La presenza di microplastiche era già stata trovata da precedenti ricerche nel latte materno che risulta ora esposto a numerosi contaminanti chimici presenti anche nelle urine dei neonati, con rischi potenzialmente maggiori sulla salute dei bimbi, particolarmente vulnerabili.
Dagli ftalati presenti negli plastiche degli imballaggi alimentari al bisfenolo A, attualmente bandito, presente nelle stoviglie di plastica monouso e nei detergenti per il corpo, dai glifosati, utilizzati come pesticidi, ai parabeni contenuti nei cosmetici. Sono questi i numerosi interferenti endocrini, cioè sostanze chimiche che alterano il sistema ormonale provocando maggior rischio di obesità, pubertà precoce, diabete e disturbi neurocomportamentali nell’infanzia, ritrovati nel latte materno mentre dovrebbero essere assenti.
Gli agenti contaminanti chimici sono ovunque nell’ambiente con particolari rischi per i neonati, ma bisogna scongiurare il pericolo di allarme sociale che potrebbe spingere migliaia di madri a preferire metodi alternativi all’allattamento al seno, che invece rimane di gran lunga il migliore alimento per il bebè.
“La scoperta di numerosi contaminanti nel latte materno, oltre le microplastiche, aumenta la nostra preoccupazione per la popolazione di neonati estremamente vulnerabili perché l’esposizione a queste particelle è inevitabile, data la loro onnipresenza nell’ambiente”, dichiara Mariacarolina Salerno, presidente del congresso, e direttore dell’Unità di Pediatria Endocrinologica del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell’Università Federico II di Napoli.
Precisa Salerno: “Tuttavia, questi risultati non devono scatenare allarmismi: l’allattamento al seno è benefico per la salute e la crescita del bambino e non va sospeso ma protetto, prevenendo l’esposizione agli interferenti endocrini e agendo sulle abitudini nutrizionali e sullo stile di vita delle donne durante la gravidanza e l’allattamento. Studi come il nostro non devono sospendere questa pratica ma sensibilizzare le donne a ridurre l’esposizione a sostanze tossiche e fare pressioni sulle istituzioni affinché promuovano leggi che riducano l’inquinamento ambientale”.
E ancora: “Ritrovati anche alti livelli di bisfenolo A, attualmente bandito, nel latte materno fino al 44% dei campioni, con una presenza fino al 14% nelle urine dei bambini. Percentuali di presenza più bassa al 18% dei campioni per i glufosinati e i glifosati. Il latte materno è risultato contaminato anche da idrocarburi policiclici aromatici, fino al 6%, parabeni e piretroidi nel 2,4% dei campioni”.
“Dobbiamo considerare che i contaminanti del latte materno sempre co-presenti, interagiscono fra loro potendo recare conseguenze nocive potenzialmente maggiori nelle epoche successive di vita – aggiunge Street –. Il superamento di questi valori indica che è ormai chiara l’importanza di comprendere l’impatto degli interferenti endocrini tramite il latte materno sulla crescita del bambino al fine di sviluppare azioni specifiche di riduzione all’esposizione, in quanto alimento di eccellenza particolarmente suscettibile di contaminazione. A tal fine vorremmo consigliare alle donne in gravidanza di prestare maggiore attenzione ed evitare cibi e bevande confezionate in plastica, cosmetici e dentifrici contenenti microplastiche e vestiti realizzati con tessuti sintetici”.
“Vogliamo essere sicuri che le donne, gli operatori sanitari e le autorità responsabili delle politiche ambientali e sanitarie abbiano le informazioni di cui hanno bisogno per prendere decisioni importanti che hanno ripercussioni sulla salute dei bambini – conclude Salerno – Il latte materno è quanto di più prezioso si possa offrire ai propri figli: serve dunque un maggior monitoraggio e maggiore attenzione all’ambiente per preservare questo ‘oro bianco’ e, insieme, la salute delle generazioni future”.
Redazione Nurse Times
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