Blocco dei ricoveri, barelle ammassate nei corridoi senza il minimo distanziamento, accessi al pronto soccorso che hanno raggiunto, nelle ultime settimane, la cifra record di una media di 200 ingressi al giorno, ma soprattutto professionisti dell’assistenza stanchi, logorati da anni di disagi e di disorganizzazione, piaghe mai sanate che oggi pagano più che mai inesorabilmente sulla propria pelle.
Siamo nel drammatico scenario del Cardarelli di Napoli, l’ospedale più grande del Sud Italia. Una storia che si ripete tristemente: politica regionale e direzioni amministrative si alternano negli anni, senza mai segnare però l’agognata svolta. E così gli infermieri si ritrovano oggi a gestire ancora una volta un incredibile surplus di pazienti, con a monte una struttura che non ha personale sufficiente per poter far fronte a un numero così elevato di malati.
Impossibile fare diversamente, almeno secondo quanto riportato da una direzione sanitaria che si difende sostenendo di avere le mani legate. Del resto occorre garantire il diritto alla salute dei cittadini, e questo è sacrosanto, siamo i primi a sostenerlo, ma quello degli infermieri e delle ostetriche, relativo alle ferie, sancito dall’articolo 33 del nostro Contratto, a quello che ci ci pensa? Va davvero a farsi benedire?
La carenza di personale ormai è cronica (in tutta la Campania mancano circa 10mila infermieri) e di certo le risposte vanno cercate in anni di gestioni deficitarie, dove parliamo di un ospedale che, lo abbiamo ripetuto più volte, beneficia di professionisti di altissimo profilo, e potrebbe rappresentare una delle primissime eccellenze ospedaliere italiane, ma è come un gigante dai piedi di argilla.
Certo, ogni territorio vive una situazione differente, ma il triste comune denominatore è quello di una politica che rischia di farci “affogare” sempre di più nell’incertezza di un futuro nebuloso, che facciamo fatica addirittura a intravedere, avvolto dal denso fumo nero di turni massacranti, addirittura ferie che saltano sistematicamente come nulla fosse, stress accumulato che esplode letteralmente come un vulcano in eruzione, minando la salute dei professionisti e depauperando la qualità delle prestazioni sanitarie.
Tutto questo a discapito naturalmente della salute dei pazienti, che certo non hanno colpe di tutto questo e vivono anch’essi in prima linea “il grande caos” della sanità italiana di cui il Cardarelli è uno degli esempi lampanti. La circolare della direzione sanitaria dello scorso 21 novembre parla chiaro: ferie sospese per gli infermieri a Natale e Capodanno! Ma la politica regionale e quella nazionale sono a conoscenza di tutto questo?
Ci riferiamo non solo alla preoccupante situazione che i professionisti pagano sulla propria pelle con una valorizzazione economica lontana anni luce, ma, a monte, emerge una delle ragioni profonde delle nostre battaglie. Stiamo parlando di una sanità territoriale che è quasi totalmente ferma: il Cardarelli, così come altri grandi realtà ospedaliere italiane, “pagano pesantemente dazio” in tal senso.
Nel pronto soccorso, già scarno di personale, confluisce davvero di tutto, soprattutto arrivano pazienti con codici meno gravi, a fronte di una realtà cittadina che oggi può solo contare sul pronto soccorso del Loreto Mare, mentre quello del San Giovanni Bosco è chiuso. Casi come questi si ripetono anche in altre città capoluogo con ospedali che devono sorreggere il peso di bacini di utenza enormi e non possono contare su una sanità di prossimità forte, solida, capace con le sue strutture di allentare il carico degli ospedali.
Redazione Nurse Times
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