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Pancreatite acuta: l’alimentazione corretta

L’alimentazione gioca un ruolo importante nella prevenzione e nella cura della pancreatite acuta, disturbo che causa fitte addominali di diversa durata, gravità e frequenza.

Sintomi della pancreatite acuta

La pancreatite acuta è spesso causata dalla calcolosi della colecisti o dall’abuso di alcolici. Il sintomo principale è il dolore alla parte superiore dell’addome, che può irradiarsi a cintura alla schiena sotto forma di fitte. Altri sintomi includono febbre, nausea e vomito e nei casi più gravi può evolversi in setticemia.

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Diagnosi della pancreatite acuta

Il primo sintomo di allarme è il dolore addominale intenso. Successivamente la diagnosi viene confermata attraverso esami del sangue, che mostrano un aumento dei livelli di amilasi e lipasi, due enzimi coinvolti nel processo digestivo. Se necessario, il medico può richiedere ulteriori esami, come un’ecografia o una tomografia computerizzata (Tac) addominale.

Cosa mangiare in caso di pancreatite acuta

La pancreatite acuta è un’infiammazione dell’addome che ha una stretta correlazione con l’alimentazione. L’assunzione di carboidrati raffinati e fibre limitate, insieme all’obesità o a una rapida perdita di peso, sono fattori che possono favorire la formazione di calcoli alla cistifellea e quindi la pancreatite acuta.

Dopo un attacco di pancreatite acuta, è importante seguire una dieta a basso contenuto di grassi e ad alto contenuto di proteine, includendo alimenti come pesce, pollame, tofu, fagioli, lenticchie e altri legumi. Inoltre, gli antiossidanti derivanti da frutta e verdura sono importanti.

È necessario evitare alimenti grassi, fritti o piccanti, nonché eliminare gli alcolici. Anche succhi di frutta, bevande zuccherate e gassate, insaccati, carni rosse e alimenti ricchi di sale e poveri d’acqua possono aumentare l’infiammazione e dovrebbero essere evitati.

Trattamento della pancreatite acuta

Il trattamento per la pancreatite acuta varia in base alla gravità della malattia. Se la forma è lieve, può essere sufficiente un periodo di digiuno di due-tre giorni, eventualmente abbinato alla somministrazione di liquidi per prevenire la disidratazione.

Nel caso di forme più gravi può essere necessario il ricovero in terapia intensiva e, in alcuni casi, possono essere richiesti interventi endoscopici, radiologici chirurgici. La scelta della terapia più adeguata spetta comunque al medico specialista.

Redazione Nurse Times

Fonte: Humanitas Salute

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