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Malattia di Marburg: l’OMS lancia l’allarme, nuovi casi al confine tra Uganda e Kenya

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è al lavoro, in questi giorni, per contenere lo scoppio di un focolaio della Malattia di Marburg (MVD), nell’Uganda orientale al confine con il Kenya

La malattia di Marburg è una malattia rara con un elevato tasso di mortalità, per la quale non esiste un trattamento specifico, (precedentemente nota come febbre emorragica di Marburg) è stata identificata per la prima volta nel 1967 durante l’epidemia verificatesi a Marburg e Francoforte in Germania e a Belgrado nell’ex-Jugoslavia, a causa dell’importazione di scimmie infette dall’Uganda.

La malattia di Marburg (MVD) è una malattia grave e altamente fatale, causata da un virus appartenente alla stessa famiglia del virus Ebola (quella delle Filoviridae). Questi virus sono tra gli agenti patogeni più noti per la loro capacità di infettare gli esseri umani, con un tasso di mortalità molto alto.

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Fino al 2014, anno dell’epidemia da Virus Ebola che colpì l’Africa occidentale si riteneva che queste malattie fossero rare, sappiamo tutti come è andata a finire.

Il periodo di incubazione va dai 2 ai 21 giorni e l’inizio della sintomatologia è improvviso e segnato da febbre, brividi, cefalea, mialgia e malessere diffuso. Molti pazienti sviluppano manifestazioni emorragiche gravi, tra il quinto ed il settimo giorno, con un esito spesso fatale.

I tassi di mortalità nei casi precedenti di malattia da virus Marburg sono stati assai diversi durante le diverse epidemie, passando dal 25%, durante il primo focolaio avutosi in Europa nel 1967, all’80% durante l’epidemia nella Repubblica Democratica del Congo del 1998 ed in Angola nel 2005.

Il virus responsabile della Malattia di Marburg viene trasmesso per contatto diretto con il sangue, i fluidi corporei e i tessuti delle persone infette. La trasmissione del virus di Marburg si è verificata in passato anche attraverso la manipolazione di animali selvatici infetti o morti (scimmie, pipistrelli della frutta). Il trattamento predominante è la terapia sintomatica di supporto.

Almeno una persona è morta per la Malattia di Marburg (MVD) e diverse centinaia di persone potrebbero essere state esposte al virus nelle strutture sanitarie e durante le cerimonie di sepoltura nel distretto di Kween, zona montuosa a 300 chilometri a nord est di Kampala, la capitale dell’Uganda.

Il primo caso, che è stato confermato dal Ministero della Salute dell’Uganda il 17 ottobre scorso, è una donna di 50 anni morta in ospedale. I test di laboratorio presso l’Uganda Virus Research Institute (UVRI) hanno confermato che la causa della morte è stata proprio la Malattia di Marburg (MVD).

Anche il fratello della donna era morto con una sintomatologia simile tre settimane prima. Era un cacciatore di selvaggina e aveva vissuto in prossimità di una grotta abitata dai pipistrelli di Rousettus, che sono ospiti naturali del virus di Marburg.

Uno sospetto e un caso probabile sono stati posti in isolamento. Il Ministero della Sanità ugandese ha inviato una squadra di professionisti sanitari sul posto, per cercare di contenere sul nascere questo focolaio, in questo percorso è sostenuto dal personale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), del Centro per la Controllo e Prevenzione delle Malattie (CDC) e della AFNET (African Field Epidemiology Network).

L’OMS sta fornendo materiale e supporto, mettendo a disposizione del Paese ben 500000 dollari, prelevati dal suo fondo per le emergenze. L’OMS non vuole più ripetere gli errori del recente passato, in cui sottostimò i primi focolai della malattia da Virus ebola.

Stiamo lavorando con le autorità sanitarie per attuare rapidamente le misure in risposta alla malattia“, ha dichiarato Ibrahim-Soce Fall, Direttore per le Emergenza dell’OMS per la macroregione africana. “L’Uganda ha precedentemente gestito epidemie di Ebola e Marburg, ma è urgente richiedere un aiuto internazionale per dare una risposta immediata, in quanto il rischio complessivo di diffusione nazionale e regionale di questa malattia è elevato“.

 

Rosaria Palermo

 

www.who.int

 

Rosaria Palermo

Infermiera dal 1994. Attualmente, infermiera specialista del rischio infettivo presso l'ARNAS Garibaldi di Catania. Ho una laurea magistrale e due Master, uno in Coordinamento e l'altro in Management del rischio infettivo. Faccio parte del Direttivo di ANIPIO (Società Scientifica degli Infermieri Specialisti del Rischio Infettivo) dal 2016. Penso che lo scatto nella nostra professione debba essere culturale, prima di ogni cosa. Nelson Mandela diceva che la conoscenza è l'arma più potente di cui gli esseri umani dispongano, ed è ciò che permetterà alla nostra professione di ritagliarsi gli spazi che le competono.

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