La posizione prona in combinazione con i sistemi non invasivi può essere inserita nel percorso di gestione di alcuni pazienti affetti da covid-19 con ARDS lieve o moderata.
Non intendo proporre un utilizzo sicuramente efficace della manovra, ma descrivere un approccio al suo utilizzo basandomi sulla letteratura scientifica.
L’ARDS è una sindrome complessa caratterizzata da danno polmonare acuto che si esprime con diversi gradi di ipossiemia, in accordo con la definizione di Berlino del 2012. Questa definizione, oltre a prendere in considerazione il timing, l’aspetto radiologico e l’origine dell’edema, classifica la gravità dello stato di ossigenazione utilizzando l’indice di Horowitz (più conosciuto forse come rapporto paO2/FiO2) .
Si parla di ARDS lieve se l’indice di Horowitz è compreso tra 300 mmHg e 200 mmHg, moderata se tra 200 mmHg e 100 mmHg e grave se inferiore a 100 mmHg. Questo rapporto deve essere valutato con PEEP (o CPAP) maggiore o uguale a 5.
Secondo le raccomandazioni per la gestione del paziente critico covid-19 della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (S.I.A.R.T.I.), la posizione prona è raccomandata nel paziente con tubo endotracheale per almeno 12-16 h/die, meglio se entro 72 ore dall’intubazione nei pazienti con rapporto PaO2/FiO2 inferiore a 150 mmHg.
Nello specifico per quanto concerne la posizione prona a paziente non intubato la S.I.A.R.T.I. consiglia la possibilità di eseguire un trial di autopronazione con il supporto respiratorio non invasivo (qualunque).
Alcuni studi condotti recentemente affermano che l’utilizzo della posizione prona in combinazione con i sistemi non invasivi, HFNC (Cannule Nasali ad alti flussi) o NIV, può aumentare l’indice di Horowitz di 25-35 mmHg, ritardare l’intubazione o nel migliore dei casi evitarla.
In caso di carenza di risorse potrebbe essere utilizzata come migliore strategia per prendere tempo e quindi ritardare l’intubazione con la speranza di evitarla e dovrebbe essere considerata solo quando il paziente non ha una MOF (insufficienza multiorgano).
Uno studio cinese raccomanda un minimo di 30 minuti fino a 4 ore di posizione prona più volte al giorno. Durante le manovre bisogna assicurarsi che le linee infusive siano adeguatamente protette e che ci sia un monitoraggio continuo dei parametri vitali.
Se il malato peggiora (riduzione dei valori emogasanalitici, iniziali insulti ad altri organi e/o segni di fatica respiratoria) l’intubazione non va ritardata
poiché l’ipossiemia porta il paziente ad eseguire intensi sforzi respiratori aumentando il proprio volume inspiratorio e autocausandosi una lesione ai polmoni favorendo lo spostamento dei liquidi verso l’interstizio, questo fenomeno è soprannominato P-SILI (Patient Self Inflicted Lung Injury).Tanti dubbi e poche certezze sulla gestione del Coronavirus, per adesso la terapia più efficace sembra guadagnare tempo.
Bibliografia:
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