Infermiere specialista nel rischio infettivo: l’Acinetobacter baumannii

Acinetobacter baumannii e rifabutina: il farmaco per la tubercolosi uccide il superbatterio farmaco-resistente. Lo studio pubblicato su Nature Microbiology

I batteri resistenti ai tradizionali trattamenti vengono distinti in tre gruppi in base a diversi parametri: il grado di mortalità delle infezioni sviluppate, il grado di diffusione dagli animali agli uomini e da persona a persona, le possibilità di prevenire i contagi.

Nel primo gruppo, quello in cui il problema della resistenza è più critico, ci sono i batteri del genere Acinetobacter baumannii, gli Pseudomonas e diversi Enterobacteriaceae (tra cui Klebsiella ed Escherichia coli).

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Nel secondo gruppo sono inclusi l’Enterococcus faecium, lo Staphylococcus aureus, l’Helicobacter pylori, il Campylobacter spp., e il Neisseria gonorrhoeae, il microorganismo responsabile della gonorrea: questi batteri causano infezioni comuni come, ad esempio, le intossicazioni alimentari.

Nel terzo gruppo troviamo lo Streptococcus pneumoniae, che causa otiti, sinusiti e polmoniti, l’Haemophilus influenzae, che provoca infezioni soprattutto nei bambini, e la Shigella, causa di shigellosi, una forma di dissenteria batterica.

Poniamo la nostra attenzione sul batterio Acinetobacter baumannii, appartenente al primo gruppo, in quanto è uno dei più resistenti al trattamento con antibiotici, è tra i batteri più diffusi, e le ultime evidenze scientifiche potrebbero dare una svolta futura al trattamento del paziente infetto.

Ad oggi, si riconoscono oltre 40 specie all’interno del genere Acinetobacter, tutti ubiquitari, ma Acinetobacter baumannii è la specie più diffusa a livello ospedaliero e anche quella di più interesse clinico.

È responsabile infatti di circa il 10% di tutte le infezioni nosocomiali.

In ambiente ospedaliero A. baumannii può essere un patogeno opportunista e causare infezioni anche gravi in individui già immunocompromessi. Una delle caratteristiche principali è la sua più volte confermata capacità di resistenza in ambienti secchi e ostili che rende l’A. baumannii  favorito nella colonizzazione di superfici.

La problematica principale relativa alle infezioni è l’elevato numero di isolati antibiotico-resistenti; caratteristica molto spiccata in questo patogeno.

Le infezioni più gravi causate da A. baumannii in genere riguardano polmoniti e batteriemie in pazienti in terapia intensiva. Colonizza facilmente le tracheostomie, può causare bronchioliti, tracheobronchiti in bambini sani e tracheobronchiti in adulti immunocompromessi.

Le polmoniti nosocomiali da Acinetobacter sono spesso multilobari e complicate.

Oltre a ciò, possono presentarsi endocarditi, meningiti, infezioni della pelle e del tratto urinario. Lo sviluppo di una batteriemia secondaria e lo shock settico sono associati a una prognosi sfavorevole.

L’Acinetobacter può anche causare infezioni della ferita e infezioni suppurative (per esempio ascessi) in qualsiasi organo, tra cui i polmoni, le vie urinarie, la pelle e i tessuti molli.

Raramente, questo microrganismo può causare meningiti (soprattutto dopo procedure neurochirurgiche), celluliti, o flebiti nei pazienti con catetere venoso a permanenza; infezioni oculari; endocarditi su valvola nativa o protesi valvolare; osteomieliti; artriti settiche; o ascessi del pancreas ed epatici.

È possibile sentir parlare di questo batterio con riferimento a “Iraqbacter”.

Questo appellativo gli è stato conferito dopo che, tra il 2003 e il 2005, durante una missione USA in Iraq e Afghanistan; diversi soldati feriti vennero colpiti da infezioni da A. baumannii, con conseguenze spesso anche letali.

In genere nella terapia contro le infezioni di questo patogeno vengono utilizzati antibiotici della classe dei carbapenemi (es. Imipenem, Meropenem). A causa però della rapida acquisizione di resistenze, una alternativa antibiotica è rappresentata dalle Polimixine (in particolare la Colistina

). Le infezioni causate da ferite traumatiche possono essere trattate con Minociclina.

La principale modalità di trasmissione è rappresentata dalle mani del personale.

L’Acinetobacter contamina facilmente l’ambiente circostante e colonizza il paziente nel quale può sopravvivere per diversi giorni. Particolare attenzione va posta alle superfici e alle apparecchiature che vengono frequentemente in contatto con le mani degli operatori sanitari.

Nel prevenire la diffusione, gli operatori sanitari devono attuare misure di prevenzione (lavaggio delle mani e isolamento da contatto) oltre all’utilizzo di ventilazione con adeguata manutenzione per i pazienti colonizzati o con infezione da Acinetobacter baumannii.

La rivista scientifica Nature Microbiology ha pubblicato uno studio nel giugno 2020 condotto da ricercatori dell’Università della California del Sud.

La pubblicazione si basa sulla scoperta della capacità di un potente antibiotico, già noto da parecchi anni, di combattere l’A. baumanii, tramite uno screening innovativo che imita al meglio le condizioni interne del corpo umano.

L’antibiotico di cui si parla è la rifabutina: “La rifabutina esiste da più di 35 anni e nessuno l’ha mai studiata per le infezioni da Acinetobacter”, ha dichiarato il primo autore Brian Luna, assistente professore di microbiologia molecolare e immunologia alla Keck School of Medicine dell’Università della California del Sud. “Andando avanti – prosegue – potremmo trovare molti nuovi antibiotici che sono stati persi negli ultimi 80 anni perché i test di screening utilizzati per scoprirli non erano ottimali”.

La rifabutina è usata per trattare la tubercolosi, specialmente nelle persone con HIV / AIDS che non possono tollerare la rifampicina, un farmaco simile. Si trova nell’elenco dei farmaci essenziali dell’O.M.S., che contiene i farmaci considerati più efficaci e sicuri per soddisfare le esigenze più importanti del sistema sanitario.

Uno dei motivi per cui il potere della rifabutina contro i superbatteri è stato trascurato per tutto questo tempo è a causa delle attuali tecniche di screening.

Dagli anni ’40, antibiotici nuovi o esistenti sono stati testati contro batteri cresciuti in terreni di coltura “ricchi” di sostanze nutritive che accelerano il processo facendo crescere rapidamente i batteri.

“Ma i batteri crescono in modo molto diverso all’interno del corpo umano” ha detto Brad Spellberg, direttore medico presso il Los Angeles County -University of Southern California Medical Center e principale autore dello studio.

Quindi, il team ha progettato un nuovo tipo di terreno di coltura “limitato” che imita meglio le condizioni all’interno del corpo.

È stato ipotizzato che in questo modo si potrebbero evidenziare antibiotici con punti di forza nascosti.

Infatti in questo modo si è scoperto che la rifabutina è decisamente attiva contro Acinetobacter baumannii coltivato in terreni “limitati” (così come nel tessuto animale) ma non è efficace contro i batteri coltivati ​​nei terreni più comunemente usati.

Gli scienziati hanno scoperto che la rifabutina utilizza una strategia unica, definita come “del cavallo di Troia”, per indurre i batteri ad importare attivamente il farmaco al suo interno, aggirando le difese batteriche esterne delle cellule.

Questa “pompa” che importa il farmaco è attiva solo nei terreni di coltura più simili alle condizione del nostro organismo. Nei terreni di coltura tradizionali invece, alti livelli di ferro e amminoacidi sopprimono l’attività della pompa.

“La rifabutina può essere utilizzata immediatamente per trattare tali infezioni perché è già approvata dalla FDA (Food and Drug Administration: Agenzia per gli alimenti e i medicinali) sul mercato.

Ma vorremmo osservare tali risultati in trial clinici controllati e randomizzati sull’uomo per dimostrare la sua efficacia, in modo da averne la certezza assoluta”, conclude Spellberg.

Lo studio è stato sostenuto dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases, dall’FDA e dalla Bill & Melinda Gates Foundation.

Francesca Pia Biscosi

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