L’emogasanalisi arteriosa sistemica è un esame del sangue. E’ la metodica diagnostica principale che viene utilizzata quando si deve affrontare una condizione di sospetto squilibrio acido base o di alterazione degli scambi gassosi o anche per valutare l’efficacia di una terapia come la somministrazione di ossigeno.
Il campione di sangue viene prelevato, in genere, dall’arteria radiale (polso) o, più raramente, dall’arteria brachiale (faccia anteriore del gomito) o da quella femorale (inguine).
L’emogasanalisi valuta la ventilazione misurando il pH del sangue, la pressione parziale di ossigeno arterioso (Pa O2) e la pressione parziale di anidride carbonica (Pa CO2).
L’emogasanalisi può anche essere utilizzato per valutare la saturazione di ossigeno e la concentrazione di ione bicarbonato (HCO3) presente nel sangue.
Non di rado capita, nei reparti di degenza, di scontrarsi coi medici su argomenti riguardanti le diverse competenze medico-infermiere, uno di questi argomenti è il prelievo arterioso per emogasanalisi (EGA), pratica che tutt’oggi ha un’interpretazione differente da nord a sud, e da reparto a reparto.
In molte realtà è ancora una manovra considerata di competenza medica ma occorre fare chiarezza.
Durante la Seduta del 23 giugno 2005 il Consiglio Superiore di Sanità esprime parere favorevole all’effettuazione del prelievo arterioso dall’arteria radiale per emogasanalisi da parte ell’infermiere ponendo due condizioni che costituiscono vincolo essenziale all’espletamento dell’attività assistenziale specifica: L’infermiere deve avere acquisito la completa competenza, secondo normativa vigente (L.42/1999 art. 1 punto 2 comma 2).
L’esistenza nella struttura di riferimento di un protocollo operativo condiviso ed approvato.
Il documento legislativo, tenuto conto del D.M. 739/94 (Profilo Professionale dell’Infermiere), del D. M. 2.04.2001 (Ordinamento Didattico del Corso di Laurea per Infermiere), e del Codice Deontologico 2009 con riferimento all’art.15, esprime parere favorevole all’effettuazione del prelievo arterioso dall’arteria radiale per emogasanalisi da parte dell’infermiere, sia in ospedale, sia in ambulatorio che nell’espletamento del servizio dell’assistenza domiciliare integrata (ADI) semplice e complessa, a condizione che:
L’arteria radiale costituisce la sede più facilmente accessibile e più sicura per una puntura arteriosa.
Il vaso è superficiale e non è adiacente a grosse vene; la circolazione collaterale è garantita dall’arteria ulnare. Se si riesce ad evitare di pungere il periostio il procedimento risulterà relativamente esente dal dolore.
Valuta la pervietà dell’arteria radiale e ulnare, consiste in una manovra semplice e degna di affidamento per la valutazione della presenza della circolazione collaterale nella mano.
Il test si compone di alcune tappe sequenziali:
Il tempo di ricolorazione della mano è normalmente nell’ordine dei 5-7 secondi.
Se entro questo tempo la mano si ricolora normalmente se ne deduce che l’apporto di sangue alla mano da parte della arteria ulnare è sufficiente ed è pertanto possibile e ragionevolmente sicuro incannulare o pungere l’altra arteria, cioè la radiale. Se il colore della mano non ritorna alla norma nel giro di 7-10 secondi, il test è considerato positivo e ciò significa che l’apporto di sangue alla mano da parte dell’arteria ulnare non è sufficiente. L’arteria radiale non può quindi essere tranquillamente punta od incannulata.
VANTAGGI
COMPLICANZE
Per ridurre il dolore causato dalla puntura arteriosa si può utilizzare una pomata anestetica oppure si può optare per un’infiltrazione di lidocaina.
Un’indagine fatta qualche tempo fa dall’ANIARTI (Associazione Nazionale Infermieri di Anestesia, Rianimazione e Terapia intensiva) aveva identificato alcune pratiche, considerate dolorose dagli infermieri, per valutare quando veniva eseguita un’analgesia: tra queste era stata identificata la puntura arteriosa.
I pazienti riferiscono che la puntura radiale è più dolorosa dell’aspirazione tracheale e la ricordano come una delle esperienze poco piacevoli del ricovero in terapia intensiva. Si provoca dolore in particolare quando l’ago attraversa il tessuto periarterioso perché le pareti arteriose hanno più recettori dolorifici rispetto a quelle venose.
Quando la puntura arteriosa è pianificata le linee guida consigliano l’analgesia e raccomandano di usare una pomata anestetica a base di lidocaina (pomata tipo EMLA). La pomata non può essere usata in caso di urgenza perché per avere un adeguato effetto antalgico nelle strutture più profonde deve rimanere a contatto con la cute per almeno 45 minuti.
La British Thoracic Society raccomanda di anestetizzare la parte facendo un’infiltrazione di lidocaina, con effetto più rapido della pomata.
Il dolore provocato dall’iniezione di lidocaina però è simile a quello della puntura arteriosa e questa tecnica potrebbe essere raccomandata se è necessario eseguire punture ripetute.
Per ridurre il dolore si può riscaldare la lidocaina; usare un ago di calibro minore invece non riduce il dolore; un ago di calibro 22 G può però ridurre lo spasmo a livello arterioso. L’effetto sia dell’EMLA che dell’infiltrazione con lidocaina dura circa un’ora.
Giuseppe Papagni
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