Stipendi da favola, ferie aggiuntive, premi di servizio, palestre, cinema e servizi per la famiglia: sono solo alcune delle leve che solluccherano sempre più i nostri infermieri a lasciare l’Italia. Presenti al nostro Congresso esponenti di Agenzie di recruitment europee, che hanno presentato alla platea gli avvisi aperti e le numerose posizioni dedicate agli infermieri per trasferirsi verso Arabia Saudita, Inghilterra, Irlanda, Francia, Olanda etc.
ROMA 13 OTT 2023 – «Il Congresso Nazionale Quadri Dirigenti del Nursing Up ha ribadito che gli infermieri e gli altri professionisti dell’assistenza non intendono arretrare di un solo millimetro sulle proprie legittime posizioni e chiedono finalmente una radicale valorizzazione economico-contrattuale che la politica ha il dovere di non procrastinare ulteriormente, dal momento che in ballo non c’è solo il futuro dei professionisti dell’area non medica dove, gli infermieri, da soli, rappresentano oltre la metà del comparto sanitario, ma soprattutto in gioco c’è più che mai la stabilità della tutela della salute della collettività.
A tenere nelle proprie mani le redini del filo conduttore di una giornata che è stata caratterizzata da concrete analisi e confronti non solo con dirigenti provenienti da tutta Italia, ma anche con esponenti politici di eccezione, tra i tanti il Sottosegretario alla Salute, On. Gemmato, e l’ex Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ci ha pensato il leader e Presidente Antonio De Palma, che non solo si è fatto da subito portavoce, dati alla mano, del clima di estrema preoccupazione legato al delicatissimo momento storico degli infermieri, ma soprattutto, ha presentato alla platea, uno studio con numeri e contenuti che giustificano quello che può essere definito, senza esagerazioni, l’ennesimo campanello di allarme, rispetto alla crisi di un sistema sanitario che non può più attendere per essere sanata.
«Gli attuali riscontri dello studio presentato alla platea, sono in sintonia con il recente 18esimo Rapporto Crea Sanità, ma anche con i dati Eurostat 2020, che indicanoun gap di ben 337 infermieri ogni 100mila abitanti rispetto agli standard europei (in Italia ce ne sono 626 rispetto ai 963 dei paesi Ue).
Le stime dello studio, aggiornate ai dati dell’anno 2022 ultimi disponibili, che tengono conto anche di pensionamenti, PNRR, esigenze infermieri di famiglia, ed assunzioni intercorse in periodo Covid, mettono in evidenza che nel nostro Paese si parte da una carenza strutturale non inferiore ai 175.600 infermieri, se il confronto è con la media dei paesi Europei, per arrivare a non meno di 227,200, se il confronto si limita solo ai paesi dell’Unione Europea.
Peraltro, come è emerso chiaramente dal rapporto, il costante invecchiamento della popolazione aumenta e aumenterà a dismisura il fabbisogno di infermieri e renderà ancor più indispensabile il ruolo chiave per tutela della collettività da parte dei professionisti dell’assistenza, dentro e soprattutto fuori dalle realtà ospedaliere, giustificato dalle elevate competenze di cui i nostri professionisti sono legittimi titolari.
La politica non può continuare a minimizzare le gravi carenze del nostro SSN che si abbattono come colpi di mannaia sul futuro dei professionisti della sanità e sulla tutela della salute della collettività».
«Inutile girarci intorno, inutile perderci in chiacchiere improduttive. Solo un congruo e legittimo aumento di stipendio per infermieri, ostetriche e per gli altri professionisti dell’area non medica può arginare l’emorragia di infermieri in atto, tra fughe delle nostre migliori eccellenze all’estero e dimissioni volontarie.
La professione infermieristica continua a essere tra quelle che offre maggiori sbocchi lavorativi in Italia, lo rivelano report autorevoli, soprattutto siamo e continueremo a essere capaci di formare professionisti di altissimo profilo, naturalmente ambitissimi all’estero.
E cosa invece succede? Ce li lasciamo scappare, permettiamo ad altri Paesi, con offerte che da noi sono pura utopia, di privarci delle fondamenta su cui ricostruire la sanità del presente e del futuro.
A livello nazionale il calo degli iscritti al corso di laurea in Infermieristica ha raggiunto il 10,5%, passando dalle 25.539 domande dello scorso anno alle attuali 22.870 su 19.860 posti disponibili complessivi.
Ed è palese che, con i pensionamenti e i concorsi che finiscono praticamente deserti, a causa di offerte ritenute troppo spesso poco edificanti, rischiamo concretamente di perdere addirittura il 30% di infermieri nei prossimi tre anni», dice ancora De Palma.
La sua presenza è stato il momento a sorpresa del Congresso. Intervenuto in diretta video dal Portogallo, Nuno Pinto, chief executive officer di Vitae Professionale, una delle principali agenzie di recruitment per le professioni sanitarie in Europa, ha risposto alle domande del Presidente De Palma e ha messo in luce che, come da noi denunciato più volte, si è aperta una vera e propria caccia agli infermieri italiani.
Sono state presentate al Congresso le proposte di lavoro aperte in questi giorni: si tratta di posizioni che arrivano addirittura dal Medioriente, che ci lasciano davvero attoniti.
Nuno Pinto ha evidenziato con i fatti quello che temevamo da tempo si sta concretizzando. Oltre a Paesi come Svizzera, Germania, Inghilterra e Belgio, la nuova isola felice per gli infermieri italiani potrebbe davvero diventare l’Arabia Saudita.
Pinto ha delineato i contenuti e le cifre delle proposte di lavoro a disposizione degli infermieri Italiani. In Arabia si può arrivare a 4500 euro netti al mese addirittura esentasse, con alloggio e bollette gratuiti, un viaggio all’anno pagato in Italia, esclusi benefit extra.
Ci è parso indispensabile, commenta De Palma, dover raccontare ai nostri dirigenti quanto sta accadendo, con un intervento così mirato. Siamo da tempo in contatto con questa e altre agenzie di recruitment internazionali per le professioni sanitarie.
Il quadro è allettante per i nostri infermieri, non c’è dubbio, ma è anche nel contempo desolante per la nostra sanità, che non può e non deve essere abbandonata a se stessa da una politica che continua pericolosamente a sminuire la portata dei problemi che ci affliggono.
Poco comprensibile, lo ha ribadito senza mezzi termini la mozione conclusiva del Congresso, è la scelta di tappare la falla stringendo accordi per l’arrivo di infermieri stranieri in Italia. In particolare pare cosa fatta la partnership con l’India da parte del Ministero della Salute.
Non possiamo nascondere, in merito all’imminente arrivo di tanti infermieri indiani negli ospedali italiani, da Nord a Sud e nelle Rsa, come confermato ufficialmente dal Ministro della Salute Schillaci, il forte clima di preoccupazione che si respira, in queste ore, non solo da parte di sindacati delle professioni sanitarie come il nostro, ma soprattutto da parte di tanti infermieri che da anni lavorano sul campo, nel nostro SSN, e affrontano già disagi quotidiani di non poco conto.
Partiamo prima di tutto dal principio di fondo, ha stigmatizzato il Congresso, che non è possibile essere d’accordo o sostenere in alcun modo un modus operandi che prevede di ingaggiare infermieri stranieri per “tappare la falla”, quando nel contempo si commette l’errore madornale di lasciar fuggire all’estero le nostre eccellenze, nascondendo letteralmente la testa sotto la sabbia e rinunciando, di fatto, a creare le condizioni strutturali per arginare una pericolosa emorragia che non fa che avvantaggiare altre realtà sanitarie.
Qui non si tratta in questi casi di apprendere semplici basi della lingua italiana, hanno sottolineato i congressisti.
Siamo di fronte una tipologia di comunicazione talvolta strettamente legata, solo per fare un esempio, a delicate prescrizioni terapeutiche, dalla cui corretta e tempestiva interpretazione ed applicazione, ogni giorno, dipende la salute dei pazienti e dei soggetti più fragili nei luoghi di cura.
Le prospettive non appaiono certo rosee. Numeri alla mano, “i famosi 4 miliardi” richiesti dal Ministro della Salute Schillaci, per rilanciare la sanità italiana, e che abbiamo invocato a gran voce possano prendere finalmente, si spera, prima di tutto la strada, ahimè fin qui poco battuta, dei professionisti sanitari non medici, non solo potrebbero non bastare, ma potrebbero essere addirittura tristemente inferiori alle attese.
I contenuti della Nadef pare evidenzino, udite udite, dal prossimo anno, una riduzione della spesa sanitaria, in rapporto al Pil: dall’anno prossimo la spesa in rapporto al Pil scenderà al 6,2%, un vero e proprio crollo se rapportato al 7,4% del 2020 e al 7,1% del 2021. In parole povere potrebbe essere prevista una diminuzione di ben due miliardi, da 134,7 miliardi nel 2023 (6,6%) a 132,9 nel 2024 (6,2%).
Come si traduce tutto questo e che impatto avrà sul Sistema sanitario nazionale se non con ulteriore colpo di mannaia per i professionisti della salute e naturalmente per la già precaria stabilità del Ssn?
Il Congresso Nazionale del Nursing Up ha chiesto e ribadito a gran voce l’aumento dell’indennità di specificità infermieristica ottenuta con l’ultimo contratto, ferma a 70 euro, e il legittimo allargamento di quest’ultima anche alle ostetriche. Inoltre, riguardo al delicato capitolo della Flat Tax, respingendo al mittente la sola detassazione degli straordinari, si chiede anche quella dello stipendio ordinario, in attesa di comprendere il reale contenuto delle cifre messe a disposizione per la sanità italiana da parte di questo Governo.
«Ora pretendiamo risposte concrete: sono le ultime parole del leader De Palma ad una infervorata platea congressuale, soprattutto in relazione al prossimo contratto.
Gli infermieri, le ostetriche e gli altri professionisti dell’area non medica meritano rispetto e sono pronti a dare battaglia per ottenere i legittimi riconoscimenti a cui aspirano da tempo».
Redazione NurseTimes
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