Opi Cosenza, lettera aperta degli infermieri alla sanità calabrese

Come Opi (Ordine delle professioni infermieristiche), assistiamo quotidianamente ad aggressioni fisiche e verbali nei confronti di operatori sanitari da parte di pazienti o di loro parenti, stanchi di una situazione ormai insostenibile

L’ha scritta il presidente dell’Ordine, Fausto Sposato (foto).  Riceviamo e pubblichiamo

Sulla situazione sanitaria i cittadini hanno diritto a una sanità migliore. Pur se qualcosa comincia a muoversi, sarebbe il caso che qualcuno iniziasse a fare, anche perché di riflessioni sui come e sui perché il SSR è ridotto così ne abbiamo abbastanza. Come Opi (Ordine delle professioni infermieristiche), assistiamo quotidianamente ad aggressioni fisiche e verbali nei confronti di operatori sanitari da parte di pazienti o di loro parenti, stanchi di una situazione ormai insostenibile.

A questi operatori va il nostro sostegno perché, ci creda, forse sono questi gli eroi moderni. Sono quelli che con niente cercano di dare risposte a volte impossibili in situazioni impossibili. E sarebbe il caso che i cittadini avessero maggiore rispetto per chi, come tanti colleghi, ogni giorno combatte contro le storture di un sistema ormai al collasso e l’arroganza e tracotanza di tanti che si sentono in diritto di aggredire e mortificare uomini e donne che in quello stesso istante stanno lavorando per la loro salute.

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Bene ha fatto Lei a richiamare l’attenzione su questo aspetto, che è figlio di una società che chiede tutto e subito, che non conosce le dinamiche di accesso e non comprende che il sistema stesso non permette più di tanto. È una società dove il senso civico e il senso di appartenenza manca da tempo, dove la meritocrazia è legata a questo o quel politico, dove assistiamo all’ascesa di personaggi di dubbia capacità e moralità. La legge sulla responsabilità professionale (Gelli- Bianco) definisce gli ambiti di responsabilità di ogni professionista ed è giusto pagare per responsabilità diretta, ma non possiamo pagare per la disorganizzazione e le falle di un sistema.

I cittadini calabresi non chiedono più medicina, ma più assistenza. E basterebbe girare gli ospedale provinciali e regionali o il territorio per rendersene conto. Nella gestione manageriale, gli standard (e i LEA lo sono) si riferiscono a struttura, processo ed esito e, guardandoci intorno, noi abbiamo ospedali fatiscenti e vecchi (struttura), prestazioni difformi e qualitativamente scarse (processo) e, di conseguenza, esiti negativi.

L’ultimo rapporto del ministero della Salute pone ai vertici nazionali regioni come la Toscana e province come Trento e Bolzano. Non per caso, perché proprio in questi contesti lo sviluppo di percorsi assistenziali condivisi e al passo coi bisogni dei cittadini aumenta la fiducia dei cittadini stessi e la qualità delle cure. In queste realtà  la professione infermieristica ricopre un ruolo importante e centrale sia nella parte gestionale che nella parte clinica, e sarebbe il caso che anche in Calabria si iniziasse ad andare in questa direzione.

L’invecchiamento della popolazione aumenta la cronicità, e nella cronicità gli infermieri sono gli unici in grado di dare risposte appropriate ai bisogni dei cittadini. Ecco perché pensiamo non sia più rinviabile un nuovo percorso condiviso e un nuovo modo di intendere la sanità in Calabria. Magari ragionando con chi la sanità la vive sulla propria pelle. Mi permetta un’ultima battuta: non esistono da tempo i “paramedici” e gli “infermieri professionali”. Esistono gli infermieri professionisti del sistema salute. Anche perché non ci sentiamo “para” di nessuno e, qualora dovesse essere inteso come segno di somiglianza (para= sembra), la cosa non ci onora affatto.

 

Fausto Sposato
Presidente Opi Cosenza

 

Redazione Nurse Times

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