Con questo articolo cercheremo di approfondire, attraverso l’analisi della letteratura, quali interventi risultano essere efficaci per un buon assessment e management delle ulcere
I fattori che possono ostacolare la guarigione sono numerosi, pertanto un’adeguata preparazione teorica e competenza pratica rappresentano l’unico mezzo in grado di garantire il raggiungimento di obiettivi assistenziali e migliorare di fatto l’esito delle cure. Dall’analisi della letteratura è emerso che un approccio standardizzato per l’accertamento del paziente portatore di ulcera cronica aiuta ad individuare i fattori che possono ritardare la riparazione tissutale e a sviluppare strategie in grado di prevenire lunghi tempi di guarigione.
L’accertamento deve prevedere una valutazione accurata ed olistica del paziente e della lesione, in cui ricercare tutti quei fattori individuali, sociali, psicologici o relativi alla ferita che possono ostacolare il normale susseguirsi delle fasi di guarigione di una lesione.
L’attuazione nella pratica clinica del ciclo di cura del WBP, permette una miglior gestione delle ulcere croniche, riducendo i tempi di guarigione e migliorando la qualità della vita dei pazienti. Per quanto riguarda l’organizzazione dell’assistenza, emerge che l’utilizzo di un’apposita documentazione per l’accertamento e gestione delle ferite permette la monitorizzazione costante degli interventi messi in atto e la continuità delle cure, riducendo il numero di errori legati alla pratica clinica e ridimensionando l’utilizzo della tradizione o di opinioni infondate quale base per la scelta degli interventi.
È chiaro quindi che, considerando la complessità di una disciplina quale il wound care, è necessario che gli infermieri acquisiscano conoscenze e competenze specialistiche che permettano loro di gestire in maniera appropriata, efficace ed efficiente, tutti i problemi legati al mantenimento dell’integrità cutanea.
La specializzazione infermieristica si configura come un’opportunità di crescita professionale e allo stesso tempo una risorsa fondamentale per l’organizzazione sanitaria.
Il passaggio da professione ausiliaria a professione sanitaria, determinato dalla legge 42/1999 e rafforzato dalla legge 251/2000, ha reso possibile il manifestarsi di tutte le potenzialità, da sempre presenti, della professione infermieristica e per troppo tempo celate nell’ombra del cosiddetto mansionario, ossia l’abrogato decreto del Presidente della Repubblica 225/1974 (Barbieri, 2007).
Il DM 739/94, nonché profilo professionale degli infermieri, ha comportato una prima rivoluzione nel nursing italiano, identificando l’infermiere come quel professionista sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante e iscritto all’albo professionale, è responsabile dell’assistenza generale infermieristica.
L’infermiere, in coerenza con quanto stabilito dal profilo professionale, partecipa quindi all’individuazione dei bisogni di salute e di assistenza infermieristica della persona e formula i relativi obiettivi. Negli ultimi tempi, le discussioni istituzionali e politiche in merito al comma 566 della legge 190/2014, che promuove l’evoluzione delle competenze dei professionisti sanitari attraverso percorsi di formazione complementare, sembrano indirizzare la professione infermieristica verso un ulteriore, indispensabile, cambiamento che offre agli infermieri la possibilità di sviluppare competenze professionali cliniche oltre a quelle gestionali già consolidate da tempo.
Il comitato centrale della Federazione Nazionale Collegio IPASVI ha approvato, nell’aprile 2015, un documento in cui, in coerenza con i disposti del DM 739/94 e la legge 43/06, vengono definiti i livelli formativi e i livelli di approfondimento delle competenze cliniche e gestionali (VEDI).
L’assetto legislativo italiano attualmente ancora non riconosce, sia a livello professionale che contrattuale, la figura dell’infermiere esperto o specialista clinico pertanto, anche nel wound care, tale figura può essere delineata facendo riferimento alla letteratura straniera piuttosto che a quella italiana che si rivela scarsa in materia.
Nel Regno Unito la presenza dell’infermiere esperto in wound care è consolidata già da diversi anni, con i Tissue Viability Nurse (TVN) che rappresentano una risorsa fondamentale per l’NHS. I TVN possono assumere un’enorme varietà di ruoli in relazione a quelle che sono le esigenze locali (Pagnamenta, 2014).
I campi di applicazione spaziano dalla pediatria alla geriatria, dalla salute mentale alla disabilità, per questo motivo i TVN devono avere conoscenze e competenze cliniche avanzate che permettano loro di gestire sapientemente tutti i problemi legati all’integrità cutanea ed identificare, valutare, analizzare ed implementare nella pratica clinica i risultati della ricerca (Ousey, 2014).
Gli interventi specifici dell’infermiere specialista clinico in wound care si realizzano poi attraverso una serie di attività più o meno complesse, integrate tra loro:
Il mantenimento dell’integrità cutanea richiede vigilanza, per questo motivo lo scopo primario dell’attività dell’infermiere esperto in wound care o TVN deve essere la prevenzione. Nel momento in cui ciò non avviene una corretta diagnosi e cura rappresentano lo scopo secondario (Ousey, 2014). Il TVN è responsabile dell’individuazione dei bisogni di salute del paziente, non solo della lesione, ed orienta e governa i processi assistenziali tipici del wound care, attingendo alle sue conoscenze e competenze specialistiche per guidare altri professionisti sanitari nella cura di ferite complesse.
Parte integrante del ruolo dell’infermiere esperto in wound care è lo sviluppo di programmi di formazione sanitaria per altri professionisti della salute. Tali programmi devono essere adeguati al livello di conoscenze e di responsabilità del team multidisciplinare e possono realizzarsi attraverso corsi post-laurea, convegni, giornate di studio. Lo scopo è promuovere l’aggiornamento continuo e la cultura della pratica basata sulle evidenze.
L’infermiere esperto in wound care rientra tra i professionisti che si occupano della scelta delle forniture di attrezzature ed è responsabile dell’impiego e della sorveglianza di tutte le risorse strumentali utilizzate per la cura delle lesioni. L’incremento vertiginoso della spesa sanitaria determinato non solo dai progressi tecnologici, ma anche da fattori culturali, demografici ed epidemiologici, ha provocato delle ripercussioni per gli operatori sanitari, tra cui l’infermiere specialista clinico in wound care, che è chiamato anche a funzioni di tipo gestionale della spesa ospedaliera; quindi, l’obiettivo ultimo della gestione delle risorse è garantire che le apparecchiature disponibili soddisfino le esigenze del paziente con criteri di efficacia, efficienza e di equità.
L’infermiere specialista può partecipare direttamente a programmi di ricerca, o rendersi promotore della divulgazione dei risultati di studi scientifici, formando gli operatori sanitari e implementando tali risultati nella pratica clinica.
Se è vero che ancora oggi mancano corsi di laurea magistrale in Scienze Infermieristiche con orientamento clinico, è anche vero che già da molti anni, in diverse università italiane, sono stati attivati master di primo livello in wound care che hanno formato numerosi infermieri divenuti esperti nella cura delle lesioni cutanee ed aperto la strada a nuove competenze, che si aggiungono a quelle precedentemente citate, quali ad esempio la consulenza e la prescrizione infermieristica.
Il Codice Deontologico all’articolo 13 afferma che “l’infermiere assume responsabilità in base al proprio livello di competenza e ricorre, se necessario, all’intervento o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti. Presta consulenza ponendo le proprie conoscenze ed abilità a disposizione della comunità professionale”.
Essere infermieri consulenti presuppone quindi il possesso delle competenze tecnico-scientifiche, ovvero l’insieme di conoscenze e abilità professionali che sono peculiari dell’esperto di quel determinato settore; è la capacità del sapere: saper agire e saper essere responsabile.
Da un punto di vista giuridico e professionale è bene chiedersi quale collocazione possono trovare queste nuove competenze infermieristiche, senza cadere nell’illecito violando l’articolo 348 del Codice Penale che si occupa dell’abusivo esercizio di professione (Barbieri, 2007). Se per la consulenza parla il codice deontologico, per la prescrizione infermieristica la questione è un po’ più complessa.
Da sempre “l’arte del prescrivere” è considerata una competenza propria della professione medica e mai associata alla professione infermieristica. In altre realtà europee, vedi il Regno Unito, la figura dell’infermiere prescrittore è presente già da diversi anni, con percorsi universitari specifici e un riconoscimento contrattuale oltre che professionale.
In Italia, affinchè possano essere raggiunti traguardi simili è necessario innanzitutto valorizzare i corsi universitari di specializzazione clinica post-laurea, nonché riformare l’assetto legislativo affinché si riconosca contrattualmente e professionalmente l’acquisizione di competenze cliniche avanzate attraverso percorsi specifici di formazione professionale; solo in questo modo lo scoglio dell’art.348 può essere superato.
Ecco allora che le nuove frontiere del wound care nursing possono essere considerate non un volersi sostituire all’attività medica, ma bensì una risorsa per la struttura organizzativa o altri contesti operativi, in grado di promuovere un’integrazione tra i diversi professionisti sanitari, migliorando la qualità e l’appropriatezza dell’assistenza erogata, favorendo lo sviluppo di competenze degli operatori sanitari e permettendo il raggiungimento di una maggior soddisfazione professionale.
Uno strumento operativo indispensabile per ogni infermiere è la cartella infermieristica, questo vale a maggior ragione per un infermiere specialista e nel nostro caso una scheda di valutazione diviene addirittura uno strumento di lavoro indispensabile
In ambito vulnologico la documentazione infermieristica, sia in fase di accertamento che di gestione – trattamento, si delinea come uno strumento essenziale per garantire la continuità delle cure.
Da molti anni, le prove di efficacia raccomandano l’utilizzo sistematico di una documentazione clinica appropriata, affinché possa essere monitorata ogni fase del percorso di cura dei pazienti con ulcera. Tuttavia, nonostante le raccomandazioni, manca un approccio standardizzato. L’accertamento infermieristico di pazienti portatori di una lesione cronica, in molte realtà ospedaliere, non sempre viene documentato o addirittura effettuato, mentre la gestione ed il trattamento vengono riportati in maniera discontinua e non standardizzata all’interno della cartella infermieristica.
Una povera documentazione, può condurre ad una scarsa qualità delle cure per i pazienti (Dowsett, 2009).
Al contrario, una documentazione accurata facilita la comunicazione produttiva tra il personale curante per promuovere un’assistenza ottimale, permettendo così il progresso della guarigione e la monitorizzazione dei trattamenti (Gethin, 2006).
L’accertamento è stato definito come un’ informazione ottenuta attraverso l’osservazione, l’anamnesi, l’esame fisico e le indagini cliniche che permette di stabilire una guida per la pianificazione degli interventi (Collins et al, 2002). Nel wound care, la gestione del singolo paziente è di massima importanza e pertanto il suo percorso di cura deve essere monitorato, valutato e riesaminato in ogni fase per mantenere degli standard elevati (Timmons, 2007). La “pietra angolare” nella gestione di una qualsiasi ferita è un accertamento accurato ed olistico del paziente
(EWMA, 2004). L’utilizzo di un approccio sistematico per l’accertamento di pazienti portatori di ulcere croniche aiuta ad identificare i fattori che possono influenzare i risultati della guarigione e a sviluppare strategie in grado di prevenire lunghi tempi di guarigione (Mahoney, 2014). Nella progettazione di tale parte, in accordo con quanto suggerito dalla EWMA, si è cercato di garantire una valutazione olistica del paziente, strutturando l’accertamento infermieristico in due fasi: l’accertamento del paziente e l’accertamento dell’ulcera.
Una scheda di valutazione che sia un buono strumento operativo deve comporsi necessariamente oltre naturalmente una parte anagrafica in cui vengono indicati i riferimenti anagrafici del paziente anche i suoi recapiti telefonici ed in caso si tratti di paziente a domicilio è utile indicare anche quelli dei parenti più prossimi ed individuare un care giver.
L’accertamento del paziente consiste in una valutazione iniziale che è un’opportunità perfetta per ricercare informazioni relative a qualsiasi fattore sociale, psicologico o stili di vita che possono ostacolare la guarigione della ferita. È una fase delicata, in cui il paziente con ulcera dovrebbe essere coinvolto nei processi decisionali riguardanti la cura.
Considerando che una ferita non è una parte “normale” del proprio corpo, questa potrebbe influenzare molti aspetti della vita quotidiana e dell’immagine corporea. Molti pazienti, ad esempio, rivelano che l’ulcera è diventata un punto focale della loro vita in quanto la influenza in tutti gli aspetti. Per questo motivo tali fattori devono essere esplorati prima della valutazione formale dell’ulcera stessa (Wilson, 2012). Gli elementi che meritano un‘attenta valutazione e che sono stati presi in considerazione devono essere:
Dopo aver effettuato un’accurata valutazione del paziente, l’attenzione dell’infermiere si sposta successivamente sull’ulcera. Una precisa valutazione della lesione, riportata su un’apposita documentazione, consente agli infermieri di scegliere trattamenti appropriati e di monitorare l’evoluzione della lesione. In questa fase vanno descritti, in modo oggettivo, diversi aspetti:
La seconda parte della scheda è dedicata alla documentazione della gestione e del trattamento infermieristico delle ulcere croniche. Partendo dalla dichiarazione degli obiettivi e giungendo alla valutazione degli interventi effettuati, documentando tutte le fasi fondamentali per un buon management dell’ulcera cronica, seguendo i principi del Wound Bed Preparation (WBP) e del TIME.
Da oltre 10 anni, il concetto del TIME – acronimo di Tessuto necrotico o devitalizzato, Infezione o infiammazione, Macerazione o secchezza, progressione dei margini Epiteliali – costituisce un’indispensabile guida per l’operatore che si approccia alla gestione di una lesione cutanea ed è stato approfondito in numerosi interventi ed in letteratura, con articoli, documenti di posizionamento, approfondimenti teorici e clinici (Carnali et al, 2014).
Il TIME, coniato nel 2002 dall’International Wound Bed Preparation Advisory Board e sviluppato dalla EWMA, ha lo scopo di fornire al personale curante una guida pratica per ricordare il processo del Wound Bed Preparation, ovvero l’insieme delle procedure di gestione di una ferita che ha l’obiettivo di accelerare i processi endogeni di guarigione e di promuovere l’efficacia di altre misure terapeutiche (Falanga, 2000; Schultz et al, 2003).
Il WBP consente di definire in maniera sistematica i punti sui quali si deve articolare la strategia di trattamento delle ferite croniche attraverso la comprensione dei meccanismi biologici che spiegano l’alterazione del processo fisiologico di riparazione tessutale (Bonadeo et al, 2004). Ciò consente di scomporre quello che di per sé è un processo terapeutico complesso nei singoli componenti e di analizzarli, senza mai perdere di vista la gestione globale del problema e le finalità terapeutiche (Romanelli, 2003).
Dopo aver applicato, trattato e valutato i principi del TIME, il ciclo di cura del WBP può portare a due risultati clinici fondamentali: la guarigione o la mancata guarigione. Nel momento in cui avviene la guarigione, il processo di cura non si conclude ma si muove verso un’attività di prevenzione atta ad impedire che la lesione si ripresenti. Se i trattamenti messi in atto non hanno portato ad una riparazione tessutale completa, la mancata guarigione rappresenta per il personale curante il punto di partenza per una rivalutazione dell’intero processo, iniziando sempre dal paziente e proseguendo verso le successive fasi del ciclo curativo.
Osservazioni cliniche sulla Wound Bed Preparation nelle ferite che non guariscono: cause sottostanti ed opzioni gestionali (da “WPB: evoluzione della pratica clinica secondo i principi del Time”, 2004)
Questo in estrema sintesi rappresenta il ruolo dell’infermiere specialista e l’importanza di una corretta, completa ed esaustiva documentazione clinica dei pazienti con lesioni cutanee di ogni genere indispensabile per un corretto managment nel wound care
Come si può osservare una scheda dettagliata e costruita per fasi aiuta molto ad affrontare il problema con un approccio olistico al paziente ed a una valutazione complessiva inoltre permette di dare corrette indicazioni terapeutiche sia al paziente stesso che ai suoi familiari inoltre consente di misurare e valutare l’efficacia dei trattamenti proposti.
Redazione NurseTimes
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