E’ stato pubblicato sulla rivista Vaccines un nuovo studio sullo sviluppo di un vaccino contro il papilloma virus umano (HPV), basato sull’utilizzo, come piattaforma vaccinale, di vescicole di membrana esterna batteriche (OMVs). Lo studio, parzialmente finanziato dal progetto europeo Advanced ERC “Vaccibiome”, è il frutto della collaborazione tra la Fondazione Toscana Life Sciences, l’Università di Trento, la start-up BiOMViS e il German Cancer Research Center (DKFZ) diretto da Martin Müller.
Il paper dal titolo “Bacterial Outer Membrane Vesicles as a Platform for the Development of a Broadly Protective Human Papillomavirus Vaccine Based on the Minor Capsid Protein L2”, porta le firme di: Silvia Tamburini, Yueru Zhang, Assunta Gagliardi, Gabriele Di Lascio, Elena Caproni, Mattia Benedet, Michele Tomasi, Riccardo Corbellari, Ilaria Zanella, Lorenzo Croia, Guido Grandi, Martin Müller e Alberto Grandi.
Esistono più di 200 serotipi diversi di papilloma virus in grado di infettare l’uomo e molti di questi sono direttamente correlati con un alto rischio di sviluppare tumori. Proprio tale eterogeneità rende il papilloma virus estremamente difficile da combattere. I vaccini contro l’HPV attualmente presenti sul mercato si basano sulla proteina più espressa del capside virale, ovvero la proteina L1. Tuttavia, nonostante la loro dimostrata efficacia, sono serotipo-specifici e non garantiscono una cross-protezione efficace.
Sono vaccini basati sulla combinazione dell’antigene L1 appartenente a diversi serotipi del virus nel tentativo di ampliarne lo spettro di protezione, ma essendo L1 poco conservata tra i vari membri della famiglia del papilloma virus, ad oggi molti ceppi tumore correlati restano scoperti dalla vaccinazione. I vaccini disponibili sono, inoltre, complessi dal punto di vista della produzione industriale e richiedono una specifica catena del freddo. Caratteristiche queste, che li rendono costosi e inaccessibili alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo.
Punti di forza di tali vescicole ingegnerizzate sono l’alta immunogenicità, la semplicità del processo produttivo, i costi limitati e la stabilità. Queste caratteristiche andrebbero a colmare le lacune degli attuali vaccini per papilloma virus. Più nel dettaglio, i ricercatori hanno ingegnerizzato il ceppo batterico produttore di OMVs con una stringa di epitopi della proteina L2 che si va a localizzare sulla superficie delle vescicole.
Una volta purificato, attraverso un semplice processo, dal brodo di fermentazione della cultura batterica, il vaccino a base di OMVs è stato testato in prove di immunogenicità, dimostrando che le OMVs ricombinanti sono in grado di indurre una forte risposta immunitaria specifica.
“I risultati preclinici di questo vaccino rappresentano per noi un grande traguardo, merito come sempre di tutto il gruppo di ricercatori coinvolti nelle nostre attività – commenta Alberto Grandi, ricercatore del gruppo Vaccibiome di TLS e CSO di BiOMViS – Abbiamo avuto un’ulteriore conferma dell’efficacia della piattaforma che abbiamo sviluppato in questi anni”.
Conclude Grandi: “Stiamo cercando industrie farmaceutiche e investitori intenzionati ad avviare lo sviluppo clinico di questo nostro vaccino perché crediamo che le doti di alta cross-protezione, i costi irrisori e la non necessità di una catena del freddo per trasporto e stoccaggio lo rendano un prodotto ideale per una campagna vaccinale in quei Paesi dove il papilloma virus provoca ancora tanti morti ogni anno. Inoltre crediamo che questo vaccino, utilizzato in combinazione con quelli attualmente in commercio, oltre che a consentirne una più facile registrazione, possa portare a un prodotto universale contro HPV ad ampio spettro di azione con caratteristiche uniche di efficacia”.
Redazione Nurse Times
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