l’integrazione terapeutica ospedale – territorio, con le esperienze organizzative di altre realtà sanitarie regionali.

Fino a poco tempo fa, l’impianto veniva effettuato solo nei presidi ospedalieri, ma la necessità di alzare la qualità della vita del paziente, anche quando è in condizioni difficili o in fin di vita, ha spinto la medicina a tentare di applicare le cure palliative anche a casa, dove il malato rimane in un ambiente famigliare. In molte zone d’Italia il progetto è già attivo da tempo, ma la delicatezza delle operazioni, che necessitano di un ambiente sterile, impongono tempi lungi e soluzioni ben definite.

Il Picc team nelle cure domiciliari, con gli infermieri sempre più protagonisti all’interno dell’equipe multidisciplinare.

In apertura della seconda giornata la dott.ssa Riccetti direttrice del Distretto Tirreno insieme al dott. Dina dell’Oncologia del presidio di Paola (CS) diretto dal dottor Gianfranco Filippelli, tracciano il percorso assistenziale che accompagna il paziente oncologico fino all’ambulatorio infermieristico del Picc team dislocato sul distretto di Amantea e Praia a Mare, il cui responsabile è il dott. Luigi Aloia.

Un lavoro d’integrazione tra ospedale e territorio anche con il supporto di nutrizionisti e oncologi dedicati.

“Un ringraziamento particolare all’associazione “Diego Pugliese” e a tutte le associazioni che hanno partecipato” chiosa il dott. Luigi Aloia. “In particolare, l’associazione “Diego Pugliese” è vicina a noi da anni per questo lavoro che stimo mandando avanti per i pazienti oncologici e non. Ultimamente ha elargito una importante donazione per il poliambulatorio di Paola. Questo ha fatto sì che il privato e il pubblico interagissero nel processo di umanizzazione delle cure”, conclude Aloia.

Interviene il presidente dell’Opi di Cosenza, dott. Fausto Sposato che rilancia l’importanza delle competenze infermieristiche specialistiche per il sistema sanitario calabrese.

 

Il dott. Vincenzo Faraone del PICC team del “Cardarelli” di Napoli nella sua relazione tecnica presenta tutte le fasi per una corretta scelta e posizionamento del Picc, senza tralasciare l’importanza del lavaggio delle mani nelle fasi di preparazione.

Fino a poco tempo fa, l’impianto veniva effettuato solo nei presidi ospedalieri, ma la necessità di alzare la qualità della vita del paziente, anche quando è in condizioni difficili o in fin di vita, ha spinto la medicina a tentare di applicare le cure palliative anche a casa, dove il malato rimane in un ambiente famigliare. In molte zone d’Italia il progetto è già attivo da tempo, ma la delicatezza delle operazioni, che necessitano di un ambiente sterile, impongono tempi lungi e soluzioni ben definite.

Il dott. Aprea, componente del direttivo della società scientifica I.V.A.S. (Italian Vascular Access Society) accreditata presso il Ministero della Salute, sorta per tutelare il patrimonio venoso del paziente. Aprea sottolinea l’importanza delle linee guida che presto saranno presto presentate al ministero “per raggiungere quel livello di competenza che è alla base di un approccio pro attivo nell’accesso vascolare, perchè la competenza non è altro che un mix tra conoscenza, skill e comportamenti e modi di agire” a cui ispirare il nostro agire professionale. “Bisogna liberare le mani agli infermieri – continua il dott. Apreadando loro la possibilità di formarsi per impiantare Picc”.

Il paziente domiciliare prevede una serie di trattamenti assistenziali che non possono prescindere da un idoneo accesso vascolare la cui gestione assume una rilevanza preponderante.

Il dott. Gianvito Corona, direttore dell’Unità di Oncologia Critica Territoriale, Cure Domiciliari e Palliative dell’ASP di Potenza, porta la sua esperienza e casistica  di impianti di PICC a domicilio.

“Le cure domiciliari – spiega il dott. Corona – sono una modalità di erogazione che in Italia è presente da quasi 30 anni ed è nata alla fine degli anni ’90 con il nome ADI e con l’intento di portare le cure a casa. Le linee guida ministeriali, tutte le leggi, tutti i piani sanitari nazionali e regionali, sono andati sempre in questa direzione, cioè quella di salvaguardare il benessere psicofisico dell’ammalato, cercando di curarlo a domicilio, nella propria casa, ove possibile, cioè dove sussistano dei sistemi di sicurezza ben precisi sia per i curati che per i curanti. Questa è stata un’enorme rivoluzione, in quanto si è scoperto, con il tempo, che la modalità appena spiegata, oltre a creare conforto per gli ammalati, di fatto è uno strumento di quella che viene comunemente definita ‘deospedalizzazione’, mirata alla riduzione progressiva dei posti letto per abitanti in Italia”.

Il dott. Filippo Carlucci, responsabile del Team infermieristico accessi vascolari (TIAV) porta la sua esperienza nell’Asl Roma 2.

Carlucci, mostra il percorso che lo ha portato, insieme ad un gruppo di infermieri dal 2010 – 2016 al raggiungimento di importanti obiettivi, come la costituzione del Tiav (team infermieristico accessi vascolari,) la costituzione dell’ambulatorio infermieristico specialistico per la gestione degli accessi vascolari a pazienti oncologici portatori di Picc. “Abbiamo investito sulla formazione aziendale e abbiamo elaborato con la parte medica le procedure sulla indicazioni e gestione degli impianti Picc. Qui è nata la prima bozza di progetto di Picc team domiciliare. Abbiamo formato circa 115 infermieri”.

Un evento importante quello calabrese, che si ripeterà fra due anni con il “III° Workshop in Picc Oncology Congress”. Un appuntamento con l’eccellenza della sanità calabrese e di tutto il sud Italia da non perdere.


 

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