Osservazioni e proposte di emendamenti del collegio Ipasvi di Milano-Lo-MB sul Dl “riordino delle professioni sanitarie”

Il disegno di legge si occupa delle professioni sanitarie disponendo una riforma organica che mantiene sia la specificità tipica di questo ambito di attività professionale sia l’impianto dell’ordinamento ordinistico, che viene ammodernato.
Nel complesso il Collegio IPASVI di Milano, Lodi, Monza e Brianza condivide le finalità della riforma ed apprezza lo spirito che la permea, essendo chiaro che i proponenti hanno ben presente che la qualità del livello di professionalità, nell’interesse dei cittadini utenti, dipende anche dalla funzionalità dei meccanismi di governo e di controllo delle attività dei professionisti.
Tali meccanismi, peraltro, non possono prescindere dal principio del riconoscimento dell’autonomia dell’ordinamento professionale e degli organi rappresentativi delle professioni, formazioni sociali riconosciute e tutelate dall’art. 2 della Costituzione, cui lo Stato demanda compiti di autogoverno, 
riservandosi un ruolo di vigilanza.
Le osservazioni e le proposte che seguono sono fondate sulla convinzione che la strada del riconoscimento dell’autonomia degli Ordini professionali, in questo campo del sapere, debba essere percorsa per qualche tratto ulteriore rispetto a quanto in alcuni aspetti risulta dall’articolato, in ossequio ad una maggiore attuazione del principio di sussidiarietà ed anche per non creare ingiuste differenze con altre tipologie di professionisti.
 
Conseguentemente Lo scopo di queste osservazioni è quello di emendare alcune delle disposizioni contenente nel DDL allo scopo di aumentare il livello di trasparenza dell’azione degli Ordini e delle Federazioni, sia verso l’esterno che nei confronti degli iscritti in conformità al Decreto Legislativo n. 33 del 2013 e di migliorare le norme proposte in tema di procedimento disciplinare in modo da assicurare che via sia non solo la separazione tra gli organi istruttori e quelli giudicanti, ma anche una maggiore competenza e terzietà da parte di chi giudica.
Il testo attuale dovrebbe esser riformulato in modo da prevedere, come principio generale che gli Ordini e le Federazioni debbano prevedere strumenti idonei ad assicurare in modo specifico anche il controllo da parte degli iscritti delle modalità di gestione delle risorse.
Si riporta di seguito il nuovo testo proposto, con indicazione in grassetto delle innovazioni inserite nel testo del DDL.
 
“e) assicurano un adeguato sistema di informazione, anche via web, sull’attività svolta per garantire accessibilità e trasparenza alla loro azione, nonché il tempestivo controllo da parte degli iscritti sulle modalità di gestione delle risorse economiche”; 
 
3. Art. 1, comma 2, lett.
h) Il testo attuale dovrebbe esser riformulato in modo da prevedere che venga assicurata non solo la separazione tra gli organi istruttori e quelli giudicanti, ma anche una maggiore competenza e terzietà da parte di chi giudica.
Alla fine di questo specifico comma dovrebbe, quindi, essere aggiunta questa ulteriore disposizione.
“L’organo giudicante è presieduto da un soggetto estraneo alla professione, nominato dal singolo Consiglio direttivo dell’Ordine ovvero, per i procedimenti disciplinari di sua competenza, dal Consiglio Nazionale della Federazione, tra i magistrati in pensione che abbiano una specifica conoscenza della deontologia professionale e del relativo procedimento; la nomina avviene a maggioranza relativa dei voti ed a scrutinio segreto; l’emolumento da attribuire al soggetto che, come prestazione occasionale, svolge le funzioni di Presidente viene stabilito dai predetti organi, ciascun per quanto di sua competenza, previo parere non vincolante del Collegio dei revisori dei conti ”;
 
4. Art. 2, comma 2, lett. c)
Il testo attuale dovrebbe esser riformulato per assicurare anche nell’Organo, previsto presso ciascun Ordine e denominato “
Collegio dei revisori dei conti”, una maggiore competenza e terzietà, attraverso l’inserimento, in qualità di Presidente di un soggetto con adeguata e specifica competenza. Si propone, quindi, il seguente testo con indicazione in grassetto delle innovazioni inserite nel testo del DDL.“
c) il collegio dei revisori dei conti, composto da due iscritti e da un componente esterno
, in possesso della qualifica di revisore contabile, che ne assume la Presidenza, quali componenti effettivi e da un iscritto e da un componente esterno con la predetta qualifica, quali rispettivamente revisore supplente e Presidente supplente; l’emolumento da attribuire a questi componenti esterni per il loro effettivo lavoro svolto viene stabilito dai Consiglio Direttivo di ciascun ordine in base alle relative tariffe professionali”;
5. Art. 2, comma 6
Occorre evitare che i componenti del Consiglio direttivo durino in carica per un periodo illimitato, creando in questo modo anche delle pericolose incrostazioni di potere a livello locale che finiscono con l’impedire un democratico percorso di rinnovamento. Si propone, pertanto, che la futura rieleggibilità di questi componenti sia limitata a 3 mandati consecutivi complessivamente e cioè a ulteriori 2 mandati oltre il primo.
6. Omissis ...”I componenti del Consiglio direttivo non sono rileggibili per più di due mandati consecutivi oltre al primo, e che il voto possa essere espresso via posta o web”.
7. Art. 3, commi 1, 9 e 12
Nell’ottica dell’operazione di “ammodernamento” della disciplina delle professioni sanitarie i Collegi IPASVI sono trasformati in Ordini delle professioni infermieristiche, in ragione del nuovo percorso formativo universitario. Tale innovazione, ovviamente corretta e condivisa, viene però attuata mantenendo una sorta di “distanza” tra questo nuovo Ordine e gli Ordini dei medici – chirurghi e degli odontoiatri, dei farmacisti e dei biologi, i quali nel nuovo testo dell’art. 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946 n. 233, restano isolatamente previsti e disciplinati (all’art. 1, comma 1, di quest’ultimo testo normativo come sostituito dall’art. 3, comma 1 del D. di L.). Si è infatti attuata la modifica nominale prevedendo al comma 9 il cambio di denominazione e al successivo comma 12 l’applicazione ai nuovo ordini della disposizioni del testo del 1946 modificato.
Un percorso riformatore che appare tortuoso e di difficile lettura e che comunque mantiene una dicotomia non giustificata tra le diverse professioni.
La proposta è quella che le professioni sanitarie vengano tutte indicate in sequenza nel nuovo art. 1, comma 1, del Decreto legislativo del 1946.
8. Art. 3, commi 5 e 6 (sui regolamenti attuativi e sugli statuti).
Il comma 5 dell’art. 3 prevede che all’attuazione di questa parte della riforma si procederà con uno o più regolamenti adottati con Decreto del Ministro della Salute, previo parere delle Federazioni. Le materie attribuite alla disciplina di questi regolamenti ministeriali sono precisamente elencate (dalla lettera a, alla lettera f) e coprono tutti i principali ambiti di funzionamento degli Ordini e della Federazione nazionale.
Alcune, più limitate, materie sono attribuite agli statuti delle Federazioni nazionali, approvati dai Consigli nazionali.
Quest’ampia disciplina regolamentare attribuita alla competenza diretta del Governo, innova in modo significativo la disciplina attuale (nella quale oltre alla legge vi è solo il DPR n. 221/1950) e costituisce una forte contraddizione rispetto all’affermazione dei principi di autonomia e di sussidiarietà.
I regolamenti governativi previsti per le professioni sanitarie da questa disposizione coprono un ambito di regolazione molto più ampio di quello previsto per altre tipologie di professioni, in cui molto maggior spazio è dato alla potestà regolamentare degli organi di autogoverno.
Si possono richiamare al riguardo i casi dell’ordinamento della professione di commercialista (i regolamenti sono prevalentemente quelli del Consiglio nazionale di categoria) e della riforma della professione di avvocato (che prevede più della metà dei regolamenti attuativi di competenza del Consiglio nazionale forense). La proposta, maggiormente rispettosa dell’autonomia dell’ordinamento professionale, è quella che la potestà regolamentare venga adeguatamente ripartita tra la Federazione e gli Ordini e al Ministero venga riservato un potere di controllo e di vigilanza, eventualmente anche di merito, controllo che non verrebbe a trasformare il regolamento approvato in atto ministeriale.
9. Art. 8, comma 1, punto 2
Occorre evitare che i componenti del Comitato centrale durino in carica per un periodo illimitato, creando in questo modo anche delle pericolose incrostazioni di potere a livello centrale che finiscono con l’impedire un democratico ricambio,
2. Omissis …”I componenti del Comitato centrale non sono rileggibili per più di due mandati consecutivi oltre al primo”.
10. Art. 8, comma 1, punto 7
Questa norma merita di essere corretta perché appare davvero strano che la direzione e la gestione complessiva di una Federazione possa essere affidata ad un soggetto che non sia quantomeno membro di un Consiglio direttivo e, quindi, abbia già ricevuto una legittimazione attraverso un voto espresso in modo democratico. Si suggerisce, quindi, questo comma, fermo restando il resto, venga modificato sul punto relativo all’elettorato passivo con l’indicazione che almeno il 50% dei componenti del CC vengano eletti dai membri del Consiglio Nazionale “tra gli iscritti agli albi che siano anche componenti dei rispettivi Consigli Direttivi”.
11. Proposta di inserire una disposizione relativa alla definizione della figura dell’infermiere e della sua competenza ed autonomia.
In altre recenti riforme relative all’aggiornamento di ordinamenti delle professioni intellettuali non si è mancato di dare una definizione del professionista che la esercita, come necessaria premessa logica e giuridica alla disciplina dell’ordinamento professionale relativo e degli organi di auto governo. Un esempio è rappresentato dall’art. 2 della legge 31 dicembre 2012 n. 247 relativo alla professione di avvocato.
Anche in ambito sanitario e specificatamente infermieristico più di una ragione suggerisce che la figura del professionista (la cui definizione è attualmente affidata ad una pluralità di disposizioni: dall’art. 1 del Decreto ministeriale n. 739/1994, dall’art. 1 della Legge n. 42/1999, dall’art. 1 della Legge n. 251/2000, dal Codice Deontologico e dalla Legge n. 43/2006) trovi nella riforma una definizione unitaria e compiuta che ne affermi e riconosca la centralità della natura di professione intellettuale. L’esercizio della professione è fondato e regolamentato sull’autonomia e sull’esclusività delle competenze, sull’indipendenza di giudizio, ove svolto in un contesto organizzato su base aziendale e nell’ambito un rapporto d’impiego o nell’esercizio della libera professione.
Si richiama al riguardo anche il principio indicato, per altre tipologie di professioni ma che appartengono alla medesima matrice generale, (dall’art. 3, comma 5, lett. a) del D.L. n. 138/2011, secondo cui l’esercizio della professione … “ è fondato ed ordinato sull’autonomia e sull’indipendenza digiudizio, intellettuale e tecnica, del professionista”.
Considerazioni finali
Merita di essere sottolineato che all’art. 8 comma 5, lett. f, si prevede che “le sanzioni ed i procedimenti disciplinari, i ricorsi e la procedura dinanzi alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie ” vengano disciplinati dai regolamenti ministeriali di cui all’art. 8 comma 5, senza l’indicazioni di alcun principio giuridico generale al quale attenersi.
Vista la materia trattata da questa norma dovrebbe, quantomeno, essere precisato che a partire dalla fase istruttoria ed in ogni fase del procedimento disciplinare deve essere rispettato il diritto di difesa dell’incolpato e che devono essere predeterminate ulteriori cause di incompatibilità oltre a quella prevista dall’ Art. 1, comma 2, lett. h), ovvero stabilite le situazioni nelle quali sussiste un obbligo di astensione, sanzionato in sede disciplinare qualora l’interessato non vi ottemperi, da parte del componente dell’organo disciplinare (istruttorio o giudicante) che si trovi in conflitto di interesse nella fattispecie sottoposta al suo esame, fermo restando il diritto di ricusazione dello stesso da parte del professionista nei cui confronti si procede.
Considerato che: il provvedimento in esame nasce dall’esigenza di adottare ulteriori misure per garantire un migliore livello dei servizi agli utenti in relazione ai servizi di salute in vari settori, come ad esempio quelli della sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, degli ordini professionali, delle professioni sanitarie, della sicurezza alimentare, del benessere animale, della funzionalità del Servizio sanitario nazionale e delle prestazioni erogate, e per colmare lacune e criticità emerse nell’ambito dello svolgimento dell’attività istituzionale del Ministero della salute; nell’ambito del sistema di Ecm (Educazione continua in Medicina) è indispensabile che lo sviluppo del sistema professionale recepito come processo intenzionale e consapevole che accompagna la vita lavorativa del professionista sanitario, documenti l’acquisizione di nuove competenze.
La formazione continua è una delle strategie necessarie per aumentare le competenze, questo processo avviene sotto la responsabilità del singolo professionista, ma i due processi non coincidono completamente nell’attuale sistema. Pertanto così come avviene a livello internazionale, si può ricorrere al portfolio come strumento più utilizzato per sostenere ed accreditare il Continuo Sviluppo Professionale dell’infermiere da parte del singolo Ordine.
La gestione del portfolio professionale come strumento di accreditamento professionale, prevede il tirocinio obbligatorio per tutti gli infermieri che non svolgono attività di assistenza diretta o per chi rientra dopo assenze lunghe di almeno 300 ore/anno in corsia (come avviene in UK e Canada).
L’Ecm deve ritenersi obbligatorio per tutti gli operatori sanitari dipendenti, convenzionati o liberi professionisti, come da sentenza n. 14062/2004 del 18 novembre 2004 Tar Lazio; la partecipazione alle attività di formazione continua costituisce requisito indispensabile per svolgere attività professionale, in qualità di dipendente o libero professionista, per conto delle Aziende Sanitarie, delle Università, e delle strutture sanitarie private, come disposto dall’articolo 16 – quater del decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, in tema di incentivazione della formazione continua; chiediamo l’impegno al Governo:
  • Che l’onere dei costi di aggiornamento non sia lasciato al carico dei destinatari, che spesse volte devono affrontare costi eccessivi o sproporzionati rispetto al guadagno personale per ottemperare alle esigenze formative;
  • di adottare le iniziative necessarie al fine di incentivare la formazione continua, ovvero l’aggiornamento professionale e la formazione permanente, nelle Aziende Sanitarie, negli Enti e nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, in ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 16 – bis, comma 2, del decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
Il Presidente
Dr. Giovanni Muttillo
 
 
 
 
 
Redazione Nurse Times

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