Palermo. Risarcimento per ustione da chemioterapico

È del 27marzo scorso, la notizia della condanna in sede civile dell’ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo, al risarcimento a favore dei familiari di una donna deceduta nel 2011 a seguito di una malattia neoplastica.

È del 27 marzo scorso, la notizia della condanna in sede civile dell’ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo, al risarcimento a favore dei familiari di una donna deceduta nel 2011 a seguito di una malattia neoplastica.

I parenti della donna hanno deciso di ricorrere alla via giudiziale a causa delle lesioni da ustione chimica al braccio riportate dalla familiare nel 2009 durante una seduta di chemioterapia.

Ustione che hanno costretto la donna a sottoporsi a tre interventi di chirurgia ricostruttiva, nonostante i quali la funzionalità dell’arto della paziente è stata ridotta del 25%; peggiorandone ulteriormente la qualità della vita, già sensibilmente provata dalla malattia e dalla chemioterapia prescritta.

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La donna è deceduta nel 2011 stroncata dal tumore che la affliggeva.

I familiari hanno deciso di chiamare in giudizio gli infermieri che avevano provveduto alla somministrazione della chemioterapia per lesioni colpose gravi derivate dallo stravaso dell’infusato.

Gli infermieri sono stati tuttavia assolti in primo grado.

Il giudice civile ha invece condannato al risarcimento l’ospedale, motivando in questo modo la sentenza: “non venne in alcun modo resa edotta del trattamento che andava a subire e, soprattutto, della pronta gestione delle possibili conseguenze infauste legate all’ontologia tecnica infusiva, di guisa da almeno metterla in guardia per tempo sugli indici di riconoscimento di uno stravaso e sulla necessità di pronta segnalazione al personale preposto”, senza contare la mancata sorveglianza costante del personale infermieristico, che ha contribuito a ritardare gli interventi da attuare ergo a peggiorare il danno cagionato.

Voglio citare questo caso per fare un po’ di chiarezza in merito a quelle che sono le attuali linee guida in merito alle infusioni di farmaci potenzialmente lesivi, e sulla corretta informazione dovuta al paziente che deve sottoporsi alle terapie.

Secondo le linee guida INS 2016 il clinico deve sorvegliare il sito di emergenza dei cateteri venosi centrali e periferici alla ricerca di segni e/sintomi di infiltrazione e stravaso prima di ogni infusione e poi periodicamente; deve informare il paziente e/o il caregiver sul rischio di tale complicanza e su come diagnosticarla e trattarla.

Se tale complicanza si verifica, bisogna saper intervenire in modo appropriato, in funzione delle caratteristiche della soluzione o dei farmaci fuoriusciti dalla vena.

Pur non esistendo un preciso punteggio di riferimento per la classificazione dei farmaci irritanti o vescicanti, il clinico prescrittore deve essere in grado di basarsi sulle caratteristiche del farmaco sui case report e sulla letteratura disponibile in materia.

Alla luce di questo ogni struttura, che per suo mandato opera con farmaci ad alto potenziale lesivo, dovrebbe fornire adeguate informazioni al paziente; soprattutto disporre di un servizio di impianto di cateteri venosi centrali, a medio o lungo termine, che minimizzano se non azzerano i rischi dovuti allo stravaso di infusati potenzialmente pericolosi.

Emanuele Battiston

Redazione Nurse Times

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