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Opi Pesaro e Urbino: “Infermieri non lontani dalla soglia di povertà assoluta”

Di seguito una nota stampa dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Pesaro e Urbino.

Quest’anno gli infermieri sono ancora nell’occhio del ciclone, sempre in prima linea, ma non per avere dei riconoscimenti, dei veri aumenti di stipendio, delle vere assunzioni a tempo indeterminato, bensì per essere “bistrattati”.

Facciamo assieme un percorso descrittivo della situazione e rispondiamoci sul perché molti rinunciano alla nostra professione. L’ultima stima della Fnopi parla di una carenza di 70mila unità in Italia. Alla base di questa carenza ci sarebbero almeno due principali motivi: la remunerazione economica e la qualità del lavoro.

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Lo stipendio medio di un infermiere post-laurea è pari a 1.400 euro al mese, meno di ogni altro Paese in Europa, e spesso si ritrovano in ambienti di lavoro dove il rapporto infermieri/assistiti è molto al di sotto della norma. Questo non permette un adeguata qualità assistenziale.

“Nessuno vorrebbe sapere di essere considerato povero, ancora meno di essere in uno stato di povertà assoluta, e se stiamo pensando ‘Io ho un lavoro e la povertà assoluta non mi riguarda’, se pensiamo di essere lontani da quei dati che ti includerebbero fra la popolazione in povertà assoluta, allora dovremmo vedere i dati delle statistiche Istat”, afferma Laura Biagiotti, presidente di Opi Pesaro e Urbino.

La soglia di povertà assoluta rappresenta il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia, definita in base all’età dei componenti, alla ripartizione geografica e alla tipologia del comune di residenza. Una famiglia è assolutamente povera se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore a tale valore monetari.

L’Istat è l’istituto che analizza i dati degli italiani e cerca di rappresentarceli al meglio per aiutarci a capire e definire la soglia di povertà assoluta. La presidente dell’Ordine degli infermieri ricorda che la retribuzione del pubblico impiego è stata la meno rivalutata rispetto a quella dei lavoratori dell’industria e gli stipendi si sono avvicinati alla curva dell’inflazione.

Si può fare la prova con il calcolatore dell’Istat (https://www.istat.it). In questo modo si può puoi capire che non si arriva a fine mese e ancora meno a risparmiare soldi in banca. E questo non dipende dal fatto che non fai delle spese giuste o ti lasci andare, ma che lo stipendio in generale è basso e ha perso potere d’acquisto.

La professione infermieristica non è più attrattiva come un tempo. Mentre qualche anno fa il corso di laurea esplodeva, oggi notiamo una riduzione enorme.

Il periodo del Covid ci ha insegnato quanto sia importante il ruolo del personale sanitario e quanti sacrifici richieda. È dunque difficile pretendere che un giovane voglia investire in un lavoro dove lo stipendio è i minimi storici e le prospettive di carriera sono limitate.

“Poi la cosa più interessante e che ci lascia basiti – ribadisce la presidente Biagiotti – è vedere la nostra realtà provinciale non permettere ai nuovi laureati di essere assunti subito presso le nostre strutture territoriali, mettendo la scadenza del concorso 20 giorni prima della loro laurea. Questa è stata una palese volontà di non assumere e perdere queste risorse professionali locali. Non abbiamo infermieri, ma i pochi che abbiamo li lasciamo andare via per poi magari ricorrere al personale straniero“.

Il ministro Orazio Schillaci vuole infermieri indiani per i nostri ospedali e sta pensando di stringere accordi con paesi extra europei per farli venire in Italia a lavorare. Il Governo Meloni, pochi giorni fa, in una intervista diceva: “Gli Infermieri mancano in tutta Europa. Per questo stiamo pensando ad accordi con Paesi extra europei, che potrebbero metterci a disposizione professionisti ben formati, dal punto di vista sanitario e della conoscenza della nostra lingua, hanno una ‘scuola infermieri’ di alta qualità”.

Oltre al termine “scuola infermieri” al posto di corso di laurea, che fa già riflettere, dobbiamo porci delle domande.

Utilizzando infermieri stranieri, in particolare indiani, avremmo infermieri italiani in Svizzera per avere uno stipendio dignitoso (circa 4.400 euro) e infermieri indiani in Italia che ci vedono come l’America, visto che da un dato statistico emerge che guadagnano 775 euro al mese. Quali saranno le conseguenze che ricadranno inevitabilmente sulla salute dei pazienti e sul delicato lavoro dei colleghi?

Qui si tratta di essere capaci di comunicare in modo idoneo non solo con i malati, per comprendere, in alcuni casi, delicate informazioni correlate all’evolversi di una patologia, ma anche di collaborare in modo proficuo con gli altri componenti dello staff sanitario. È proprio il caso di dire che la sanità è arrivata ai minimi termini.

Redazione Nurse Times

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